Il grande rumore generato da “The Last Dance” ha portato alla luce un altro racconto, ovvero l’esistenza di un documentario che racconta l’ultima stagione di Kobe Bryant nei Lakers.
Sarebbe stato lo stesso Kobe a volere le telecamere sempre al seguito durante l’ultimo atto della sua carriera. Sapeva che prima o poi qualcuno avrebbe raccontato di lui, chi poteva farlo meglio di lui stesso. D’altronde, lo stesso Kobe dopo il ritiro aveva intrapreso una nuova attività investendo in campo cinematografico, dimostrando una passione per la creazione di contenuti. L’oscar vinto per “Dear Basketball”, la sua lettera di addio alla pallacanestro, era solo il primo passo.
Infatti, Kobe seguiva tutte le fasi di produzione del documentario e approvava ogni singola inquadratura in fase di editing.
“Di fatto Kobe aveva approvato tutto, mancava solo da mettere a punto qualche dettaglio finale” racconta John Black, responsabile da oltre 27 anni della comunicazione dei Lakers.
La troupe che seguiva Kobe in tutti i momenti della sua quotidianità aveva accesso ad alcuni spazi che fino ad allora non erano stati concessi a nessuno, nemmeno ai loro partner Spectrum SportsNet per i loro pacchetti TV All-Access Lakers. Spazi non presenti all’interno dell’accordo ventennale tra l’emittente Spectrum SportsNet e la squadra dei Lakers. Un accordo da 4 miliardi di dollari.
Quella di Kobe non fu una stagione da record come quella dei Bulls 97-98.
I Lakers ottennero il record negativo di 17-65 e Kobe spesso si trovava fuori condizione per via di alcuni problemi muscolari. Il pubblico però ne era consapevole. La parte rivelante di quella stagione era l’ultimo giro di giostra di Kobe.
Bryant infatti non si fermò dal creare momenti iconici, come i 60 punti contro Utah Jazz nella sua ultima partita il 13 aprile e il suo toccante discorso conclusosi con “Mamba Out”. Momenti e numeri che hanno segnato una leggenda indimenticabile.