La realtà sonora di Oppenheimer

Il New Mexico è una delle aree geologicamente più attive dei cinquanta stati membri che compongono gli Stati Uniti D’America. “Sulla superficie, i vulcani riposano mentre i fiumi scolpiscono la terra, le catene montuose sono spinte verso il cielo e i venti ululanti erodono e depositano la sabbia sul terreno”. La sua sacralità naturalistica spinge costantemente l’uomo ad interrogarsi sulla sua origine, sulla sua conformazione ancestrale, il luogo del tutto da cui nasce la conoscenza. Il suono che emana quella terra ha spinto numerosi studiosi ad analizzare il ronzio perenne da cui vengono investiti coloro che lo abitano e che visitano i suoi spazi, affidando a numerose interpretazioni la natura di questo fenomeno acustico: “All’improvviso ho sentito di essere parte della terra, così ho sentito il sole sulla mia superficie e la pioggia. Sentivo le stelle e la crescita della Luna; sotto di me scorrevano i fiumi…”.

Così come i miti rincorrono perennemente una terra natia, come utopia della loro vita stessa, in cui si compia la propria formazione e vengano espiate tutte le colpe, anche Christopher Nolan introduce la figura di Oppenheimer attraverso il mito di Prometeo, attribuendo al New Mexico il luogo in cui il fuoco verrà donato al mondo, ma non come simbolo di scoperta bensì come elemento di distruzione. Una nuova visione che porterà al conseguente annientamento dell’individuo stesso. Può un singolo uomo salvare il mondo attraverso la scienza ed esserne conseguentemente il suo distruttore?

L’opera che si suddivide in tre atti, numero che più volte ritroveremo all’interno del film, così come la sinfonia composta da Ludwig Göransson, si interroga perennemente su questo quesito. Fino a dove può spingersi la mente umana a discapito di tutto? Sin dalle prime sequenze in cui vediamo il susseguirsi delle fasi di ideazione e costruzione della bomba atomica e le conseguenze umane e personali che verranno protratte da tale scoperta e scelta, il Dott. Oppenheimer sembra investito perennemente da visioni quantistiche, da immagini dell’atomo in movimento. Nel suo processo di formazione che lo porta dapprima a Cambridge sotto gli insegnamenti di Patrick Blackett e infine al conseguimento del Dottorato in Fisica presso l’Università di Gottinga, la sua mente sembra pedissequamente investita dal richiamo primordiale della “sua” terra. Ogni elemento che osserva dalla sua stanza di Cambridge lo riporta al New Mexico, in quello spazio inesplorato dove il suono è l’unico elemento che ci collega alla sacralità dell’uomo in contrasto con la scienza.

In una conversazione con il fisico danese Niels Bohr, lui stesso gli comunicherà che la fisica dovrebbe essere intesa come una rivoluzione musicale, una suddivisione sonora in particelle che ne dimostri il processo evolutivo, ed è proprio in New Mexico che compirà la sua più grande composizione, il luogo prediletto dove anima e scienza si uniscono. Il progetto Trinity (Dio, uno e trino), per sancire la fine del mondo. Il distruttore di mondi. (Can You Hear the Music?)

Come ha detto lo stesso Nolan al New York Times: “L’ha fatto accadere proprio lì. Quindi il modo in cui l’energia atomica si è scatenata nel mondo era certamente molto personale per Oppenheimer. E questo ha rappresentato per lui un grande dramma in quanto si applica alle sue relazioni più indissolubili”. 

Nel racconto del regista britannico, più che la nascita in sé della bomba atomica, sono le conseguenze di essa che imperversano sulla psiche di Oppenheimer e la colonna sonora, che ricopre quasi l’80% del film, ne cadenza i momenti, le riflessioni, le paure, la distruzione. La musica si fa espressione del risultato orrorifico che questa scoperta sancirà per l’umanità.

Le prime visioni giovanili di Oppenheimer mostrano un mondo ancora sconosciuto in cui il tutto è prettamente sensoriale. Le immagini sconcertanti degli atomi rotanti hanno spinto quaranta violini in una frenesia mozzafiato. Gli estremi cambiamenti dinamici della musica, che si muovono nelle profondità di un viaggio intimamente personale sull’orlo della distruzione totale, sono drastici, disorientanti e stridenti. Le note sono l’estensione del mondo quantico.

Come ha raccontato il giornalista Bilge Ebiri su Vulture, durante tutto il film ci vengono fornite dettagliatamente alcune suggestioni delle visioni di Oppenheimer del mondo subatomico, della realtà quantistica che i suoi studi hanno aperto. Per trasmettere questo, Nolan taglia immagini di onde, scintille, particelle, increspature dell’acqua, scosse di fuoco e raggi di luce. Questi frammenti sono stati fondamentali per Nolan in quanto diventano effettivamente una delle linee psicologiche del film. All’inizio, Oppenheimer era turbato dalle visioni di un universo nascosto, ed è solo quando Bohr gli consiglia di uscire nel mondo ed espandere i suoi orizzonti che inizia a essere in grado di controllare le sue visioni. Subito dopo la conversazione con Bohr, vediamo un glorioso montaggio di Oppenheimer che osserva l’arte cubista, ascolta musica d’avanguardia, legge poesie moderniste mentre lancia tazze di vetro contro un muro per studiare la rottura dei cristalli. Lo vediamo anche guardare piccoli fuochi e nuvole, immagini che torneranno in gioco nel finale. 

La musica composta da Göransson, così come il sound design di Richard King, si rifà perfettamente a queste sue visioni sfruttando la forma organica degli elementi così come l’ignoto a noi sconosciuto del mondo subatomico. Non è un caso che la connessione tra musica composta e rumori, archetipo delle conseguenze morali di Oppenheimer, si rifacciano perfettamente alle nuove modalità di composizione che vennero istituite durante la prima edizione della scuola di Darmstadt, che si tenne quasi in concomitanza con la formazione del progetto Trinity nel 1945.

Fondere l’organicità di una sezione di archi, che lo stesso compositore svedese definisce come la rappresentazione dell’intelletto di Oppenheimer e della passione che nutre verso la ricerca della conoscenza, con il concretizzarsi di un nuovo mondo ambientale, sono la perfetta raffigurazione di ciò che alcuni compositori come Nono, Maderna, Stockhausen e Boulez, definirono nel loro percorso evolutivo nello studio della musica elettroacustica, proprio in concomitanza con la definizione della bomba atomica, ma Göransson si spinge sino alla radice di ciò che il film vuole effettivamente narrare.

Utilizzando la tecnica della sintesi granulare, definita anche decomposizione atomica, genera migliaia di minuscoli eventi sonori, noti come grani, particelle di suono che si intersecano l’un l’altra, generando nuovi suoni, timbri o trame sonore. La sintesi granulare è unica perché collassa i domini del tempo e della frequenza all’interno del concetto di grano. Questo crollo del dominio consente di sfruttare i limiti della percezione sonora. Fissare un suono nello spazio ignoto, mediante un processo ciclico continuo.

Quello che udiamo sono esplosioni senza suono, il compiersi della conoscenza, il senso di colpa che distrugge l’animo umano. Il ronzio squarcia la tela delle conseguenze che tale scoperta ha causato irradiando la stanza di Los Alamos, in cui Oppenheimer tiene un discorso per la folla esultante. Le urla, dapprima di eccitazione per il risultato raggiunto, si trasformano in un grido lacerante, la stanza trema, le bombe cadono su Hiroshima e Nagasaki dilaniando il mondo. La musica, così come il sound design, entrano volutamente in ritardo rispetto a ciò che accade in scena proprio perché Nolan, come raccontato a Vulture, vuole costantemente mettere in risalto le conseguenze di tali azioni. Gioia e distruzione, la conseguenza dell’uomo sulla fine del mondo.

In un bellissimo articolo redatto da Viktoriia Grivina, Dottoranda in Modern Languages e Social Anthropology presso la University of St Andrews, pubblicato su The Conversation, viene raccontata in prima persona l’esperienza di visionare un film come Oppenheimer in Ucraina e il sentimento dell’olocausto nucleare nuovamente presente nella generazione odierna: “Mentre la vita quotidiana nello Stato in tempo di guerra oscilla costantemente tra la sensazione di una farsa e una tragedia greca, Oppenheimer sottolinea il reale livello della minaccia – qualcosa che spesso sento che l’Europa occidentale e il resto del mondo non comprendono appieno. L’avvertimento modella la struttura sinfonica del film che è, forse, la più matura delle opere di Nolan”.

“Le immagini finali di Nolan servono come avvertimento, ma sono anche un’ultima occhiata a questo personaggio, rivelando che almeno nella sua mente ha distrutto il mondo. Dove una volta vedeva le sorprendenti connessioni che si trovano al centro di tutta la materia e persino delle relazioni umane, ora vede solo orrore e fuoco, dal potere distruttivo che giace sotto la forma di tutte le cose”.