Gli innumerevoli rinvii e ritardi di “DONDA” a cui abbiamo assistito la scorsa estate ci avevano ormai reso pessimisti, ma questa volta Kanye West non si è fatto sfuggire l’occasione di pubblicare “DONDA 2” con puntualità rispetto alla data preannunciata, il 22 febbraio 2022, anche se solo tramite Stem Player. Il motivo? Come alcuni matematici fanno notare, la data del 22/02/2022 è un numero palindromo: essi stessi lo hanno rinominato il “twos day”, facendo notare l’altissima concentrazione del numero 2 al suo interno. Inoltre, un post sul profilo Instagram di Ye rivela che secondo l’astrologia tale data coinciderebbe con il ritorno di Plutone in Capricorno, evento che rappresenta un grande momento di cambiamento che potrebbe rivelarsi sia positivo e rigenerante che, al contrario, distruttivo e pericoloso per la psiche umana.
Ma siamo sicuri che questa sia l’unica coincidenza voluta o spontanea legata a quest’album? Guardiamo più attentamente l’immagine promozionale scelta per l’annuncio della release. Essa ritrae la casa d’infanzia di Kanye a Chicago avvolta dalle fiamme, elemento che non ci appare nuovo dal momento che ha già fatto parte della performance del terzo listening party di “DONDA”. Al di là delle speculazioni che potremmo metterci a fare sul suo significato, però, qualche cinefilo appassionato potrebbe aver notato una singolare somiglianza con una scena di una pellicola uscita per la prima volta nelle sale americane il 21 febbraio 1997: “Strade Perdute”, thriller psicologico dalle tinte noir scritto e diretto da David Lynch.
Nella sequenza finale del film, infatti, possiamo vedere una casa di legno che brucia nel mezzo del deserto, avente pressoché le stesse caratteristiche architettoniche della casa di Kanye. Di fronte a quest’inaspettata analogia, sorge spontaneo chiedersi se si tratta di una pura casualità oppure se vi è l’intenzione concreta da parte del rapper di citare il premiato e rivoluzionario regista; per rispondere, è opportuno mettere in luce quali siano i motivi per cui il film sopracitato possa richiamare l’artista di Chicago e quale altro eventuale rapporto, legame o elemento unisca i due artisti.
Definito dalla critica un “neo-noir”, “Strade Perdute” si presenta perturbante ed enigmatico come ogni film di Lynch. Esso comincia seguendo la vita di una coppia dentro e fuori la loro casa, con un focus sul protagonista Bill Pullman, musicista di professione, che gradualmente diventa vittima di uno strano disagio psichico fondato sul sospetto che sua moglie lo stia tradendo. A un certo punto la narrazione cambia completamente e dalla prigione in cui Bill è stato rinchiuso ci troviamo in un luogo del tutto diverso a seguire le vicissitudini quotidiane di un giovane e prestante meccanico circondato da donne e ricchi automobilisti, il quale sembra rappresentare in tutto e per tutto la nemesi del musicista. Molti spettatori restano dubbiosi riguardo quanto hanno appena visto, con la sensazione di non possedere un’interpretazione definitiva della storia (effetto che accomuna molti dei lavori di Lynch), ma la maggior parte dei critici concorda nel definire questo film come una storia di dissociazione psichica da parte del protagonista principale con conseguente immedesimazione in una personalità del tutto opposta.
Se dunque il disturbo psichico è il soggetto principale sviluppato da Lynch in “Strade Perdute”, come possiamo non pensare a quanto questa realtà riguardi da vicino anche la vita quotidiana di Kanye West? Abbiamo saputo, infatti, che egli è affetto da disturbo bipolare, al punto che talvolta diventa difficile distinguere episodi di “lucidità” da quelli puramente dettati dai meccanismi della sua condizione mentale. Il titolo del film di Lynch diventa allora emblematico e ci porta a pensare che tali “strade perdute” siano le stesse in cui Kanye si trova spesso a viaggiare: che si tratti della perdita di controllo razionale, di apparenti sfoghi deliranti, di progetti annunciati e portati a termine dopo lunghe fatiche oppure finiti in un vicolo cieco (come gli album mai pubblicati o la campagna per le elezioni presidenziali), il leitmotiv che unisce tutto ciò è sempre l’addentrarsi nelle vie e nei labirinti più oscuri della mente umana e scoprire dove essi conducono. Questa, però, non è soltanto una realtà che il rapper vive in prima persona da anni, ma è diventata anche il tema portante di alcuni dei suoi lavori più recenti e interessanti come “Ye” o “Kids See Ghosts”: in essi Kanye ha dimostrato di essere in grado di incanalare tale dimensione all’interno di prodotti artistici stranianti e innovativi proprio come il film del regista di “Twin Peaks”.
Fortunatamente questa non è l’unica strada su cui si avventura Ye. Abbiamo visto molto bene come negli ultimi anni egli abbia definitivamente abbracciato la religione cristiana non solo per motivi di culto e interesse artistico, ma essenzialmente come forma di “medicina” spirituale e dimensione di guida e supporto emotivo.
La pratica spirituale, però, non è una cura e un’ispirazione creativa perpetua soltanto per Ye: anche il poliedrico regista trova conforto, pace e nuove idee in una precisa espressione legata a secolari tradizioni religiose, ossia la meditazione trascendentale. Come raccontò nel 2005 in un’intervista per Rolling Stone, Lynch si avvicinò a questa pratica nel lontano 1973, durante le riprese del suo primo lungometraggio “Eraserhead”. Nonostante fosse arrivato a un punto felice per la sua carriera, egli si sentiva perennemente insoddisfatto e incapace di trattenere disagio e rabbia, al punto di essere sull’orlo di un crollo nervoso.
Alla “follia” e alla dimensione spirituale va aggiunto un terzo elemento che accomuna le due personalità, ossia il genio innovativo e la capacità di rompere gli schemi: entrambi, infatti, sono due creativi profondamente ispirati che hanno rivoluzionato il settore a cui appartengono attraverso un approccio sperimentale e pionieristico che ha lasciato un segno indelebile e li ha fatti diventare delle figure cardine per le successive generazioni di registi e musicisti. Mandando in onda negli anni Novanta le prime due stagioni di “Twin Peaks”, ad esempio, David Lynch ha completamente cambiato il concept di serie televisiva; parallelamente, è riuscito anche a fornire una visione disturbante e inedita della coscienza umana attraverso pellicole come “Mulholland Drive”, o dei tranquilli quartieri residenziali americani con “Velluto Blu”, lavori disseminati di citazioni al mondo dello spettacolo o alla musica vintage dei decenni passati. Kanye West ha saputo invece ridisegnare in maniera personale i canoni del genere hip-hop introducendovi elementi di novità, quali il cantato intimistico in auto-tune, originali sequenze di assolo, basi destrutturate e industriali, campionamenti provenienti da ogni genere musicale immaginabile e un’attitudine nerd/fashion che lo contraddistingue sin dalle origini.
Non mancano infine sottili citazioni estetiche e parallelismi di carriera che sembrano adatti ad essere inseriti in questo discorso. Uno è la copertina della recente collaborazione tra Kanye e The Game, “Eazy”, che sembra fare riferimento al personaggio della scimmietta attorno a cui ruota “What Did Jack Do?”, il primo cortometraggio di Lynch uscito ufficialmente per Netflix.
Tra l’altro è significativo ricordare che Lynch, oltre ad essere regista e pittore, è anche un musicista: suona chitarra, sintetizzatore e percussioni, canta, e ha addirittura pubblicato quattro progetti discografici da solista! Come Mr. West sa essere molto di più di un rapper e producer, anche Lynch ha una sensibilità che lo porta ad abbracciare e fondere le più disparate forme di espressione artistica (l’attenzione verso il sonoro è uno dei tanti punti cardine della sua filmografia).
Arrivati a questo punto la domanda sorge ancora più spontanea: questi due personaggi si sono mai incontrati per una collaborazione? La risposta è sì, sebbene la storia non abbia avuto un “lieto fine”. Pochi sono i lavori musicali capaci di stupire davvero David Lynch, ma tra questi sembrerebbe rientrare proprio “YEEZUS” di Kanye West, disco che il regista ha elogiato pubblicamente apprezzandone l’impostazione minimal e allo stesso tempo profondamente innovativa e spiazzante. A colpirlo è stato in particolare il brano “Blood on the Leaves”, che egli stesso dichiara essere “una delle sue canzoni preferite in assoluto”. Tale ammirazione non è rimasta ignorata, e nel 2014 è stato Kanye stesso a presentarsi a casa di Lynch, incontrandolo di persona per la prima volta e proponendogli di collaborare alla realizzazione del videoclip della canzone. Ma qualcosa pare sia andato storto – forse i due “dèi della creatività” non sono riusciti a sintonizzarsi sulla stessa linea d’onda – e la seduta di “brainstorming” tra i due non ha prodotto alcuna idea che li entusiasmasse e soddisfacesse entrambi. Il regista stesso ricordò con dispiacere l’accaduto durante un’intervista al Daily Beast: “Non sono arrivato a proporre nessuna idea che ci entusiasmasse o che potesse piacergli. Sento di averlo un po’ deluso”. Ciononostante, continua a stimare molto il rapper di Chicago, ritenendolo una persona genuina e un musicista incredibile e percependo un’affinità di fondo tra i loro spiriti.
Nel 2019, a sorpresa, c’è stato un nuovo “collegamento” tra i due, questa volta proveniente da Kanye e legato al mondo fashion. Egli è stato infatti fotografato per le strade di Calabasas mentre indossava una maglia della collezione autunno/inverno 2019 di Raf Simons ritraente nientemeno che una scena tratta da “Velluto Blu”, uno dei cult della filmografia di Lynch uscito nel 1986. Che questo sia un omaggio o un segno diretto di stima reciproca da parte del rapper dopo il tentativo di collaborazione su “YEEZUS” appare ipotesi molto probabile.
Gli anni passano e mentre una grande parte di pubblico attende con curiosità l’uscita di un nuovo lungometraggio o serie tv del regista, qualcun altro potrebbe chiedersi se una collaborazione concreta con l’autore di “DONDA 2” sia finalmente nell’aria. Questi ultimi omaggi da parte di Kanye potrebbero essere indice di una nuova e imminente possibilità d’incontro tra i due? Forse sì: a volte i particolari più banali e fugaci possono spalancare un mondo intero, come questa ricerca sulle analogie tra due personaggi-icona della cultura moderna nata da due semplici case in fiamme quasi identiche intende dimostrare.