La fisicità è diventata una tendenza?

Siamo cresciuti con il pensiero costante che per poter essere felici nella vita dobbiamo prima di tutto riuscire a star bene con noi stessi. Uno dei compiti più ardui che dobbiamo portare a termine durante la nostra crescita è proprio quello che vede il raggiungimento della propria stabilità – che sia mentale, fisica o lavorativa – in un contesto fuorviante in cui a dominare è però l’incertezza. Alla ricerca continua di mezzi che possano esprimere il proprio io – liberi da ogni tipo di diktat e schemi prestabiliti – vediamo l’abbigliamento come una spinta all’autonomia e alla libertà in ogni sua forma. Le regole astratte del buon costume o del “cosa va di moda” sembrano essere scomparse: tutto e niente fanno tendenza in un quadro effimero che ci annebbia la vista per stagioni intere, giusto il tempo di lasciare spazio a quelli che saranno i microtrend successivi, che si riveleranno simili od opposti rispetto a quelli attuali.

Ed è proprio partendo da questo principio che si arriva alla realizzazione che a cambiare rapidamente e ad andare di moda non siano solo gli abiti, ma i corpi stessi che li indossano. Sembra che a vacillare non sia solo l’ideale di una moda rassicurante e stabile, ma il pensiero che abbiamo di noi e del nostro aspetto. Si fa così strada l’idea che promuovere un aspetto impersonale e privo di coscienza possa essere giusto e, appunto, di moda.

Se stai al passo con le tendenze e sei costretto a scontrarti con gli anni 2000 non devi necessariamente fare tuo lo stile di vita sregolato che ha caratterizzato le celebrità dell’epoca, così come non devi pensare che il tuo corpo si debba adattare a dei vestiti striminziti. Vuoi indossare un jeans a vita bassa? Puoi farlo solo se hai una particolare fisicità – o almeno, questa è l’idea che imperversa nella mente di tanti consumatori, spesso troppo giovani per riuscire a sopravvivere indenni a questa calamità. L’ideologia del corpo, soprattutto femminile, con il passare degli anni – anzi dei secoli – sembra essersi incessantemente plasmata rispetto a quelli che erano gli stili più in voga, ogni decennio ha visto l’evoluzione e la preponderanza di un certo tipo di corporatura e adesso, dopo l’impatto mediatico a favore della body positivity pare che il sistema si sia arrestato, o peggio, tornato al punto di partenza.

Paloma Elsesser sulla copertina di gennaio 2021 di Vogue US.

Tutti i buoni propositi volti all’accettazione di sé e all’autodeterminazione sono svaniti – il thig gap (modo di dire con cui si indica lo spazio tra le cosce) è di nuovo l’imperativo. Tra magrezza estrema, sguardo spento e atteggiamenti vamp, a tornare alla ribalta è l’heroin chic, tendenza fisico-estetica che durante gli anni ’90 e 2000 ha dato vita agli esempi più deleteri da cui le adolescenti potessero prendere spunto. Se le Millenials dell’epoca sono riuscite – più o meno bene – a superare quel periodo fatto di autocommiserazione e pressioni sociali che inneggiavano a una perfezione tossica, pensare che le generazioni più piccole possano nuovamente vivere tutto questo con noncuranza, è spaventoso.

Il New York Post ha recentemente sentenziato: “Bye-bye booty: Heroin chic is back”, questa estetica è tornata e non c’è più spazio per altre fisicità, soprattutto se parliamo di plus size. Ad acclarare questa tesi sono proprio i corpi sempre più magri delle modelle che abbiamo avuto modo di vedere durante le ultime Fashion Week – in rappresentanza di un sistema moda che, dopo essersi eletto paladino della diversità, ha stracciato in pochi minuti tutte le promesse fatte a furor di popolo per il solo scopo di ottenere attenzione.

Se fino a poco fa ad avere la meglio erano corpi plasticosi e rimodellati da Brazilian Booty Lift, oggi si va verso una magrezza esagerata, spesso pericolosa. Gli stessi corpi che nel corso degli anni non hanno respirato pur di entrare nei corsetti nel 16° secolo, fatto la fame nell’era dell’heroin chic e rischiato la vita sui tavoli operatori pur di raggiungere le curve desiderate. Questo cambio di rotta è lampante: anche le Kardashian sembrano essersi allontanate dall’ideale di fisico che rappresentava il loro tratto distintivo, prediligendo linee più snelle e toniche. La stessa Kim ha fieramente raccontato di aver perso 7 kg in tre settimane per riuscire a entrare nel famoso abito di Marilyn Monroe per il Met Gala. La cultura ossessiva volta alla magrezza si sta lentamente infiltrando nei nostri feed di Instagram facendoci realizzare che adesso ad andare di moda, sono più i corpi che gli abiti.

È innegabile infatti l’influenza nociva che possono avere i social in questo contesto: costantemente obbligati a vedere le silhouette perfette delle top model, tra abiti sempre più stretti e continue foto del loro cibo spazzatura. Pare logico domandarsi: cosa devo fare per essere così? Ed è un attimo a innescare un circolo vizioso senza fine. Perché nonostante le celebrità si professino continuamente persone normali, esattamente come noi, manterranno sempre quell’aura di inarrivabilità a cui molte, troppe persone, aspirano.

Nei primi anni ’90, l’industria della moda era dominata da Kate Moss e Jaime King, modelle pallide e dai capelli arruffati che respingevano l’eccesso patinato dell’edonismo del decennio precedente. Il termine “heroin chic” è salito alla ribalta sia come riferimento metaforico che letterale rispetto alla popolarità dell’eroina nell’industria della moda. La top model Gia Carangi viene riconosciuta come l’ispirazione dietro a questa precisa estetica: famosa per la sua figura magra e l’aspetto androgino, l’amore per i club e per le feste, ma anche per la cocaina. Col tempo questo ha portato all’uso di eroina, che ha influenzato negativamente la sua carriera fino ad arrivare a un punto in cui i segni sulle braccia erano visibili nei servizi fotografici. E sebbene questo le abbia causato una morte prematura del 1986 a soli 26 anni, il suo stile è rimasto il preferito di tanti artisti che hanno perpetuato la tendenza, portandone avanti gli aspetti più sbagliati.

Con l’aumento del numero di decessi di celebrità dovuto all’abuso di droghe o a complicazioni correlate, l’heroin chic ha iniziato a svanire sullo sfondo della disperazione. Un fattore che ha contribuito al declino è stata la morte di Davide Sorrenti nel 1997, famoso fotografo di moda che in quegli anni con i suoi lavori ha documentato l’estetica e reso glamour la dipendenza trasformandola in uno stile talmente riconosciuto da scatenare il dissenso dell’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton.

The Face, 1993.

Poco dopo, l’industria della moda si è unita per condannare questo look sregolato e per non rendere vane le numerose perdite ed è così che modelle come Gisele Bündchen e gli angeli di Victoria’s Secret, con i loro copri abbronzati e atletici, iniziano a salire alla ribalta. Nonostante questo, la gracilità è rimasto un ideale mainstream per quasi altri due decenni, sopravvivendo attraverso l’estetica Y2K o Indie Sleaze, per poi sconfinare nell’era Tumblr promuovendo messaggi malsani e autolesionisti. Gli standard sono cambiati notevolmente solo quando le curve “alla Kardashian” sono diventate ricercate e la body positivity ha guadagnato slancio diventando uno status symbol. Tuttavia, ora, mentre assistiamo al ciclo di tendenze che si fa strada attraverso la cultura degli anni ’90 e dei primi anni ’00 – con jeans a vita bassa, borse sotto gli occhi e sigarette che tornano a essere di moda – stiamo rischiando di tornare agli stessi standard che hanno già avuto un impatto tossico su un’intera generazione.

Nel corso del 20° e 21° secolo, il contrasto dell’idea della perfetta forma fisica femminile tra i diversi decenni la dice lunga sugli atteggiamenti pubblici dell’epoca – gli standard di bellezza, fondamentalmente, dipendevano dalla presenza o meno di curve. Se ripensiamo all’antica Grecia, Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza, veniva spesso raffigurata dagli artisti come formosa e voluttuosa fino al 17° e 18° secolo, ma successivamente, tra corsetti claustrofobici, fisicità più snelle comuni alle flappers, maggiorate a Marilyn Monroe e Sophia Loren negli anni ’50 e subito dopo androgine come Twiggy nei ’60, i messaggi dei media e le pressioni sociali per aderire a un corpo ideale non sono cessate. Le campagne basate sull’inclusività hanno amplificato la narrativa secondo cui ogni corpo è bello – una conclusione a cui saremmo già dovuti arrivare molto tempo fa – mentre nell’atto pratico l’accettazione del corpo si sta avvicinando al cliché.

Pensare che a settembre Variety abbia pubblicato un articolo intitolato “Hollywood’s Secret New Weight Loss Drug, Revealed” parlando dell’improvvisa e drammatica ascesa di Ozempic, un farmaco prescritto per il diabete di tipo 2 che può anche portare anche a una significativa perdita di peso – e il fatto che questo sia diventato virale su TikTok – dovrebbe farci riflettere.

In definitiva, arriverà forse il giorno in cui capiremo che le forme e le dimensioni del corpo non dovrebbero mai essere di tendenza e che aspirare ad apparire in un determinato modo per ottenere consenso dalla società, piuttosto che per stare bene con noi stessi, rappresenterà solo una felicità fittizia e passeggera. L’unica cosa su cui possiamo contare in sicurezza siamo noi stessi, il corpo che abitiamo, e quello che conta davvero è prendercene cura – perché non possiamo permettere di venire consumati nel tentativo di emulare qualcosa che non siamo.