C’è stato un periodo, più o meno a cavallo tra 2013 e 2015, in cui le sneakers hanno avuto un boom impressionante, un’esplosione di notorietà che ha portato questo prodotto a non raggiungere la solita nicchia di appassionati ma un pubblico molto più generalista e, per forza di cose, con punti di interesse differenti.
Questa dinamica portò i brand a realizzare sempre più modelli, più colorazioni e collaborazioni, ovvero sempre più uscite. Ricordando l’epoca, ben ci si ricorda come storcere il naso verso queste uscite fosse origine di insulti. Perché infatti criticare il proliferare di una passione comune da sempre rimasta solo un passatempo per pochi? Perché prendersela se qualcosa di così amato poteva raggiungere finalmente un pubblico generalista?
Ecco, allo stesso modo si può dire che lo stesso percorso lo stanno facendo le maglie da calcio. Se in un caso il raggiungimento della fama nazionalpopolare fu aiutata da un certo tipo di artisti (Kanye West e Travis Scott su tutti), allo stesso modo anche le maglie da calcio, sospinte in primis da TikTok, hanno raggiunto tutti, non solo i tifosi.
Se da un lato ora possiamo trovare più facilmente le maglie da calcio su figure, famose o meno, che mai ci saremmo aspettati, la crescita di fama ha portato anche al proliferare di alcune dinamiche già viste nelle sneakers. Parliamo dell’aumento dei prezzi su secondo mercato: comprare infatti una maglia vintage è sempre più complesso, con prezzi sempre più alti per i modelli più celebri e amati. Ma anche la consistente crescita nella produzione: non è raro ormai vedere anche la “quarta maglia” tra i kit dei club, oltre ad ulteriori design, specie legati a collaborazioni, dedicati solo al mondo lifestyle, lontano dai campi da gioco.
Una domanda sorge spontanea: questa dinamica è un vantaggio, in quanto fornisce un prodotto più variegato e facile da acquistare, o finisce per portare a una produzione confusionaria del prodotto in questione, portando a un fisiologico abbassamento della qualità?