Il primo store Uniqlo in Italia ha aperto i battenti, abbiamo fatto qualche domanda al brand manager italiano per scoprire qualcosa di più

L’inaugurazione di Uniqlo è avvenuta questa mattina alle 09.30 in piazza Cordusio a Milano, ad accompagnarla una colazione per tutti i clienti in coda e l’esibizione live dei Taiko Drummers, i tradizionali percussionisti giapponesi.

Fino ad esaurimento scorte, chi visiterà lo store oggi riceverà il classico ventaglio giapponese Sensu e una Tote Bag in edizione limitata disegnata dall’artista milanese Olimpia Zagnoli a chi effettuerà una spesa superiore ai 50€.

Il negozio, allestito su tre piani, propone la linea LifeWear per tutte le età e vanta al suo interno la più grande collezione UT di tutti gli store Uniqlo in Europa. Al suo interno è distribuita anche la nuova rivista LifeWear. Il primo numero propone svariati contenuti tra cui un’intervista con Roger Federer e la collaborazione tra Uniqlo e J.W. Anderson in uscita a ottobre.

Abbiamo fatto qualche domanda a Alessandro Poggi, brand manager di Uniqlo Italia, per conoscere un po’ più da vicino il marchio e per scoprire cosa ci aspetterà nei prossimi mesi.

Per l’apertura del primo store italiano avete scelto una location storica di una città sempre al passo coi tempi. Tra storia e innovazione dove si colloca Uniqlo?

“Il bello di questo brand è che riesce davvero a tenere intatte le tradizioni giapponesi che sono poi riscontrabili nel prodotto, dall’ideazione alla produzione, fino all’esperienza in negozio, mixate con tutto quello che è innovazione sia di brand che di prodotto. È un brand che riesce ad essere autentico, ma all’interno di questa autenticità riesce a metterci innovazione, funzionalità e tutto quello che oggi è al passo coi tempi. Anche a livello di messaggio, di brand, di comunicazione c’è sempre questo bel bilanciamento tra storia del Giappone, tradizione e valori giapponesi, uniti ai valori che invece si vogliono acquisire localmente da Milano. Vogliamo mantenere autenticità ma allo stesso tempo prendere le forze locali per far sì che il messaggio sia autentico da tutti e due i punti di vista, quello tradizionale e quello locale.”

Per la campagna “Today’s Classic” avete selezionato sette ambassador non strettamente legati al modo della moda. Come mai questa scelta?

“La campagna è stata fatta con sette ambassador, dei profili che hanno un punto di vista forte sulla città e che hanno dei contenuti. L’intenzione è quella di avere una visione di tutti i diversi possibili profili cittadini.

Sono stati scelti ambassador che rappresentano dei valori. L’attenzione sta nei valori della persona.”

Quanto sono importanti le collaborazioni per Uniqlo?

“Il prodotto in collaborazione non è molto diverso da quello che c’è in linea. Il punto sulle collaborazioni non è tanto quello di creare qualcosa di fashionable, ma è più avere un punto di vista creativo da dei creativi che ci piacciono. La prossima sarà sicuramente quella con J.W. Anderson che uscirà a ottobre.

Riguardo invece alla linea UT, tutto è un po’ più young e veloce, dal Giappone ne nascono tante. A ottobre ci sarà un’altra grande collaborazione su UT che secondo me qui a Milano sarà una bomba. L’intenzione con i vari collaboratori è raccontare delle storie all’interno del negozio.
Per l’apertura stiamo allestendo una stanza dedicata per una partnership con un museo, in cui loro ci daranno degli artwork originali di Ukiyo-E e noi creeremo un setup museale dove da una parte ci sarà il nostro prodotto con le grafiche, e dall’altra facciamo vedere al consumatore da dove provengono quelle grafiche. Sarà un bello storytelling. L’intenzione è quella di prendere quella stanza e farci un’esperienza immersiva rispetto alla nuova collaborazione.

Vogliamo spingere appunto lo storytelling dei collaboratori all’interno del negozio. Per ogni partner, ci saranno degli spazi che lo racconteranno.”

Uniqlo arriva in Italia in un momento in cui il mercato del fast fashion è già ben affermato, in che modo il brand vuole contraddistinguersi dalle altre catene?

“Il consumatore italiano conosce Uniqlo ma non troppo. L’approccio si avvicina più a un brand di lusso in termini di lavorazione. La quantità di prodotto è tanta ma non ci sono tantissimi stili, lo stile rimane quello, cambiano i colori, i dettagli. Se dopo 4 o 6 mesi succede qualcosa nell’ambito fashion a noi non interessa. Il processo produttivo inizia 16 mesi prima per arrivare poi al prodotto finale. Quindi 16 mesi prima si pensa al prodotto in maniera totalmente autonoma senza guardare a trend, fashion week etc.

Lavoriamo in maniera diversa: il brand lo vedi solo internamente, non esternamente. Il brand devi sentirlo solo dentro, è veramente un’attitudine. Nel momento in cui hai l’attitudine puoi esporla come vuoi, devi raccontare te e non il brand.”

Come pensate verrà accolto il concetto di LifeWear dagli italiani?

“All’interno di LifeWear puoi trovare tutta la tipologia di prodotto e tutta la tipologia dei bisogni che i consumatori hanno verso questo prodotto. L’obiettivo del brand è quello di soddisfare i bisogni dei consumatori al 100% e questa intenzione la chiamiamo LifeWear. Mentre tanti altri brand utilizzano i consumatori per fare branding, Uniqlo fa riconoscere la personalità di chi indossa il prodotto. L’obiettivo è elevare la tua attitudine, elevare il tuo carattere e cercare di farti essere come sei.

Uniqlo è veramente l’unica azienda che ha un punto di vista così forte sul prodotto e che non lavora in termini di prodotto a stagionalità, quindi seguendo trend, seguendo moda, ma ha un punto di vista che continua. C’è una forte attenzione verso i materiali, al fit, alla funzionalità del prodotto e all’innovazione. Il concetto di LifeWear, in base al territorio, si può declinare diversamente, vogliamo stare al fianco dei nostri consumatori sempre.

Ci sono dei momenti in cui si chiedono feedback ai clienti per cercare sempre di evolvere i prodotti nel migliore dei modi.

Inoltre, vogliamo creare una cultura sulle UT, il negozio ospiterà una delle aree più grandi in Europa.”