Jannik Sinner: non c’è nulla di male nell’essere nazionalpopolare

Il giorno che il movimento tennistico italiano stava aspettando da 48 anni: Jannik Sinner ha completato un Australian Open giocato alla perfezione vincendo una rocambolesca finale contro Daniil Medvedev e dimostrando che il suo momento è finalmente arrivato. Nonostante le sensazioni positive dell’ultimo periodo, specialmente gli ultimi sei mesi in cui l’altoatesino ha compiuto l’ennesimo step di crescita approfittando della stagione sulla sua superficie preferita, il cemento indoor, restava comunque l’incertezza (o meglio, la paura) che Sinner ce l’avrebbe fatta a conquistare il suo primo titolo Slam e che altrimenti sarebbe potuto rimanere un incompiuto.

Se la Fenomenologia dello Spirito per Friedrich Hegel era lo studio del processo in cui lo spirito si manifesta e si attua concretamente passando dalla sensazione alla suprema esperienza conoscitiva, per tutti noi lo è stato il periodo di attesa che tutte le premonizioni sul giovane altoatesino si verificassero. Dal momento in cui Sinner è apparso sulla scena sportiva italiana come il più grande talento tennistico da xxx anni a questa parte fino al trionfo di Melbourne ce n’è voluto: alcune cocenti sconfitte che avevano portato pessimismo, la rottura col vecchio allenatore Riccardo Piatti, qualche infortunio di troppo nel suo percorso e l’amico rivale Carlos Alcaraz che nel frattempo bruciava le tappe hanno complicato la fase di sbocciatura del campione, che comunque non si è fatta attendere. D’altronde, come emerso da una recente statistica, anche Roger Federer ha avuto bisogno di giocare 17 tornei dello Slam prima di vincere il primo (e poi ne ha vinti 20).

In tutto questo periodo in parallelo alla progressione di Sinner si è sviluppato il sentimento nazional popolare che lo affianca tutt’ora, quella sensazione di avere finalmente una futura stella da cui aspettarsi successi per anni e anni. Una sogno per chi era abituato al tennis poco vincente dei Volandri, Fognini, Seppi e Starace, una garanzia per chi ha scoperto questo sport più tardi, un nuovo idolo per alcune categorie che mai si erano fatte prendere da questo sport, una miniera d’oro per chi saprà sfruttare economicamente il suo potenziale. Ecco perché nella giornata di ieri il titolo alzato al cielo da Jannik è diventato qualcosa di condiviso, un momento che dopo tanta attesa tutti si sono sentiti in dovere di celebrare in tempo reale dando prova di aver sofferto al fianco del nuovo campione Slam per oltre quattro ore consecutive.

La vittoria di ieri ha consacrato Jannik Sinner non soltanto come l’atleta del momento, ma anche quello più trasversale. Quello su cui, per dirne una, anche Papa Francesco ha voluto dire la sua, e che praticamente nessuno ha potuto esimersi dal postare un simbolico tributo sui social: usando l’emoji di un cuore, di un semplice applauso o di una carota, quello che è destinato a diventare un suo implicito riferimento. Anche a costo di passare per ridicoli occasionali, che fino a qualche mese fa non conoscevano neanche le regole di questo sport e che ora ne sono assolutamente coinvolti. Chi si occupa di comunicazione lo sa, qualcosa di simile è già avvenuto nella storia dello sport azzurro e si può spiegare col subentro del fattore della ciclicità di un fenomeno sportivo, quello stato irrazionale capace di far puntare le sveglie in piena notte milioni di italiani per seguirne le gesta: era successo con Luna Rossa, con Alberto Tomba, Marco Pantani e Valentino Rossi, ma anche con trend molto minori come il curling alle Olimpiadi invernali.

Già in crescita su tanti aspetti, oggi il movimento italiano ha il campione che non aveva mai avuto, uno di quelli che ci invidiano anche altrove, uno di quelli capaci di trascinare la propria Nazione in Coppa Davis, un altro torneo che mancava al tennis azzurro da decenni, mettendosi alle spalle le critiche di un noto quotidiano nazionale per un suo presunto non attaccamento alla causa. Ad oggi sembra che il suo regno sportivo sia appena iniziato e possa durare a lungo: in poco tempo ha già più o meno involontariamente costruito un personal brand a cui sembra non mancare nulla, anzi secondo qualcuno ha più potenzialità di alcuni ‘antipatici’ come Novak Djoković. Ha una popolarità in ascesa (solamente ieri più di 500mila followers su Instagram) e una fan base che va oltre i confini nazionali, piace a tutti e a tutte per la sua storia personale e la faccia da bravo ragazzo mai sopra le righe, colleghi compresi. Oltre ad Amadeus per portarlo al Festival di Sanremo – c’è maggiore riconoscimento popolare di questo? – lo inseguono brand e riviste, quelli per cui non ha ancora prestato la faccia. Gli appassionati italiani non potevano desiderare di meglio.