L’affascinante inutilità della Lava Lamp

Non sarebbe strano passare ore e ore con gli occhi puntati su una Lava Lamp, a fissarne il lento saliscendi di bolle luminose, irrimediabilmente catturati dal perpetuo mutamento di forme e sfumature cromatiche che avvengono all’interno di quell’affascinante capsula futuristica. Una lampada da tavolo il cui potere ipnotico non solo ha resistito nel tempo arrivando fino ad oggi, ma è stato anche il motivo di un successo inaspettato per un oggetto che, a dire il vero, non possiede alcuna pratica utilità.

Nata nel 1963 per intuizione dell’imprenditore inglese Edward Craven Walker, infatti, la celebre lampada debutta come oggetto da esposizione sotto il nome di Astro Lamp. Complici l’estetica Space Age della scocca affusolata a forma di razzo e il colorato contenuto animato che sembra provenire da un pianeta alieno, il prodotto non tarda ad attirare l’attenzione del pubblico arrivando, nel giro di qualche anno dalla sua uscita, a superare i 7 milioni di unità vendute.

Unica nel suo look, la Lava Lamp si distingue anche per il proprio principio di funzionamento siccome, a differenza di qualsiasi altra lampada in commercio, non tenta di disperdere il calore generato dalla fonte luminosa, ma ne sfrutta l’energia per attivare i moti convettivi dei fluidi che contiene: acqua e cera. Quest’ultima, infatti, differendo rispetto all’acqua per densità e coefficiente di dilatazione termica, tende a salire quando riscaldata e a ridiscendere una volta raffreddatasi.

Ciò che più stupisce del prodotto di Craven Walker, tuttavia, è quanto successo sia riuscito ad ottenere a fronte dell’assenza di una concreta funzione. La Lava Lamp è una lampada che non illumina, è vero, ma è un oggetto che possiede un forte ruolo nell’immaginario di cui si fa portatore. Ovunque sia posizionata la Lava Lamp ha la capacità di generare un mood unico e riconoscibile e di evocare un immagine che ha trovato fortuna sia nella cultura hippie sia nell’estetica psichedelica.