La Sicilia è una terra che nutre da sempre uno stretto rapporto con i teatri e il magnifico Teatro Greco di Siracusa, insieme al suggestivo Teatro Antico di Taormina, sono solo alcuni dei più noti che si possono incontrare visitando l’isola. Ovviamente, non si tratta dei teatri a cui tutti siamo abituati e che ci è capitato di frequentare almeno una volta nelle nostre città. Queste straordinarie strutture realizzate in pietra riuscivano a creare, già più di 2000 anni fa, una vera e propria magia attorno agli spettatori che si trovavano seduti sotto un cielo stellato per assistere a straordinarie rappresentazioni teatrali. Questi teatri, dunque, non solo hanno la capacità di condensare all’interno dello spazio che definiscono il fascino di un’intera epoca, ma risultano anche tra le testimonianze più accurate di un’architettura agli albori della sua vita. In tempi più recenti, però, si è aggiunto alla lista di questi luoghi senza tempo un nuovo esemplare che nasconde una storia ancor più unica e decisamente diversa da tutti gli altri.
Nel cuore della Sicilia, tra le provincie di Palermo e Agrigento, sorge il Teatro Andromeda, un progetto concepito a partire dalla metà degli anni ’80 dallo scultore Lorenzo Reina che, sul confine tra arte e architettura, ha dato vita a un luogo ricco di significato. Nella sua vita precedente Reina non era altro che un ordinario pastore di pecore, se non fosse per una spiccata vocazione per la scultura scoperta sin da giovane. È proprio questa che lo spinse a stravolgere completamente il suo destino. Da pastore, dunque, Reina inizia a dedicare anima e corpo all’arte arrivando persino a esporre alla Biennale di Venezia. Contemporaneamente alla realizzazione delle prime opere scultoree, però, l’artista cominciò a occuparsi di un progetto di più ampio respiro. Il suo sogno era quello di costruire un teatro e, seppure l’idea fosse decisamente ambiziosa, l’intenzione di valorizzare la propria terra sfruttando al massimo le proprie abilità artistiche fu più forte di qualsiasi limite fisico ed economico.
Tutto nacque quando Reina venne ispirato dall’osservazione del suo gregge a riposo su un pascolo durante una notte stellata: le pecore avevano appena smesso di brucare e si erano accovacciate a terra sulla sommità del monte dove oggi sorge il teatro e, disposte in maniera casuale, sembravano godersi lo spettacolo offerto dal panorama mozzafiato. L’artista, così, capì che quello sarebbe stato il luogo perfetto per ospitare un teatro a cielo aperto e che lo avrebbe costruito lui stesso, pietra dopo pietra. Con il passare degli anni il Teatro Andromeda iniziò a prendere forma, mostrando dapprima la sua struttura più esterna, delimitata da mura realizzate interamente con pietre recuperate nei dintorni, e successivamente l’area a cui si accede attraverso un piccolo passaggio. Una volta al suo interno, ci si trova davanti a un magico connubio tra architettura e paesaggio e lo sguardo non può fare altro che cadere sulla grade porta che, dietro la scena a pianta circolare, incornicia i Monti Sicani e rappresenta il dettaglio più iconico dell’intero progetto.
108 sono i posti a disposizione per gli spettatori, come 108 sono le stelle che compongono la costellazione di Andromeda da cui il teatro prende il nome. Anche la disposizione delle sedute in pietra non è casuale, in quanto ricalca fedelmente la fisionomia della costellazione. La magia, però, non si esaurisce nel teatro, poiché il percorso che si deve intraprendere per raggiungerlo è disseminato di grandi e piccole sculture di Reina, come la “Maschera della Parola”, un’opera che, durante il solstizio d’estate, viene attraversata dai raggi del sole.
Oggi il Teatro Andromeda è diventato un’ambita meta turistica e attrae visitatori da tutte le parti del mondo. Inoltre, non manca di svolgere la funzione di teatro vero e proprio ospitando spettacoli teatrali e non. Tra i numerosi eventi, da ricordare assolutamente è il concerto di Marco Mengoni del 2019, che si è esibito nel teatro durante il Fuori Atlantico Tour.