Intervista a Glenn Martens: Anversa, la musica, la moda

In mezzo a più di mille persone, venerdì 19 maggio, Glenn Martens, in quel di Roma, si è divertito particolarmente: l’abbiamo capito scrutando il modo in cui, a serata inoltrata, lasciava che il suo corpo si liberasse sulle tracce. Proprio nella capitale, Diesel ha organizzato un rave insieme a NTS: 12 ore di musica in cui numerosi Dj, internazionali e non, si sono alternati all’interno delle varie sale allestite. Il party segue le orme del successo riscosso da quello tenutosi a Londra lo scorso novembre (durato addirittura 17 ore!): è così che Diesel vuole celebrare la club culture underground e Glenn Martens in questo susseguirsi di party si trova perfettamente a suo agio.

«Vuoi sapere una cosa divertente che riguarda il mio rapporto con la musica? La amo, mi influenza e la ascolto costantemente, ma non riesco mai a ricordare i nomi degli artisti (ride, ndr) per fortuna ho tanti amici con gusti musicali squisiti che sanno sempre consigliarmi cosa ascoltare».

Esordendo con questa frase Glenn si siede al nostro tavolo per cenare, lasciandosi trasportare dal pensiero della serata che avrebbe vissuto qualche ora dopo.

«Sono prontissimo per la serata, oggi è stata una giornata incredibile. Ho visitato Villa Borghese per la prima volta, ho quasi pianto dall’emozione. Comunque, tornando a noi, sì, sono decisamente carico per questa sera, ho anche dormito tanto. Prima ti dicevo che non sono un’enciclopedia vivente nel memorizzare i nomi degli artisti che producono le tracce che ascolto, però so di essere in grado di creare una sorta di feeling con la musica, di farmi trasportare. Anche durante il processo creativo. Quando penso a nuovi capi da realizzare per me è fondamentale avere un sottofondo musicale che possa accompagnare il tutto».

Nella costruzione del legame di Glenn con la musica è il Belgio a fare da cornice, inevitabilmente. Da Bruges ad Anversa; due posti molto diversi, quantomeno per come li ha vissuti lui. Per definire quanto è sentito e fiero il legame tra il suo paese natale e la techno, Martens non si è neanche sforzato di utilizzare un termine appartenente al vocabolario inglese: l’unico termine “alieno” che utilizza, durante la nostra conversazione, è “Heimat”, una parola ottocentesca tedesca che significa “patria”.

«Il Belgio è la patria della techno. Ovunque, nelle campagne, nel centro città, ci sono sempre un sacco di party. Però la musica nella mia vita non pensare che sia arrivata così presto. È da circa una decina di anni che ci sono entrato in fissa, prima la musica nella mia routine non esisteva perché ero una persona differente. Non scherzo eh, era come se conducessi una vita totalmente diversa rispetto a ora».
Avendo studiato ad Anversa, alla Royal Academy of Fine Arts, semplicemente non c’era spazio per la musica nella vita di Glenn Martens, «era impensabile per me coltivare la cultura del clubbing. Alla Royal Academy of Fine Arts devi semplicemente pensare a dare il 200%, lavorando duramente 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Ero tutti i giorni in atelier, non avevo tempo di pensare a nient’altro al di fuori della moda».

Un po’ per il momento storico, un po’ per via del punto di vista generazionale, e un po’ anche grazie a dei veri e propri interventi culturali (vedi la scelta di Diesel di organizzare rave nelle più importanti città), la voglia di far festa in tutti noi si sta risvegliando, dando un boost notevole alla tanto menzionata “youth culture”.

«Non so se nel mio caso si può parlare di “youth culture” perché ho 40 anni, ma è proprio questo il punto. La musica ha la capacità di risvegliare l’anima: per me andare al Berghain di Berlino è stato terapeutico, sono stato felice per le seguenti 2 settimane: in quel momento ho eliminato tutti i problemi che mi circondavano».

Il concetto di rinascita è una delle chiavi di lettura per analizzare la figura di Glenn: pensare al valore che sta apportando a Diesel, soprattutto sotto il punto di vista della percezione di un pubblico giovane, vivo, attivo e consapevole, è sufficiente per comprendere l’impatto che il nativo di Bruges ha avuto – e sta avendo – sul fashion system. Da Y/Project alla direzione creativa di Diesel, Glenn ha avuto modo anche di muovere i suoi passi nell’haute couture: ha realizzato una collezione per Jean Paul Gaultier, la classe imperante del mondo moda, in cui il suo modo di essere e il suo background sono stati accolti da parole al miele. Sembra che non ci sia una cosa che Glenn non padroneggi.

«Mi sto spostando a diverse latitudini della moda, non è facile, ma c’è sempre una cosa da tenere a mente. Innanzitutto, se un brand ti seleziona, ad esempio, come guest designer di una collezione, tieni a mente che loro già credono in te. Non ho mai pensato che la mia impostazione ed educazione potesse non rientrare nei parametri di un marchio. Ovviamente per pensare questo è importante lavorare su sé stessi e diventare “padroni” di un aspetto fondamentale: è importantissimo rispettare le nostre idee, il pensiero e la propria creatività. C’è sempre un modo per adattare e raccontare il nostro punto di vista, che sia una collezione di haute couture o che sia prêt-à-porter»

Foto
Michele Perna