Daniel Arsham, uno dei più rilevanti e innovativi artisti contemporanei, nel corso degli ultimi anni si è fatto conoscere al vasto pubblico da un punto di vista prevalentemente professionale. Sono ormai estremamente note, infatti, le opere scultoree in cui i toni freddi delle pietre impiegate rivelano un substrato cristallino, delineando un’estetica che è presto diventata la firma stilistica dell’artista e che gli è valsa l’attribuzione dell’appellativo “archeologo del futuro”. Con un’esplorazione che va dai capolavori della classicità alle Porsche Carrera, Arsham ha dimostrato di essere tanto legato al passato, quanto un valido interprete del periodo che viviamo, dotato soprattutto di una forma mentis che lo ha portato ad uscire fuori dai confini dell’arte, avviando collaborazioni e sperimentazioni in settori trasversali quali la moda, il design e l’architettura. Proprio attraverso questi interessi accessori, Arsham sembra lasciarsi andare a una comunicazione personale e intima, che ci permette di conoscerlo più approfonditamente. Non è un caso che la sua casa di Long Island venga spesso ritratta nei post del suo feed Instagram. Si tratta di un gioiello in cui l’artista ha riversato completamente sé stesso, dal proprio background alla vita familiare, e un luogo dove architettura e design dialogano sotto la sua attenta supervisione, rivelandoci quanto il suo genio si manifesti anche nella sfera privata.
Vivendo e lavorando a New York, Arsham ha iniziato a sentir gravare sulle sue spalle il peso di una metropoli inarrestabile, essendo forzato a condurre uno stile di vita frenetico, in cui le settimane di lavoro diventano estremamente intense e a un certo punto anche controproducenti, con il possibile risultato di debilitare il preziosissimo istinto creativo che lo contraddistingue. È per queste ragioni che l’artista ha sentito la necessità di trovare un’abitazione lontana dalla frenetica vita urbana dove andare a vivere con la famiglia durante i weekend e la stagione estiva, così da prendere una sana boccata d’aria rigenerativa e rallentare i ritmi di una vita impegnata. Luogo più adatto non poteva che essere Long Island, a solo un’ora dalla Grande Mela e caratterizzata da un’atmosfera di serenità, con le sue numerose località che si affacciano sull’oceano. Dopo una lunga ricerca, l’artista ha trovato negli Hamptons una residenza adatta alle sue esigenze, ovvero una storica abitazione del XX secolo che necessitava di un discreto lavoro per riportarla al suo splendore originario. Questo non poteva che rivelarsi estremamente stimolante per Arsham, in quanto ha potuto metterci le mani a 360 gradi personalizzandola, sempre però con un occhio di riguardo volto a preservarne le qualità storiche e architettoniche, portando a termine una vera e propria ristrutturazione durata più di 9 mesi.
L’abitazione in questione appartiene a un progetto risalente al 1971 dell’architetto modernista Norman Jaffe che, divenuto celebre per le sue opere residenziali situate nell’isola newyorkese, ha dato un contributo tutt’altro che trascurabile al panorama architettonico americano della seconda metà del 1900. Jaffe, nel corso della sua carriera, stroncata in ultima battuta da una morte inaspettata e a tratti misteriosa, ha dimostrato uno spiccato interesse e una rara abilità nell’utilizzo di materiali naturali per la realizzazione dei suoi progetti, come possiamo vedere esternamente nella stessa casa di Arsham: il legno di cedro, sotto forma di assi disposte verticalmente, ricopre interamente la facciata, le pareti laterali, il terrazzo sopraelevato e la rampa che porta all’ingresso.
Una particolarità del profilo biografico dell’architetto è il periodo passato come soldato dell’esercito statunitense durante la Guerra di Corea in Giappone, paese che lo influenzerà notevolmente a livello stilistico e che si riverserà nelle sue architetture. La casa scelta da Arsham, infatti, presenta molti caratteri tipici giapponesi come il karesansui, ovvero il cortile di ghiaia rastrellata dove l’artista ha collocato alcune delle sue opere, il tatami e le porte scorrevoli shoji. Ciò risulta rilevante poiché Stephanie, la moglie dell’artista, essendo di origini giapponesi ha influenzato la scelta della casa in maniera decisiva, trovando nell’architettura di Jaffe un punto di convergenza culturale e di tradizioni.
Ora, però, è arrivato il momento di entrare all’interno dell’abitazione, per vedere quali scelte stilistiche sono state adottate da Arsham al fine di tramutare l’edificio in uno scrigno unicamente personale. Cominciamo dal primo ambiente che si incontra appena entrati, ovvero un open space su due livelli che individua la zona living e la cucina. Qui, oltre al protagonismo del legno, che caratterizza l’intera casa e crea continuità tra le varie stanze, troviamo una scelta eterogenea ma azzeccata di complementi d’arredo: un’edizione esclusiva dall’effetto cristallino della sedia Roly Poly, progettata da Faye Toogood e prodotta da Driade, abbinata a un divano custom-made e ad alcuni pezzi della serie “Objects for Living” ideati dallo stesso artista in occasione della mostra tenutasi alla galleria Friedman Benda di Miami del 2019, come la Cleveland Chair, l’India Lounge Chair e il lampadario da terra. La zona pranzo, invece, ci accoglie con un sapore più vintage grazie alle sedute di Afra e Tobia Scarpa e il lampadario Akari A15 del designer nippo-americano Isamu Noguchi. Il secondo focus della casa è sicuramente rivolto alla zona notte articolata nella camera da letto, caratterizzata dall’abbinamento di una chaise longue di Charlotte Perriand e di un’opera del pittore Alex Gardner, e nel bagno padronale. Quest’ultimo è un piccolo capolavoro di progettazione poiché Snarkitecture, lo studio co-fondato da Arsham nel 2007, vi ha curato ogni dettaglio, dalla retroilluminazione delle pareti alla vasca da bagno, dai mobili contenitori alla sedia che vi è inglobata. Infine, oltre ai pezzi menzionati, lo studio ha anche progettato lo specchio da parete che si trova nella camera da letto, prodotto da Gufram in tiratura limitatissima e sempre denotato dal segno stilistico dell’artista.
La totalità di questi elementi accuratamente scelti, insieme all’architettura che li custodisce, fa dell’abitazione di Arsham un’opera che potremmo collocare, senza alcun dubbio, al livello delle sue sculture. Dopotutto sono stati numerosi gli artisti che, nel corso della storia, hanno caratterizzato e personalizzato le proprie case o i propri appartamenti in maniera così unica e personale, da divenire un ulteriore mezzo di comunicazione della loro arte. Il fatto che questo fenomeno continui a verificarsi, ci suggerisce che l’ambiente domestico ricopra anche il ruolo di un contesto in cui, senza dover rendere conto a nessuno, ma unicamente a sé stessi, si possano esprimere a pieno le proprie intenzioni artistiche.