Qualche settimana fa ha visto la luce “Il Ragazzo D’Oro – 10 Anni Dopo”, riedizione dello storico, primo disco da solista di Guè Pequeno. Tra qualche giorno uscirà “Fastlife 4”, nuovo capitolo della leggendaria saga di mixtape realizzata in collaborazione con Dj Harsh. Alle spalle una carriera che ha tutti i tratti di un’epopea, prima con i Club Dogo e poi da solista. Davanti, la certezza che il suo status di leggenda del rap italiano sia intoccabile, e che il suo percorso sia un riferimento non solo per i più giovani, ma anche per i colleghi coetanei. Quello di Guè Pequeno è un percorso difficile anche solo da descrivere, perché è complicato trovare parole in grado di rendere giustizia al suo impatto complessivo sul rap italiano. Ci proviamo, per step, analizzando diversi aspetti.
Ciò che colpisce, in primis, è la costanza. Guè Pequeno ha all’attivo un catalogo discografico smisurato, prima con i Club Dogo e poi da solista, senza neanche considerare le svariate collaborazioni in progetti altrui. Sette lavori con il gruppo, sette album solisti, due EP, sette mixtape, dal 2003 ad oggi. Un ritmo che gli ha permesso di realizzare più di un progetto l’anno, con un approccio al lavoro stakanovista. Guè Pequeno respira e mangia rap, non riesce a non farlo. La sua matrice stilistica è mutata negli anni, dagli esordi ad oggi, ma non la sua costante ricerca della perfezione lirica e tecnica. Ha sempre guardato all’estero, i suoi riferimenti sono i top player internazionali, europei e statunitensi. Spesso ha anticipato le tendenze, altre volte ha ignorato i trend, andando dritto per la sua strada. Ha collezionato dischi d’oro e di platino, ne ha fatto incetta, rimanendo sempre manager di sé stesso, senza fare compromessi, ma scelte oculate. È stato un rapper duro e puro, ha sperimentato con le sonorità della trap – qualcuno ha detto “Scooteroni”? -, con le venature urban pop – qualcuno ha detto “2%”? -, con il pop internazionale – qualcuno ha detto “Interstellar”? -, con le canzoni d’amore intime – qualcuno ha detto “Brivido”? -, e un’altra infinità di sfaccettature, rimanendo però sempre sé stesso.
Negli anni ha sempre sostenuto e supportato i giovani emergenti, non facendosi particolari problemi con i numeri, ma cercando solo il talento. L’ultimo esempio è il coinvolgimento di Vettosi, giovanissimo rapper partenopeo, in una traccia di “Fastlife 4”. In “Marvin Vettori – The Italian Dream”, condivide la traccia con Villabanks e Greg Willen. È l’unico featuring presente nella repack di “Trapshit” degli FSK. Nella saga di Fastlife sono comparse strofe di nomi ai tempi emergenti, oggi superstar del genere, nomi con un percorso caratterizzato da grandi successi, quali Gemitaiz, Fedez, Entics, Ernia, Ghali, Salmo, ma anche alfieri dell’underground come Ganji Killah. Il talento è sempre stato la discriminante che orientava le sue scelte, il sigillo di approvazione di Guè Pequeno rappresenta la consacrazione, la trasformazione da scommessa a certezza del rap italiano. Cosimo Fini non concede le sue strofe a chiunque, ma non ha paura di investire su chi secondo lui ha le carte in regola per farcela. Ed è raro, davvero raro che si sbagli, così come è raro che sbagli quando si affida a collaborazioni per dar via ad episodi unici e sperimentali. Aver coinvolto Caneda in “Il Ragazzo D’Oro” si è rivelata una mossa vincente proprio perché ha lasciato libera la vena visionaria di quest’ultimo, dando vita ad una strofa che è un cult senza tempo. Alborosie in “Dem Fake” ed El Micha in “Milionario” hanno reso credibili sperimentazioni su sonorità al tempo nuove per lui, poiché Guè non si è snaturato e loro hanno portato i rispettivi stili con coerenza.
Anche dal punto di vista delle produzioni ha saputo muoversi con grande lungimiranza. Se Don Joe ha plasmato il suono dei Club Dogo, è stata l’intesa con i 2nd Roof a plasmare quella di Guè Pequeno solista. La totale fiducia nei confronti del duo gli ha permesso di costruire un percorso che avesse come riferimento il suono dell’America, non quello delle controparti italiane. Negli anni ha sempre coinvolto nuovi producer nei suoi progetti, da leggende come Crookers a nomi allora giovani, come Dj 2P, andando così ad arricchire il sentiero principale tracciato dai 2nd Roof. L’attitudine da club de “Il Ragazzo d’Oro” ai tempi è stata rivoluzionaria, così come lo è stata la sofisticata ricercatezza di “Vero”, probabilmente il suo miglior disco, o l’elaborato mosaico di “Mr. Fini”, o ancora “Sinatra”, una perfetta istantanea – nel bene e nel male – di ciò che era il rap italiano nel 2018. Fotografia del momento storico e stilistico o classici senza tempo, sono queste le due direttive che possono guidare il lavoro di Guè Pequeno.
Sui social network Guè Pequeno ha sempre messo in mostra ciò che ha sempre raccontato nelle canzoni. Ha utilizzato queste piattaforme con ovvie funzioni promozionali e di marketing, ma anche senza troppe preoccupazioni e senza filtri. Il modo in cui risponde a chiunque provi a criticarlo per partito preso strappa sempre una risata, così come fanno sorridere – in senso positivo – caption e descrizioni che trasudano arroganza e self-confidence. Guè è un rapper, è pieno di sé ed è convinto di essere il migliore, ed è giusto così, altrimenti non potrebbe fare la musica che fa. Altrimenti non sarebbe neanche sopravvissuto allo scandalo che l’ha investito quando le sue immagini intime finirono per caso nelle sue storie. Qualunque altro rapper non avrebbe retto il peso della situazione, lui se ne è fregato, l’ha messa sul ridere, e ha vinto anche in quel caso. La sua attitudine è inscalfibile.
Prima che chiunque si rendesse conto del tipo di fonte di introiti che potesse essere, aveva già investito nello streetwear, dando vita nel 2013 a Z€N. La sua personalità tracotante è finita immediatamente per essere protagonista delle eccentriche collezioni del brand, onnipresente nei suoi video, che in poco tempo è diventato uno status symbol per tanti ragazzi in giro per l’Italia. Si comprava e si indossava Z€N per somigliare a Guè Pequeno. Era diventato l’incarnazione dell’italian dream per l’ascoltatore del rap italiano. Donne, fama, successo, il tutto partendo dal proprio talento: la sua vita era il traguardo a cui tanti ambivano. Sfera Ebbasta, probabilmente il rapper italiano più di successo di sempre, ha sempre dichiarato quanto Guè fosse il suo riferimento principale crescendo. Non è un caso.
Oggi firma il brano con cui Marvin Vettori sale sul ring, mentre Andrea Iannone compare nel trailer di “Fastlife 4”. Guè Pequeno ha sempre visto del potenziale di entertainment anche nel mondo dello sport, e ci ha visto lungo, ora che tutti iniziano a ragionare su come provare a sfruttare il trend. Sembra una scena già vista, vero? Se è vero che non esiste una formula certa per il successo, è altrettanto vero che seguendo le sue orme si potrebbe ricreare una masterclass su come farcela puntando solo su sé stessi e sul proprio talento. Ovviamente sarebbe impossibile raggiungere i suoi stessi traguardi, perché lo stile originale è uno solo, ed è quello che si muove in direzioni e su sentieri mai battuti da altri. Guè Pequeno non è figlio del rap italiano, ha plasmato il rap italiano.