Le sneakers-mocassino ci piacciono davvero?

La sneakers-culture non è più quella di una volta. E non tanto per la scarpa di Donald Trump, come dice Shawn Stussy, ma perché le troppe release, così come le silhouette proposte e riproposte fino alla sfinimento, hanno reso il mercato fin troppo saturo.

A causa del periodo d’oro in cui qualsiasi scarpa andava sold out quasi immediatamente, ogni aspetto di questo settore è stato spremuto fino all’ultima goccia, sortendo l’effetto contrario rispetto a quello sperato e perdendo l’attenzione del pubblico. Così, un po’ per provare qualcosa di diverso e un po’ per inseguire i trend del momento, le sneakers sono state sostituite dai mocassini, che hanno cominciato a infiltrarsi nelle scarpiere di molti, ma, vuoi per scomodità o per gusto personale, non di tutti.

E se nemmeno il rilancio di silhouette d’archivio e le collaborazioni funzionano, cosa ci si poteva inventare per risvegliare gli animi e ripristinare l’interesse collettivo? Unire il tutto e proporre le sneakers-mocassino. Quando lo scorso gennaio Junya Watanabe fece sfilare in passerella la nuova collaborazione con New Balance, un mix tra una 1906R del marchio di Boston e un classico penny loafer di pelle, in molti storsero il naso. Ma ride bene chi ride ultimo.

Infatti, nonostante in pochi si fossero espressi positivamente riguardo a questo nuovo “Frankenstein delle sneakers”, anche Puma ha deciso di riproporre un modello ibrido, già parte della collaborazione con Palomo Spain e introdotto per la prima volta nel 2022. Per quanto fresca e di rottura rispetto all’offerta attuale, quest’idea non è però una novità: Nike ci aveva provato nel lontano 1982 con le “Vagabond”, mentre intorno a questo concetto Mizuno ci sviluppò diverse collezioni tra il 2007 e il 2013.

E negli ultimi anni la situazione si è fatta più intensa: nel 2018, Reebok e Cottweiler lanciarono le “Driving Shoes”, mentre nel 2020 ASICS e GmbH ci provarono con le “Gel-Chappal” e, nel 2022, Converse lanciò le “Coupe Loafer”. Senza discutere su chi sia arrivato prima, la domanda è: le “snoafers” ci piacciono davvero, ci stiamo abituando a vederle sempre più spesso o semplicemente siamo felici di una proposta diversa?