Il “Millennium Bug” degli Psicologi si è ripresentato di nuovo, stavolta in versione deluxe, con l’aggiunta di 6 nuove tracce. L’intro è sempre quella, la voce di Mino Caprio – che conoscerete come Peter Griffin – da il via a un progetto iniziato in un’era pre covid e concluso in giorni in cui ci siamo dimenticati cosa voglia dire vivere senza.
La nostra intervista con Alessio e Marco è la perfetta cornice dei tempi che stiamo vivendo. Una call su zoom da un’ora e mezza di cui 40 minuti buoni persi a cercare la linea e a risolvere le interruzioni della piattaforma. Drast è a Napoli, Kaneki a Roma. Siamo tutti d’accordo che ormai siamo Wi-Fi dipendenti e nelle attese divaghiamo parlando della città, di quanto sia surreale ciò che stiamo attraversando e quanto l’azzeramento delle esperienze sia dannoso per la scrittura. “Due anni fa avevo la febbre e facevo il concerto, adesso se ho due linee di febbre sto in casa in paranoia pensando che sto morendo. Non va più bene. Stiamo dimenticando di tutelare un lato importante, che è quello della psicologia degli esseri umani” esordisce Drast.
Ascoltare oggi “Millennium Bug” fa strano. È un disco che vive di esperienze, parla di contatto, di abbracci, frasi semplici come “non vengo alla tua festa” diventano incredibilmente emblematiche perché ci ricordano un privilegio che oggi non abbiamo. Iniziare un disco in un’era pre covid e concluderlo adesso non è cosa semplice, le esperienze si deteriorano, i ricordi si affievoliscono e scrivere attingendo da un cassetto ormai vuoto diventa sempre più difficile. “Puoi parlare fino a un certo punto di roba che hai vissuto, poi però devi ricaricarti”, afferma Drast, “fino ad ora siamo stati fortunati perché abbiamo vissuto una cifra di roba che abbiamo metabolizzato con il tempo. Un’esperienza vissuta un anno fa, mi torna in mente ora, e la riesco a scrivere. Ma se adesso penso alle esperienze dello scorso anno, penso a me da solo a casa (ride, ndr). C’è un po’ questo gap qui. È come se la nostra memoria RAM fosse piena di ricordi vuoti; novembre non me lo ricordo, era un loop di paranoie. Sarà difficile fare più di quello che abbiamo fatto fino ad ora, in assenza di vita”.
E scusami davvero se non vengo alla tua festa / Ma mi gira la testa se ti sento parlare
Drast in “Funerale”
Drast e Kaneki hanno appena 20 anni, sono nati entrambi nel 2001 e hanno iniziato a far musica con un obiettivo molto più nobile di quelli che sentiamo di solito; hanno la testa sulle spalle e non scendono a compromessi, sanno cosa stanno cercando e sanno anche che la loro strada sono in pochi a percorrerla. La deluxe, in effetti, non ha nessun featuring, e il disco nel suo insieme comprende solo giovani artisti, quasi coetanei, con cui almeno una volta ci hanno preso una birra insieme o passato una serata. Non sembrano avere fretta, non hanno bisogno di nessun altro per arrivare lontano e nel loro approccio si riconosce la concreta volontà di fare un passo alla volta, piuttosto che il botto tutto in uno.
“Quando è iniziato il nostro progetto, c’era talmente tanto una ricerca nel costruirsi un personaggio, un immaginario, che poi i giovani non avevano più nessuno che raccontava storie di vita normale con un punto di vista proprio, raccontando le proprie emozioni e aiutando le persone a razionalizzare ciò che gli succede”, dice Drast, “con questo nuovo millennio c’è stata talmente tanto una corsa ad essere quelli più fighi, quelli con più oro, con più soldi, che si è persa la cosa di essere quelli più svegli, più emotivi, più acculturati”. “Secondo me si è persa solamente la verità, adesso è tutto un forzare, dare a vedere senza essere veri davvero”, risponde Kaneki. È anche questo un frammento del bug di cui parlano, la loro musica è la risposta a tutto ciò che non va come dovrebbe, la voce in capitolo di due giovani che il bug del millennio lo hanno preso in pieno. “Se non riusciamo a cambiarle del tutto, le cose, almeno essere parte del cambiamento”, afferma Kaneki, indirizzandoci verso una chiave di lettura importante per comprendere il loro ruolo.
Il Millennium bug, quello degli anni 2000, è stato un evento che ha scosso il mondo intero: allo scoccare del 1° gennaio 2000 non si aveva idea della risposta che i computer avrebbero dato, perché basati su un sistema di cifre che andavano da 00 a 99, dando per scontato che l’anno di riferimento fosse il 1900. Ci fu una mobilitazione internazionale per evitare che il danno accadesse, una corsa contro il tempo terminata alle 00:00, quando ci si accorse che in realtà la maggior parte dei pc aveva risposto in modo corretto e i problemi causati erano molto più lievi della catastrofe presagita. Le paure di quegli anni ci hanno lasciato un termine che fa molto riflettere, “2000-compatibili”. Chi lo avrebbe detto che il passaggio da un anno all’altro sarebbe stato così difficile?
“Siamo la prima generazione che può usare internet, siamo nativi digitali, ci sarà sempre un distacco con tuo padre che è passato dall’avere un mattone che si portava dietro in valigia ad avere un telefono sottilissimo che quando ti guarda in faccia si sblocca. Realisticamente questo è il gap più grande di tutti”, afferma Drast. Come se qualcuno si fosse dimenticato un passaggio e ciò avesse reso impossibile la comunicazione tra le due parti. Il danno, stavolta, è una generazione che si sente perennemente incompresa.
Correndo sopra i quadri senza conosce’ lo spessore, cascherò senza parlare e senza far rumore / Tutti tagli che mi portano nel fondo della mia scrittura, non mi farà paura assecondare il mio dolore come una tortura
Kaneki in “Danza”
La comprensione, in particolare, è parte integrante e fondamentale dell’approccio che Drast e Kaneki hanno alla musica, ai loro testi. “Scrivere un dolore, empatizzare con le persone che ti stanno intorno non è semplice, è molto difficile”, afferma Kaneki, ma necessario per prendere parte a quel cambiamento di cui parlavamo prima. “Un punto di forza di pischelli come noi è che riusciamo a comprendere anche il perché stiamo facendo determinate cose, e la comprensione riesce a portarti a una modalità di vita dove magari vivi bene, ma allo stesso tempo la tua fame diventa il parlare per quelle persone che stanno vivendo situazioni travagliate”, ci spiega. Se gli artisti perdono la fame per l’entrata dei soldi e di una vita agiata, secondo Kaneki, è perché l’hanno sempre sfruttata in modo sbagliato: “magari la usavano per dire cosa stavano facendo, senza andare a comprendere perché stavano in quella situazione così travagliata”.
Il Rolex di tuo padre è una manetta, la borghesia una cella
Drast in “Diploma”, il loro primo singolo
Drast ci mette un attimo per citare una delle frasi del loro primo singolo, è troppo tempo che non fanno concerti e le rime non vengono più così fluide. Il concetto, però, è chiaro. Una volta approdati nella borghesia, si entra in una comfort zone che ci spinge a chiudere gli occhi di fronte a quello che c’è fuori, ma dipende dal livello di comprensione che siamo in grado di raggiungere. “Guardare la povertà e provare empatia è il primo livello di comprensione, provare a fare qualcosa è il secondo, e provare anche ad immedesimarsi in quella condizione è il terzo”, un livello a cui effettivamente arrivano in pochi, è una scelta, “oggettivamente, seguendo un pensiero che secondo me non è corretto, quando arrivi ad avere quello che vuoi non ti rovini la testa con le paranoie”.
Trovo assurdo che povertà e ricchezza si riversino nella musica, se sono più povero di te non significa che sono più G
Drast ad Outpump
Per loro, la fame, non si lega tanto al riscatto, ma all’eterna insoddisfazione di Seneca, dice Drast, quella condizione che ci spinge a continui tentativi, propositi, esperienze. “Quando ti senti veramente a casa sei pronto per morire (ride, ndr). Quanto può durare lo stare bene prima che nasca un minimo problema?”, domanda, “bisogna solo cercare di costruirsi dei ponti che portino a dei giorni felici e sperare che siano tanti”, ma oggettivamente, conclude, “la vita è altro“.