Junior Cally si è tolto la maschera per raccontare la sua sofferenza

Junior Cally si è tolto la maschera, dal volto e dal cuore, perché solo in questo modo può riuscire a dare il giusto valore a temi importanti e introspettivi.

Ricercato” è il suo nuovo album, uscito venerdì su tutte le piattaforme. È un disco pieno, complesso, in cui Junior Cally si mette alla prova con sé stesso. I featuring sono molti, partono dai veterani del rap fino ad arrivare alle nuove leve, e tra i ritmi martellanti di numerose tracce, il rapper ha lasciato spazio per qualcosa di veramente suo.

Come ci ha spiegato, ascoltandolo non sembra un disco sofferente, ma questa condizione è intrinseca nelle parole e nel filo conduttore del progetto. Abbiamo deciso di fargli qualche domanda per capire cosa lo ha portato a essere Junior Cally oggi.

Ieri ti sei tolto la maschera. Il gesto in fondo al video ci ha fatto pensare a un momento di liberazione, confermato poi anche nei testi del disco. Quando hai capito che la maschera stava diventando ingombrante e perché era una sofferenza?

“Quello che penso, ad oggi, è che la maschera mi ha dato tanto ma mi ha tolto altrettanto, come ad esempio una semplice uscita con gli amici, una serata in discoteca o un pranzo al ristorante, perché magari ti trovi in difficoltà quando gli altri usano il telefono e tu hai paura di apparire nel loro video, quindi devi dirgli stai attento, fammi vedere il video prima che lo posti. 

Queste cose qui, e soprattutto ti rendi conto che è invivibile quando io non uscivo di casa. Sembra una cosa che dici, ha la maschera, non lo riconosce nessuno, ma in realtà a me succedeva spesso e volentieri il contrario, perché i tatuaggi si riconoscono. Magari sei al ristorante, vedi il ragazzino che sta lì e ti fa la foto e te la manda mentre sei col boccone così e dice ora la pubblico. Queste cavolate qua, capito? È stato veramente tanto pesante.”

Quindi hai mai avuto paura che magari qualcuno ti rovinasse questo momento?

“Rovinasse no, perché tanto finché non la toglievo io poteva farlo chiunque, sono dell’idea che la gente voleva vedere me che la toglievo. Anzi, vedevo che qualche volta, quando qualcuno provava a mettere delle foto vecchissime, la gente scriveva “ma perché devi mettere la foto se non è lui a farlo?”.

Vedendoti in “Tutti Con Me” abbiamo avuto l’impressione che il tuo percorso con il volto coperto sia stato soltanto un periodo di transizione per trovare il vero te. Cosa ti hanno insegnato questi due anni?

“Non è proprio così, sicuramente la maschera mi ha aiutato inizialmente a dire ciò che volevo, senza limiti. Faccio quello che voglio, se mi ascoltate bene, se non mi ascoltate ok. In realtà, avendo la maschera, nel percorso musicale ho trovato la mia vera identità proprio con lei. Non so come spiegartelo.

Fino a che non ho sentito il bisogno di toglierla, perché dopo questi due anni di tante, tantissime gioie – noi parliamo di sofferenza, ma in realtà ci stanno anche tantissime gioie – ci sono state delle cose brutte, però anche tantissime altre cose belle.

In questo periodo storico dove la gente si nasconde dietro un avatar, […] è molto più rivoluzionario andarci a mettere la faccia.

Dicevo, in quel periodo l’ho messa per dire ciò che volevo, per essere cattivo, spietato a volte, e così via. Ad oggi, penso che, soprattutto in questo periodo storico dove la gente si nasconde dietro un avatar, dietro profili fake, ti insultano, bullismo e queste cose qua, è molto più rivoluzionario andarci a mettere la faccia, piuttosto che non metterla, soprattutto per me che l’ho coperta 2 anni – e che quindi è doppiamente più rivoluzionario. Comunque il fatto dell’identità, l’ho trovata avendola. Per questo dico sempre che adesso non è che cambia qualcosa, Junior Cally è Junior Cally.”

Io dico sempre, quando uno svolta, svolta in testa.

Per restare nel tempo, un artista deve avere un’idea ben chiara. Come si fa a capire qual è l’idea giusta e da dove sei partito per costruire la tua?

“Non credo ci sia un modo per capire qual è l’idea giusta. Io dico sempre, quando uno svolta, svolta in testa. Le cose le fai, le senti tue e poi vedi che sono sempre più tue e quindi capisci, in automatico, che è stata un’idea giusta, però non c’è un modo per capire qual è l’idea da avere o per capire qual è il momento in cui arriva, magari arriva proprio quando non ci stai neanche a pensare. Sicuramente c’è stato un punto in cui io ho deciso di intraprendere questo percorso e ho studiato le mie mosse, perché comunque non puoi avere una carriera duratura se non studi e non ti impegni in ciò che fai. Io seguo tutto passo passo, non lascio nulla al caso.”

Soprattutto, hai curato per molto tempo il tuo progetto da solo.

“Sì, ma tuttora lo faccio. Non sto da solo, ma ci tengo a essere sempre presente nelle scelte da prendere.”

Il fatto di togliere la maschera è stata probabilmente l’unica cosa che ho fatto senza pensare al marketing.

Ci sono dei compromessi da dover accettare per arrivare lontano?

“Secondo me no. Nel senso, almeno fino ad oggi – io non sono arrivato da nessuna parte ancora, per quanto mi riguarda, sto ancora agli inizi – quindi dico, dipende da cosa si intende, dipende da come ci vuoi arrivare e cosa si intende per lontano. Secondo me, essendo sé stessi, con le giuste scelte e le decisioni prese in gruppo, pensate e fate bene, compromessi ai quali non si vuole scendere non ce ne sono. Io non sono mai sceso a compromessi fino a oggi. 

Il fatto di togliere la maschera è stata probabilmente l’unica cosa che ho fatto senza pensare al marketing, capito? Quindi non è che dici, per fare più numeri se l’è tolta.”

“Ricercato” è il titolo del tuo nuovo album, parola che detta in questo modo può intendere diversi significati. Qual è il primo impatto che hai deciso di dare al pubblico?

“Ci sono tanti motivi, è vero, però il principale è che io mi sono sentito veramente ricercato in questi due anni. Poi, se andiamo nel dettaglio del disco, c’è anche la ricercatezza dei suoni rispetto al primo album, dei contenuti per certi brani dove non ho la maschera. Magari mi sono aperto di più alle orecchie e agli occhi dei fan con cose un po’ più intime, cosa che con la maschera non avrei potuto fare, perché comunque non davo espressività a determinate cose.

Per certe cose, soprattutto sentite, introspettive, c’è bisogno anche di espressività sul palco.”

I brani passano da temi importanti a sound martellanti destinati a restare. I testi sono profondi ma anche provocatori, qual è il messaggio più forte che hai voluto dare?

“Il messaggio più forte è che io ho sofferto tanto e credo che se ascolti bene l’album, soprattutto le ultime due canzoni – “Ferite” e “Nessuno Con Me” – lo capisci. Per assurdo, si percepisce più da “Nessuno Con Me”, perché comunque “Ferite” parla di una cosa mia personale che mi è successa durante questi 2 anni. Però il messaggio è che io ho sofferto tanto e che non è stato tutto rose e fiori questo mio percorso qua, poi ci possono stare anche altri 2000 messaggi dentro, però se me ne chiedi uno ti dico sicuramente questo. Che poi, per assurdo, se ascolti tutto l’album non è sofferente, però sono sicuro che si percepisce.”

I featuring sono molti e uniscono personalità differenti. Come hai scelto queste collaborazioni?

“Io, come continuerò a dire e fare sempre, collaboro con persone che rispetto, che mi rispettano e che conosco. Anche con Mike all’inizio, prima di fare il primo featuring, che è uscito a marzo 2017, ho preso il treno da Roma – non c’avevo ancora un euro – fino a Milano per conoscerlo in faccia, farci due chiacchiere, capire se mi stava a genio, e io stavo a genio a lui, e così abbiamo collaborato. Ho scelto i featuring sulla base di questo e poi anche sulla base, chiaramente, del fatto che mi piacciono come artisti. Ascolto i loro pezzi quando escono, sono fan dei loro progetti, presi singolarmente.”

Nel progetto ci sono dei veterani del rap, ma anche gente giovane.

“Sì, perché comunque io sono dell’idea che se uno è bravo è giusto chiamarlo anche se sta agli inizi. Se ho la possibilità di valorizzare un ragazzo che magari sta un po’ più indietro di me, però è anche più bravo di me per certi versi, perché devo far finta che non esista? A me piace, non vado a guardare quello che può portare o no al disco la persona che chiamo. Quella veramente è una delle ultime cose che guardo, piuttosto se il pezzo viene figo, spacchiamo insieme. Apprezzo di vedere proprio la fame, capito?”

E invece, Theodor Malkova in questo album esiste ancora?

“Theodor Malkova c’è sempre. In questo album qua ho preferito mettere più bocca rispetto al primo, perché per assurdo nel primo album c’è soltanto un brano che è stato prodotto a quattro mani da me e da un altro ragazzo. Invece per quanto riguarda questo disco, ho messo le idee su quasi tutti, però, anche lì, è giusto dare il merito a chi conclude. Ma come è stato il primo, soltanto su un brano ci tenevo a mettere la firma, su “Bulldozer”. Su questo, invece, so di aver lavorato a tutti, l’importante era fare un buon disco e non mi è interessato andare a puntualizzare su determinati brani dove ho messo l’idea, la mano, le cose, anche perché è giusto che chi fa il proprio lavoro poi prenda i suoi meriti. Però comunque esiste, Theodor Malkova esiste.

Theodor Malkova sono io e te, io e lui, io e l’altro, in base ai vari produttori. Perché sennò è come se stessi togliendo qualcosa a qualcun altro, dicendo che sono solo io. È un’idea nata da me e poi messa in piedi da noi. Non dico mai i nomi perché comunque le idee sono le mie, da zero. Ovviamente poi si prendono i diritti, crediti e tutto, non è che sono un ladro (ride, ndr).”

Guardo più i messaggi belli che non mi aspetto, come ad esempio hai dimostrato di avere coraggio.

In termini sia positivi che negativi, nonostante sia passato forse troppo poco tempo, hai sentito qualcosa cambiare in te e nel tuo pubblico dal momento in cui ti sei tolto la maschera?

“Cambiare in realtà no, sono rimasto stupito per certi versi, perché non mi aspettavo determinati messaggi. Ti aspetti tutto e niente in quei momenti là, invece ho ricevuto messaggi veramente straordinari, che non mi immaginavo. Poi chiaramente c’è sempre il cretino di turno che ti scrive ah, l’hai fatto per fare questo, per fare quell’altro. Il curioso di turno che viene a scriverti, oggi scrive a te, domani è da un altro, quindi non mi interessa minimamente. Guardo più i messaggi belli che non mi aspetto, come ad esempio hai dimostrato di avere coraggio, che è una cosa che non mi aspettavo mai, un messaggio del genere.”

Però è la verità.

“Sì, ma tornando al discorso della naturalezza, io l’ho fatto veramente così. Per me è stata una cosa coerente con me stesso, non è stata una cosa tipo adesso la tolgo perché sono più forte, no, la tolgo perché sento che è giusto, è il momento. Però se è arrivata questa cosa qua, mi rendo conto che in effetti è stata una mossa pesante.”