Il disco di Geolier parla a tutti

Se c’è una cosa che Geolier ha sempre fatto, è parlare di Napoli. Anzi, ha sempre parlato di e con Napoli, perché, come ha sempre sostenuto, la sua voce è quella che ha sempre voluto rappresentare l’anima dei napoletani e della loro città. “Il Coraggio dei Bambini” è considerato una pietra miliare del rap italiano, non solo per la sua indiscutibile qualità e completezza, ma anche perché ha portato un rapper napoletano, al tempo di 22 anni, in cima alle classifiche italiane praticamente senza mai usare la lingua italiana, ma solo il dialetto napoletano. Un disco che addirittura è stato il più ascoltato del 2023. Da un tale risultato ne deriva una gigantesca responsabilità e un hype collettivo che, alla sua uscita, “Il Coraggio dei Bambini” non aveva. “Dio lo sa” è un progetto ambizioso, un’evoluzione interessante che ben rappresenta crescita e obiettivi del rapper napoletano.

Insomma, “Dio lo sa” è un progetto che nasce con ambizioni maggiori, molto diverso da “Il coraggio dei bambini”, ma non per questo inferiore. Geolier è un rapper che fa della narrazione il suo punto di forza e proprio questa rappresenta il principale cambio di rotta perché lasciamo il filone della narrazione di strada e delle conseguenze che questa porta, arrivando invece a fare riflessioni più ampie su sé stessi, sull’amore e sulle persone che ci circondano. Qualcuno, i più affezionati al gangsta rap in primis, potrebbero rimanerne delusi, ma la verità è che la musica di Geolier ha sempre avuto un grande legame con l’amore, una narrativa che, come ci specificò lui stesso nella cover story del magazine di Outpump, fa da sempre parte non solo della sua cultura musicale, ma anche di quella napoletana. La transazione nelle tematiche è naturale: non solo Geolier viene da un’annata di successi e di palcoscenici, quello di Sanremo in primis, destinati a portarlo verso un pubblico sempre più vasto e non per forza legato allo storytelling di strada, ma viene anche da un anno di crescita personale. Geolier ha 24 anni ed è in una fase della vita in cui ci si pone alcune domande che fino a quel momento non erano mai state poste, un momento in cui si riflette sul presente e sul futuro, sul diventare grandi e sul capire cosa conta davvero, di chi ci dobbiamo fidare e cosa ci tiene svegli la notte. Molta rilevanza l’hanno le donne, un elemento che in questo disco diventa un focus assoluto, in tutte le sfaccettature possibili.

Sia chiaro, il cambiare focus non vuol dire venire meno nelle rime. L’abilità tecnica nel rap di Geolier è sempre lampante, anzi, per certi versi è ancora più palese. Ci sono infatti pezzi come il singolo “El pibe de oro”, “Nu parl, nu sent, nu vec”, “CLS” e “357” in cui le barre sono il motore che porta avanti le tracce e non possiamo non notare come la tecnica del rapper napoletano sia sempre più completa e versatile, anche se è sui beat nati dai campionamenti che dà il meglio di sé, così come Dat Boi Dee che si conferma uno dei produttori più abili a usare i sample. Proprio da questo punto di vista va specificato un aspetto molto ambizioso di “Dio lo sa”: parliamo di un album di 21 tracce con tantissime influenze, dalla musica napoletana alla tradizione italiana, dai sound latini alla musica black fino al country. Non è facile trovare una coerenza in tutto questo materiale, ma “Dio lo sa” ci riesce, senza inserire forzatamente suoni per esigenze se non quelle legate al gusto di Geolier stesso.

Proprio l’aspetto musicale merita un piccolo excursus perché molto interessante. Tra i sample più belli del disco troviamo sicuramente “Love In Portofino” di Fred Buscaglione, canzone particolarmente cara al papà di Geolier e ripresa in “Finché non si muore”. “Presidente” nasce da “Wishing on a star”, un pezzo che già è stato campionato da Jay-Z, 21 Savage, Pete Rock e altri. L’influenza jazz la troviamo chiaramente in “357” che sfrutta “East St. Louis Toodle-Oo” di Duke Ellington, mentre il sample più interessante è sicuramente “Hold my mule” di Shirley Caesar, utilizzato in “Nu parl, nu sent, nu vec”. In pieno stile Kanye West, Poison Beatz e Geolier hanno utilizzato un campione vocale proveniente da un sermone di un pastore americano (creando peraltro un altro collegamento con la religione e il titolo dell’album), riscritto e ricantato attraverso l’intelligenza artificiale per adattarlo al sound specifico che i due ricercavano. “Una come te” ha un giro di chitarra che potrebbe ricordare “Sweet home Alabama”, storico pezzo dei Lynyrd Skynyrd, ma in realtà privo di campionamenti. Al contrario, nasce da un periodo in cui l’artista partenopeo stava sperimentando diversi ascolti, tra cui quelli dei Red Hot Chili Peppers e di altri pezzi più classic rock che hanno portato a questa decisione.

Non è facile per nessuno creare un disco riflessivo, per un grande pubblico, con così tanti riferimenti musicali. Geolier ha cercato un supporto nelle collaborazioni: la presenza di Lazza, Guè, Sfera Ebbasta, Shiva, Luchè e gli storici amici di SLF lavorano benissimo in questo senso seppur siano partnership già testate in passato. L’introduzione di figure come Ultimo e la star argentina María Becerra non fanno che avvalorare la volontà di creare un album dal respiro universale e trasversale. L’aggiunta di produttori quali Michelangelo, Dardust, Takagi & Ketra e Mace ad affiancare il sound più urban di Dat Boi Dee e Poison Beatz ne è una riprova.

Se c’è una cosa palese in questo disco è la possibilità che Geolier ha avuto di sperimentare e osare con l’estensione vocale. Il rapper di Secondigliano ha sempre mantenuto una forte musicalità nei suoi pezzi fin da Emanuele. Pezzi come “Na Catena” infatti non possono nascere in maniera forzata, certe linee vocali prendono forma solo se le senti tue. Ciò che infatti Geolier è sempre riuscito a fare è creare parti cantate dal gusto melodico piacevole senza però compromettere le sezioni più urban e la scrittura più cruda. Certo, forse in “Dio lo sa” questo aspetto viene leggermente meno per via del cambio di tematiche di cui sopra. In un album in cui Geolier ha potuto sperimentare maggiormente con le produzioni, si è sentito ugualmente libero di tentare linee vocali che mai avrebbe testato prima. E ciò lo vediamo sì in “Io t’o giur”, una hit spaccastream con Sfera Ebbasta il cui ritornello non si può levare dalla testa, ma anche in “Scumpar”, in cui Geolier passa da note allungate a brevi scale ascendenti. 

Insomma, tirando le somme, si può dire che “Dio lo sa” è un disco completo, ampio e simbolo della crescita musicale e umana di Geolier. Un disco che ha visto anche molta sperimentazione. Probabilmente non è il disco con lo storytelling più profondo e articolato della sua carriera, ma rimane un album con dei picchi estremamente rap, con un’anima hip hop tangibile e autentica. Un disco che accrescerà ulteriormente il suo pubblico e che (forse) aiuterà alcuni dei nuovi fan ad avvicinarsi a un rap ricco di suoni, narrativa e gusto.