Poche personalità nel calcio sono conosciute come quella di Siniša Mihajlović, una figura trasversale che colpisce tutti, non solo chi è appassionato di pallone. Siniša non ha solo un palmarès incredibile che include 2 Scudetti, 4 Coppe Italia, 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale e molto altro, ma ha sempre mostrato una personalità straripante in campo e fuori. La carriera da calciatore non ha fatto in tempo a concludersi che Mihajlović si è ritrovato sulle panchine di Serie A nel ruolo di allenatore.
Dal ritorno al Bologna nel 2019, Mihajlović è poi risalito alle cronache anche per un fatto davvero spiacevole, ovvero la contrazione della leucemia mieloide che lo ha portato a lasciare temporaneamente il campo per poi tornare da vincitore a guidare i suoi ragazzi.
Nel tornare in panchina Mihajlović ha dovuto affrontare, specie all’inizio, gli effetti della malattia che lo hanno portato a cambiare un po’ stile, abbandonando i rigorosi abiti e scarpe stringate a favore di comode tute e sneakers. Da questo punto di vista è nato il nostro particolare interesse nei confronti del lato estetico di Siniša, sinceramente una persona che non ci aspettavamo di vedere con indosso Balenciaga, Jordan e Nike Dunk. A questo proposito abbiamo chiesto a Mihajlović di fare due chiacchiere per approfondire da il suo rapporto con la moda e da cosa sono nate le sue evoluzioni estetiche.
Ci parli del suo legame con la moda.
La moda mi ha sempre appassionato, infatti ho sempre cercato di vestirmi al passo con i tempi. Mi piace essere vestito bene, mi fa sentire a mio agio, e do molta importanza ai vestiti e al modo di presentarsi. Non è solo una passione: sono un personaggio pubblico e credo che le persone in vista debbano presentarsi in un certo modo. Ovviamente nel privato anche a me piace mettermi in tuta o in pantaloncini per stare comodo, ma in pubblico ci tengo molto a vestirmi come più mi piace. Sto molto attento a come mi vesto, forse anche troppo. Sono solito preparare i miei outfit per tutta la settimana, dal lunedì alla domenica, con tutto ciò che ne fa parte, dalle scarpe ai cappelli. Poi ho sempre anche un cambio pronto se dovesse piovere o fare particolarmente freddo. Però so già come mi vestirò.
Abbiamo visto club come il Manchester City legarsi a brand formali come Dsquared2 per delle divise alternative, ma a livello di identità stilistica siamo ancora lontani dagli atleti americani, liberi di arrivare al campo in libertà e quindi in grado di indossare quello che preferiscono.
Io credo sia psicologico. A me piace vedere una squadra che si presenta bene e si veste uguale, mi sembra dia più forza al gruppo. All’estero qualcuno lo fa, vedo anche gli allenatori che si presentano con i loro vestiti, persino in jeans, e a me davvero non piace. Magari siamo su un campo da calcio o su un pullman verso lo stadio ma stiamo comunque lavorando, quindi devo dire che in certe situazioni mi piace rappresentare la mia società con la sua divisa formale. Anche la tuta può essere considerata una divisa ma non la trovo professionale, non mi piace. Nella mia carriera l’ho usata solo quando stavo male. Che poi mi piaccia arricchire la divisa con qualche tocco personale è un dato di fatto, l’ho sempre fatto, magari con una scarpa, una sneaker o un cappello.
I miei ragazzi arrivano sempre con la divisa formale per le partite, sia che si giochi in casa o fuori. È anche qualcosa che dà idea di gruppo unito. Io sono cresciuto in un paese comunista, in cui tutti sembravano dei soldatini. Ammetto che ci sono tante cose che non mi piacevano e non mi piacciono del paese in cui sono cresciuto, ma il lato estetico mi piaceva. Mi dà idea di compattezza.
Parlando appunto di gioventù, com’è cambiato lo stile rispetto a quegli anni?
Io sono andato al contrario, nel senso che da giovane mi vestivo sempre in giacca e cravatta, ora col passare del tempo mi vesto in maniera sempre più giovanile. Adesso le camice e le cravatte non mi piacciono più tanto, preferisco le magliette, il gilet e i dolcevita. Poi in realtà le camicie continuo a metterle e le apprezzo ma in modo diverso, non metto più quelle bianche, piuttosto quelle di jeans o quelle pesanti in inverno. Non mi piace più essere troppo classico come ero invece a venti o venticinque anni. All’epoca avevo il mio sarto e mi facevo fare i miei abiti, ora preferisco variare anche diversi brand e diverse tipologie di prodotto, mi piace essere originale ma senza cose troppo spinte, d’altronde devo indossare vestiti che si addicano alla mia personalità e al mio lavoro. Ho due amici a Torino, Paolo e Daniele, che hanno un negozio da cui compro quasi tutto quello che indosso.
Gli accessori vengono usati molto da lei. Quali sono i suoi preferiti?
Le scarpe ovviamente sono importanti per me. Amo molto gli orologi e i cappelli, soprattutto le coppole di Stetson. Per quanto riguarda le scarpe sono abbastanza vario, come nel resto del guardaroba. Uso spesso le Church’s, specie quelle con effetto invecchiato, e poi sneakers, in primis Balenciaga e Nike. Ho diverse Off-White ma anche le Dunk mi piacciono molto.
Questo rapporto con le sneakers come è nato? C’è sempre stato?
In realtà le ho sempre messe ma mai in ambito professionale. Come accennato, ho iniziato a vestirmi in maniera più casual e confortevole sul lavoro solo quando ero malato perché non riuscivo a mettermi i completi. Considerando l’uso della tuta, ho deciso di puntare sulle sneakers per completare il look. Mi è piaciuto molto sia a livello di comfort che di estetica, quindi ho deciso di associare le sneakers anche agli abiti, come sto facendo ora in panchina. Cerco sempre di mettermi qualcosa di particolare come le Travis Scott o le Off-White “University Blue”, altrimenti cerco di fare dei richiami ai colori della squadra.
Come sceglie le scarpe che preferisce?
A consigliarmi sono i miei figli, guardo sempre le scarpe con loro. Io porto il 42 ma mi piace mettere le scarpe di un paio di taglie più grandi, quindi anche di sneakers prendo 44 o 45, così le mettono anche i miei figli e ce le scambiamo.
Questa storia delle scarpe più grandi rispetto al suo vero numero viene da un motivo estetico o di comodità?
In realtà estetico. Io sono alto 1.85m e un tempo andavano di moda pantaloni più larghi rispetto a quelli che si indossano ora, quindi la scarpa finiva quasi per scomparire sotto al pantalone. Non era proporzionato alla mia altezza e non mi piaceva nemmeno che non si vedessero le scarpe quindi ho iniziato a mettere taglie più grandi. All’inizio era strano perché non avevo la percezione giusta e andavo a sbattere sui tavoli. Poi la moda è cambiata e i pantaloni si sono ristretti ma ormai mi ero abituato quindi ho continuato a mettere le scarpe più grandi. Tuttora le preferisco e anche i miei figli possono usare le mie scarpe. Ovviamente questo vale per l’ambito lifestyle, perché se devo giocare a calcio o correre metto la taglia corretta.
Prendo tante Jordan e Dunk. Sia a Roma, dove vivo, che qui a Bologna ci sono diversi negozi in cui vado. I modelli più particolari e limitati invece li vedo online con i miei figli quando sto a casa.
Parla mai di moda con i suoi giocatori?
Qualche volta, perché i giocatori ormai sono attenti a tutto. Per me è importante perché è un punto di connessione con dei ragazzi che tendenzialmente sono molto giovani, potrebbero essere i tuoi figli. Ovvio, a tutto deve esserci un limite perché se io cercassi di vestirmi come un giocatore di diciannove anni finirei per sembrare ridicolo. Non posso presentarmi con i pantaloni strappati. Devo cercare di indossare qualcosa di sobrio ma giovanile, così che anche loro quando mi vedono possano pensare che il mister si veste bene.
Chi è il più appassionato in squadra?
I giocatori al giorno d’oggi si vestono un po’ tutti con lo stampino, come d’altronde facevo anche io da ragazzo, ma fortunatamente al Bologna c’è qualcuno di molto originale. Il meglio vestito è Mbaye, ha sempre uno stile molto originale e scarpe interessanti. Non è il mio modo di vestire perché usa pantaloni un po’ larghi ma mi piace che ci tenga. Anche Orsolini e Barrow hanno spesso delle belle scarpe. In squadra sono quasi tutti appassionati.
Nelle sue altre esperienze in carriera invece chi l’ha colpita per il look?
Roberto Mancini è sempre stato elegantissimo in ogni passo della sua carriera, da quando lo conosco. Per i miei gusti però è troppo classico. Alcuni invece mi colpiscono perché si vestono male: non hai idea di quante volte ho chiesto a calciatori se si sono vestiti al buio.
Quando giocava era attento anche agli scarpini?
Abbastanza ma non cambiavo tantissimo. Una volta che sceglievo uno scarpino me li facevano su misura. Poi sono stato uno dei primi ad averli personalizzati. Mi facevo scrivere “Miha”, il numero 11 o mettevo la bandiera serba. Quando ho iniziato ad avere i figli ho messo i loro nomi, poi sono diventati tanti e non ci stavano più quindi ho lasciato solo il mio soprannome. Anche a livello di brand ho cambiato molto perché ho indossato FILA, Asics me negli ultimi anni ho sempre messo Nike e adidas che sono i miei brand preferiti di scarpini.
Lo scarpino preferito quindi immagino sia di uno di questi due brand.
Esatto. Passano gli anni ma per me i migliori restano gli adidas Copa Mundial e gli adidas World Cup a sei tacchetti. Il look è bellissimo e il feeling della pelle è sempre ottimo. Anche con i nuovi scarpini Nike mi trovo bene perché sono molto leggeri ma usano altri materiali e io preferisco sempre giocare con scarpini di pelle.
Lei ha giocato per alcune delle squadre con le maglie stilisticamente più iconiche di sempre. Quali sono quelle che ha preferito?
Io di maglie ne ho un’infinità perché anche mia moglie e i miei figli sono appassionati, quindi nella mia carriera ho sempre scambiato le maglie con i grandi campioni, così come le ho chieste ai miei giocatori. Ho maglie firmate e con dedica anche da Maradona, Cristiano Ronaldo e tanti altri. Ad esempio Nico Dominguez quest’anno è andato in Nazionale con l’Argentina e gli ho chiesto di portarmi quella di Messi. Se invece mi chiedi qual è la maglia che più mi colpisce e mi emoziona ti dico che è sempre quella dello Stella Rossa perché è la squadra del mio cuore con cui ho vinto la Coppa Intercontinentale e la Coppa dei Campioni. A livello prettamente estetico invece ti dico quella blucerchiata della Sampdoria.