Ghemon ha guardato in faccia le sue insicurezze, ci ha fatto pace, e ci ha detto come: “E Vissero Feriti E Contenti” è un disco di risposte, sue, nostre; non certo risposte che lui cerca di darci, ma lezioni che per forza di cose riaffiorano tra le righe dei testi che ha scritto.
Gianluca ci risponde al telefono nella tranquillità di casa sua, col suo cane in cerca di attenzione e un bicchiere d’acqua sorseggiato tra una risposta e l’altra. Non sono tutte facili le domande che andremo a porgli, ma Ghemon risponde deciso e consapevole, dimostrandoci ciò che poi ci avrebbe riferito nel corso della chiacchierata. È una persona nuova rispetto ai dischi passati, una persona che ha sconfitto i suoi mostri – anche se forse non per sempre, “il momento perfetto è sempre un momento, non una vita”, afferma -, li ha presi di petto e sfruttati per crescere. L’importante, adesso, è che Ghemon ha trovato la risposta per non ricaderci di nuovo, per difendersi, una di quelle da un milione di dollari: “come si fa a vivere feriti e contenti?” “Trovando il coraggio di togliere le cose che si nascondo sotto il tappeto, e di sbrogliarle”, dice con l’accenno di un sospiro, “e a volte sono veramente difficili, è più facile guardare altrove, rifugiarsi dentro a mille cose che non ti fanno pensare, invece di prendere in mano il groviglio delle cose che ci capitano” afferma, “soprattutto quelle che si sono accumulate negli anni e che ormai fanno parte di te, è veramente la cosa più difficile da fare, però è quella che più ti fa mettere ordine e ti fa chiamare le cose con il loro nome, e di conseguenza guardarle in un’altra maniera. Ne puoi anche essere contento”.
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E in effetti il disco è proprio così che inizia, con l’introduzione a una favola dal lieto fine in cui il protagonista si ritrova sulla sua personale cima, affiancato dai problemi e le paure affrontate durante il percorso. Fondamentali per tracciare i traguardi e comprenderci, senza dimenticare ciò che abbiamo sconfitto. “…e da lì in poi vissero feriti e contenti”, ma il lieto fine non arriva da solo, è tutta una questione di prospettive. Il momento perfetto, il nostro momento, non dipende da cosa c’è fuori, ma da come noi ci poniamo ad esso. Ghemon, per capirlo, ha dovuto cambiare modo di vedere le cose e lo ha fatto dopo anni di terapia, di dischi di colpe e riflessioni, profondi e tristi. Adesso l’approccio è cambiato, dalla musica al testo, che esprimono il contrasto tra un’atmosfera allegra e parole agrodolci. “Se prendi brani come “Momento Perfetto”, ma anche “Non Posso Salvarti”, hanno una parte musicale molto allegra, ma il testo parla di cose fastidiose, di persone fastidiose”, ammette, “la mia chiave è stata ribaltare queste cose, fare in modo di leggerle in un’altra maniera piuttosto che lamentarmi”.
Io non posso salvarti, devo pensare a me, ti ringrazio di tutto ma ho una vita davanti, io non posso salvarti, devi farlo da te, è la forma più grande di rispetto che posso darti.
Ghemon in “Non Posso Salvarti”
L’intreccio tra percorso musicale e personale è adesso impercettibile, “è un percorso prima di tutto umano e quindi la musica viene di conseguenza”. Parliamo di una strada imboccata già da prima dello scorso Sanremo, ed evolutasi giorno dopo giorno prendendo in pieno un periodo unico nel suo genere, quello della quartante, dell’isolamento, dello stop ai concerti, un periodo che ha inciso forse in positivo sul disco uscito questa notte. “L’unico pensiero che c’è stato dietro questo disco mente lo facevo – e facevamo -, è che eravamo contenti di fare quello che stavamo facendo. Non mi sono proposto di fare un disco allegro, ma sicuramente avevo tutto tranne che voglia di fare un disco triste, visto il periodo. La musica era la cosa più bella che avevo ed ero proprio contento di farlo”. Una felicità e leggerezza che quest’anno si è affacciata per la prima volta proprio sul palco di Sanremo, dove Ghemon si è presentato elegante e colorato, con i riccioli ribelli cresciuti nei mesi di scrittura, “ero a mio agio perché stavo facendo le cose che avrei fatto anche al Barrio’s o al Brancaleone a Roma, magari un po’ più elegante di come mi sarei presentato lì”. Un grande momento liberatorio, sia perché dopo un anno aveva ritrovato l’occasione di cantare su un palco – e non uno qualunque – sia perché di nuovo era riuscito a portare sé stesso davanti al pubblico di Sanremo, che funziona con una logica tutta sua. Le sfide lo stimolano e lo divertono, ed è esattamente ciò che abbiamo percepito.
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L’obiettivo, quando scrivo, è fare la musica più bella che io possa fare, una cosa che non è mai stata fatta in Italia. Sono obiettivi probabilmente anche più grandi dei numeri, ma sono mosso da quelli.
Ghemon ad Outpump
“Momento Perfetto” è stata una confessione di fronte a tutta Italia, un grido di vittoria che ci ha fatto domandare dove si trova tutta quella grinta per capire – o decidere – che quello è il nostro momento. Ma la risposta, purtroppo, non si trova dietro l’angolo. “Vorrei dirti che so come si fa, che c’è una formula, ma in realtà non c’è. Bisogna essere più aperti con le percezioni per sentire che sia il momento perfetto. Viviamo in un’epoca in cui è difficile essere contenti, perché c’è sempre la vita di qualcun altro che sembra più felice della nostra, c’è sempre il momento di qualcun altro che è meglio del nostro. Ma se guardo tutto in prospettiva con la vita degli altri il momento perfetto per me non è mai. Bisogna riuscire a fermarsi, a capire dove si è, cosa è successo prima, digerire ciò che non ci è piaciuto, le botte che ci sono arrivate e a quel punto, quando hai fatto un po’ di pace, ci sono dei momenti che ti rendi conto essere perfetti”.
Il disco, che forse per la prima volta mette il focus sul lieto fine, risulta essere quasi educativo, tanto da far nascere spontanea l’associazione del progetto alla colonna sonora di uno di quei cartoni animati che, da piccoli, ci lanciavano una serie di spunti che poi avremmo capito davvero solo da grandi. “Sicuramente è un cartone animato per adulti, ma uno di quelli che prende le pieghe della vita con una positività un po’ diversa”. Una positività che da una parte rassicura ma al tempo stesso ci mette in guardia sulle difficoltà che dovremo affrontare. “Probabilmente lo stesso effetto lo fanno alcuni cartoni per adulti, alla fine mi portano sempre a riflettere, strappandomi una risata, facendo un capovolgimento di fronte che non mi aspettavo”. Per essere educativi, però, serve essere maturi, cresciuti, aver già trovato e fatto proprie quelle risposte che Ghemon sottolinea non essere mai scritte per dare soluzioni ad altri, la sua musica è solo una grande considerazione fatta ad alta voce.
“La risposta è dentro di te ma è sbagliata, diceva Guzzanti”, ci incalza Ghemon ridendo, “io le ho cercate prima di tutto dentro di me, poi ho fatto un po’ di lavoro nei confronti degli altri. È difficile cercare risposte che sono tue sempre dalla bocca di qualcun altro, perché rischiano di diventare giudizi e di non essere utili alla tua causa. Quindi bisogna trovare una via di mezzo tra le risposte che ti devi dare tu – con grande onestà – e quelle che ti dicono gli altri, che devi cercare comunque di tenere in conto in qualche modo, perché se ti dai le risposte da solo può darsi che trovi un sacco di scusanti.”
Nella vita speri sempre di non cambiare, però alla fine ti lamenti che è tutto uguale, e sei convinto che hai ragione tu, perché se prendi posizione addio, ma poi alla fine cambi tanto per non cambiare.
Ghemon in “Tanto Per Non Cambiare”
Il cambiamento di Ghemon è stato fondamentale per fargli tirare fuori il savoir-faire che teneva nascosto come asso nella manica. “Il genio senza coraggio serve davvero a poco”, scriveva tra le righe del testo di “Buona Stella” lo scorso anno, e infatti quest’anno Gianluca ha iniziato col cambiare sé stesso, piuttosto che il mondo – questo può essere solo il passo successivo. In conclusione, il disco che ci troviamo tra le mani è un nuovo inizio, non un capitolo, bensì un nuovo libro. Voltare pagina, quando si è raggiunta la cima, non è più necessario. “Non che di carattere sia cambiato così tanto, se devo darmi delle colpe sono comunque sempre un campione, però ci penso un po’ di più prima di darmele”.
“E Vissero Feriti E Contenti” si chiude con un’uscita di scena tipica dell’eleganza di Ghemon. Nell’ultimo brano, “Sparire”, sembrano infatti tornare a galla dubbi sospesi, ma l’artista dice chiaramente di aver chiuso con l’illusione: “sarò abbastanza onesto nel dire che ho sbagliato, ho già la risposta“. Le cose che andranno storte, d’ora in avanti, le prenderà di petto, ma non da solo. La cosa più importante che ha imparato alla fine di tutto questo viaggio, infatti, è “sii te stesso e trovati un bravo avvocato“.
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