Tra i moltissimi indicatori della gigantesca caratura di Geolier nel panorama musicale attuale c’è anche l’allestimento che ha scelto per i suoi concerti: per il tour estivo – che dopo la data zero di Messina è cominciato ufficialmente ieri sera a Napoli, con tre stadi Diego Armando Maradona sold-out da tempo – ha scelto di affidarsi a Ombra Design, uno degli studi creativi più quotati del momento, di base a Londra ma dal cuore italianissimo. Sul piano internazionale hanno lavorato con chiunque: da DJ Snake a Martin Garrix, dai Killers a Janet Jackson. In Italia sono molto famosi per aver curato il Marrageddon e per il lavoro fatto (insieme a La Tarma e Gio Forma) con Angelina Mango durante la finale dell’Eurovision Song Contest. Per Geolier hanno pensato a un allestimento monstre, per così dire: una pedana che lo issa fino a 9 metri d’altezza, 499 fari di cui 166 strobo, 524 metri quadri di ledwall alti 16 metri, un palco largo 55 metri, effetti visivi, scenografici e pirotecnici spettacolari.
L’anima di Ombra sono il creative director e show director Lorenzo De Pascalis (33 anni) e la project manager ed executive producer Giulia De Paoli (30 anni). «Siamo uno studio creativo che si occupa di concerti: disegniamo i palchi, ci occupiamo dei visual, programmiamo le luci, le esplosioni e gli effetti speciali» spiega Lorenzo, in uno dei rari momenti di pausa al Maradona: il loro team ha piantato le tende lì a fine maggio per controllare che ogni dettaglio fosse perfettamente in ordine per il calcio d’inizio. Il loro, in effetti, è un lavoro che è fatto soprattutto di tanta esperienza sul campo: hanno iniziato a farlo quasi per caso, racconta Lorenzo. «Quando ero giovane suonavo la batteria e avevo iniziato a organizzare piccoli concerti, finché un giorno, su suggerimento di un amico, non ho provato a occuparmi anche dei visual. Mi è piaciuto tantissimo e mi sono buttato a capofitto nel 3D e nell’animazione: è andata molto bene, tanto che un anno e mezzo dopo avevo già commissioni da artisti internazionali abbastanza grossi, da Tinie Tempah a Steve Aoki». Giulia, invece, proviene da un percorso ancora più trasversale. «Ho lasciato l’Italia a 18 anni per andare in America e studiare giornalismo, ma avendo una grande passione per la musica ho sempre saputo che quella sarebbe stata la mia strada» ricorda. «A un certo punto sono finita a lavorare da Yeezy, e con Kanye West ho capito davvero cos’era uno show. Mi ha aperto un mondo». Lavorare con Kanye, come è noto, non è una passeggiata: è molto esigente, per usare un eufemismo. «All’interno del suo team c’è un detto: nessuno resiste per più di un anno e mezzo. Io sono durata un annetto!» ride. «Ma mi ha aiutato tantissimo: mi ha soprattutto insegnato a pensare fuori dagli schemi». Dopo l’esperienza di Yeezy si trasferisce a Londra, dove conosce Lorenzo, che si trova lì per lavorare con Martin Garrix, che ha seguito in tour per quasi otto anni.
La scelta di fare base a Londra è dettata da esigenze logistiche (le aziende che producono i software e i device tecnologici con cui lavorano fanno base tutte qui), artistiche (con festival e concerti a ogni angolo, è facile trovare ispirazione e nuova linfa), ma anche di crescita. «Per me lasciare l’Italia è stato necessario» dice Giulia. «Dodici anni fa, quando me ne sono andata, è stato il giorno più difficile della mia vita ma anche il più fortunato. Non perché non mi piaccia il mio paese, anzi, ne sono innamorata, ma una volta che parti verso l’avventura sei obbligato a mettere in discussione tutto ciò che sai. Anche per approcciare un artista come Geolier, che viene da un mondo completamente diverso dal nostro, bisogna mettersi in discussione». Il lavoro che hanno fatto per i suoi concerti nasce da una stretta collaborazione con l’artista: «Tra tutte le proposte che abbiamo fatto siamo giunti all’idea di una scatola, un luogo che lo racchiudesse» spiega Lorenzo. «Volevamo rappresentare quasi una cameretta, il luogo metaforico da cui un artista che parte con sogni più grandi di lui, ma anche le difficoltà che ti limitano se arrivi da un luogo difficile come Secondigliano. I visual riflettono le sue canzoni e il suo immaginario, che ci tenevamo a conoscere di persona: siamo venuti qui a gennaio per calarci meglio nel suo mondo».
Al momento ci sono 14 persone del team di Ombra che lavorano a tempo pieno al progetto Geolier, anche se in generale la produzione del suo concerto ne impiega più di 100. Un vero e proprio mega-concerto, di quelli che solo adesso cominciano a vedersi in Italia e che spesso scatenano anche qualche perplessità in alcuni. «È un tema che ha troppe facce per generalizzare» commenta Lorenzo, «ma Geolier è un ottimo esempio del perché siano necessari questi eventi: la richiesta dei biglietti per questo show è molto più alta della disponibilità. La città ne aveva bisogno per stringersi attorno al suo idolo, era giusto che fosse una manifestazione di queste dimensioni. Napoli se la merita». E poi c’è anche un tema di economie che girano, e devono girare. «Fa del bene a tutti se 50.000 persone si spostano per vedere uno spettacolo: pensa ad alberghi, treni, aerei, taxi, ristoranti. Più che impedire i concerti, bisognerebbe impegnarsi per risolvere i problemi di viabilità» aggiunge. «Dove abitiamo noi, in Inghilterra, c’è un buon equilibrio tra eventi piccoli, grandi, medio-grandi ed enormi. In Italia è ancora un po’ diverso perché i numeri del mercato sono diversi. Forse bisognerebbe lavorare anche su questo» conclude Giulia.
Oltre alla soddisfazione professionale, Giulia e Lorenzo considerano il lavoro fatto sul tour di Geolier soprattutto come un’esperienza umana. Sono le piccole cose che ricorderanno di più. Malanni compresi: «Il mio lavoro principale durante l’allestimento è parlare alla radio per assicurarmi che tutti sappiano dove devono essere. Anche per una questione di sicurezza, perché magari spariamo fiamme libere e fuochi d’artificio» racconta Lorenzo. «Ecco, ho parlato così tanto che mi è venuto il peggior mal di gola di sempre e non potevo più dire niente. Il dottore mi ha ordinato di stare zitto per una settimana, era proprio il momento ideale!» esclama. «Tra l’altro, quando l’ho accompagnato a fare una visita, il medico era al settimo piano e l’ascensore funzionava solo a monetine: se non ne inserivi una nell’apposita macchinetta, non potevi prendere l’ascensore!» ride Giulia. «Adoro i napoletani, sono dei geni del male. Ogni giorno che passo qui scopro qualcosa di nuovo che porterò con me per sempre». Terminata la parentesi partenopea, torneranno a Londra per ricominciare a lavorare su altri progetti italianissimi: per il 2025 sono già in cantiere i tour estivi dei Pinguini Tattici Nucleari e di Marracash, artisti con cui collaborano già da tempo. «Con ogni artista si fa un lavoro di tipo diverso» dice Lorenzo. «I Pinguini preparano tutto con grande anticipo, ad esempio, e fanno le cose con grande metodicità. Marra, invece, è un artista più istintivo: vuole essere libero di cambiare le cose e rimettersi in discussione fino all’ultimo momento». Difficile, quindi, avere anticipazioni su cosa potremo vedere ai loro concerti, perché finché le luci non si spengono e i riflettori si accendono, è tutto un costante work in progress. Ma siamo sicuri che sarà qualcosa di spettacolare, come ci hanno sempre abituati.