Ieri sera al Gate si è tenuto un evento particolare in cui abbiamo capito che quella di far ballare tutta Milano non è l’unica dote di DEV.
Come ci suggerisce il nome, la ONE NIGHT è stata una notte esclusiva in cui il DJ ha deciso di portare in console le sue due metà: l’house e il rap. Per farlo, DEV è stato affiancato poi da due colossi, Salmo e Gemitaiz, a cui ha lasciato il posto dopo aver fatto impazzire il pubblico con una collaborazione inedita tra Ghali e il rapper sardo.
Il lavoro di DEV è complesso e sfaccettato, si tratta di quel ruolo che il pubblico a volte non vede ma, come nel caso di Ghali, risulta fondamentale per la crescita e l’innovazione.
Abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con lui per farci spiegare meglio la sua posizione, le sue aspettative e il contributo dato al nuovo disco di Ghali.
Alla ONE NIGHT al Gate hai unito l’house al rap. Dove nasce l’idea di voler affiancare questi due generi?
“La house e il rap hanno una radice molto comune che sembra essere stata dimenticata con il tempo: entrambe sono nate nei sobborghi americani, dalla cultura black, entrambe nei primi anni ’80. Come DJ non ho mai visto la musica suddivisa in compartimenti stagni e non sopporto lo snobbismo fra i due generi: chi fa rap deve odiare la house? Chi ama la techno deve odiare i trapper? Mi piace l’idea di poter fare un DJ set in cui tutto possa essere apprezzato perché spacca, a prescindere dal genere.”
Salmo e Gemitaiz sanno tenere il palco come pochi. Perché la scelta di portare proprio loro?
“Tutto molto casuale: ‘raga ma facciamo una serata tutta cassa dritta?’. Poi da un’idea partorita alle 3 del mattino fra Salmo e Samuel, uno dei fondatori del format “My Name is Atlanta”, è nato tutto in pochissimi giorni ed eccoci qui a parlarne. Credo tutto parta dall’esigenza di ogni artista di voler evadere dal solito contesto, di suonare qualcosa di diverso.”
Milano è la città in cui è nato AKEEM, il progetto che hai contribuito a far diventare una delle più importanti serate urban. Quando hai lasciato la Puglia, il posto in cui sei nato, sapevi esattamente quello che saresti andato a fare?
“Assolutamente no. Sono partito per cercare un’identità musicale e finire l’università come tanti altri ragazzi che vedono in Milano una sorta di svolta. Qui ho trovato la mia famiglia, il nome completo era Akeem of Zamunda, una realtà che mi ha permesso di esprimermi al 100% senza chiedermi mai nulla in cambio. Vero è che anche Milano stessa ti permette di credere davvero nei tuoi sogni.”
Dal Sud Italia sei arrivato a calcare i palchi del Tomorrowland e del Lollapalooza. Cosa è successo, in quei 5 anni passati a Milano, che ti ha portato a suonare ai più grandi eventi europei?
“Milano è la vera mecca della musica in Italia. Inizi a girare per feste, concerti, a conoscere tutti, e tutti credono in quello che fanno, fingono di essere sempre impegnati e di annoiarsi alle feste.
Ho sentito che sarei dovuto venire qui, Milano sembra uno di quei salotti letterari parigini dell’800 in cui tutti si conoscono e parlano di idee. Suoni per i brand, in Fashion Week, in Design Week – in qualsiasi Week abbia senso infilarci un DJ set – e pian piano conosci persone che ti assomigliano e che vogliono lavorare alle stesse cose. Si potrebbe scrivere una Serie TV su tutto ciò che succede di notte a Milano.”
Qual è l’esperienza che ti ha dato di più a livello umano e musicale?
“Ricordo una festa privata per cui ho suonato nel 2016 con ospite Kobe Bryant, superstar dell’NBA, uno dei miei idoli d’infanzia. E lui a fine serata mi si avvicina, mi stringe la mano e mi dice (in italiano, perché lui parla bene l’italiano) che ero bravissimo, addirittura uno dei suoi DJ preferiti. Probabilmente in vena di complimenti quella sera, ma ha avuto un impatto significativo nella mia vita. Ho pensato ‘se te lo dice il tuo idolo, forse è il caso che ci provi’.”
L’incontro con Ghali si è rivelato una svolta nella tua vita. Cosa vi ha fatto trovare così in sintonia? Cosa vi ha colpito l’uno dell’altro?
“Ci siamo incontrati per la prima volta a giugno 2015, al suo primo live da solista dopo Troupe d’Elite. Era un mercoledì, serata free entry e io, ironicamente, suonavo in apertura. Ghali è una persona semplice, siamo molto simili; il tour ci ha permesso di diventare amici molto in fretta, si condividono tante cose e tanta ansia prima di salire sul palco. Ora che ci penso non abbiamo praticamente mai litigato se non per qualche ritardo, io sono un puntuale patologico, lui perennemente in ritardo.”
Ormai sappiamo che il tuo nome dietro alla sua musica è una costante. Spiegaci qual è il tuo ruolo all’interno dei progetti a cui lavorate.
“Svolgo principalmente tre ruoli. DJ nei live, coordinatore di palco quando siamo con tutta la band e recentemente ho co-diretto il suo nuovo album.
Inizialmente era una collaborazione sui live. Lavoro musicale sullo spettacolo, scegliere i brani da proporre, quanto devono durare, cosa deve succedere sul palco, cosa vogliamo trasmettere. Il tour nei palazzetti è stata un’esperienza davvero forte e impegnativa e tutto viene preparato come se fosse l’ultimo show. Poi come succede spesso in questo settore, quasi in automatico abbiamo iniziato a lavorare al disco. Incontriamo producer, ascoltiamo i beat che ci propongono, condividiamo scelte musicali, gusti, concept, cantiamo, scriviamo, scegliamo quello che funziona e cosa no.”
Il nuovo disco di Ghali è vicino e il pezzo portato alla ONE NIGHT non fa che aumentare le aspettative. Sbagliamo a pensare che il disco sposerà proprio le sonorità della serata?
“C’è tantissima aspettativa anche qui dietro le quinte. È difficile comunque pensare di poter accostare questo disco a un tipo specifico di suono oppure a qualsiasi cosa già fuori sul mercato. Il disco è molto vario ed è attento a tutto ciò che andrà in futuro in Italia. Sicuramente, come avete già sentito, il piccolo spoiler di questi giorni è molto coerente con la serata che abbiamo fatto al Gate.”
Ciò che si nota all’apparenza è che sia tu che Ghali avete idee molto chiare e definite. È stato facile trovare la direzione in cui far andare il disco?
“Idee chiare? (ride, ndr). Quest’estate quasi nessuno ha capito l’esperimento “Turbococco”/“Hasta La Vista”, uscite nello stesso giorno: i due singoli erano due facce della personalità di Ghali: da una parte il lato giocoso, spensierato, filastrocca. Il Ghali che piace ai bambini e che mette d’accordo tv e radio, dall’altro il Ghali adulto, che sperimenta un suono scuro da club nord europeo. Abbiamo ironizzato proprio sulla costante indecisione, sulla voglia di far tutto perché a volte l’etichetta del trapper o della popstar possono pesare sulla creatività. Per rispondere alla domanda, è stato molto difficile trovare la direzione giusta. Credo che questo disco sia proprio questo: un viaggio nella versatile personalità dell’artista e nei suoi gusti contaminati.”
Nonostante Italia e Tunisia siano i luoghi che più hanno contraddistinto la musica di Ghali, per il prossimo disco ci aspettiamo qualcosa di più. Quali sono state le tappe, i viaggi e gli studi visitati per registrarlo?
“Siamo stati a Rio de Janeiro, negli studi di Warner Brazil. Poi un piccolo studio a Botafogo in cui, ci dissero, qualche scimmia entra in cucina a rubare cibo durante le registrazioni. Poi ad Atlanta nel famosissimo Means Street dove si è fatta la storia della musica hip hop/trap americana. Dove gli Outkast hanno registrato “Speakerboxx” e Eminem “Encore”. Nella nostra stanza, ad esempio, Drake e Jhene Aiko hanno scritto “From Time” e Playboi Carti ha registrato “Die Lit”.
Sempre negli USA, a Los Angeles in un home studio con Jean Baptiste, un guru della musica, dietro il grande successo di “Elephunk”, l’album di consacrazione dei Black Eyed Peas. Sempre qui è nata “Flashback” con il producer Bijan Amir. Agli studi di Ultra Music a LaBrea Avenue. Poi Parigi, a “La Seine”, a Milano, in Provincia, qualche session a Venezia, durante il tour europeo. Ovunque.”
Los Angeles è ormai una delle città più ambite e negli studi c’è sempre un gran via vai di persone di un certo spessore. Pensando alle ultime collaborazioni, possiamo aspettarci featuring del calibro di Stormzy?
“Assolutamente… No comment.”
Quanto contributo italiano e quanto estero possiamo aspettarci?
“Chiaramente non posso sbottonarmi sui nomi e sui producer che ne faranno parte. Ciò che posso dire con certezza assoluta è che si tratta del lavoro più internazionale di Ghali finora. Ci abbiamo lavorato come se tutto il mondo dovesse ascoltarlo. Piccolo spoiler in esclusiva per voi: abbiamo – finalmente – sdoganato il genere Afro Beat che sta già spopolando in tutto il mondo.”
Quali altri progetti hai in mente per il prossimo anno?
“Che domanda difficile! Il 2020 sarà un anno molto intenso. Tornerò prima di tutto come DJ nei club di tutta Italia, sarò di sicuro impegnato nel portare l’album con Ghali in giro per l’Europa e, se avanza il tempo, ho un paio di progetti personali in mente di cui vi parlerò la prossima volta.”