Sottotitoli si o sottotitoli no, doppiaggio si o doppiaggio no. Quella tra puristi del cinema in lingua originale e sostenitori delle traduzioni è una lotta che probabilmente non avrà mai fine. A riaccendere il dibattito a riguardo, anche se in maniera indiretta, è stato Fabio Fazio, con un’affermazione durante l’intervista dello scorso weekend a Zendaya, Mike Faist e Josh O’Connor.
Dopo aver mostrato una clip doppiata del nuovo film “Challengers”, infatti, il presentatore ha fatto notare agli attori la loro “nuova voce” italiana, sostenendo che nel nostro paese non ci sia “l’abitudine di vedere i film in lingua originale”. Nonostante ciò che si è poi diffuso sui social – ovvero una foto di Zendaya che non rispecchia del tutto la sua vera reazione – la risposta del cast è stata positiva, con i protagonisti che hanno elogiato il lavoro dei doppiatori.
fazio:”noi italiani non siamo abituati a guardare i film in lingua originale”
— g🍉 (@zendayal0vebot) April 14, 2024
LA SUA FACCIA PER FAVOREE pic.twitter.com/JFmBrwFUc2
Ma se da un lato c’è chi vuole godersi il prodotto così come è stato realizzato, andando oltre la barriera linguistica per immergersi a pieno nelle performance degli attori, dall’altro c’è chi preferisce concentrarsi solamente su ciò che sta guardando, senza dover spostare lo sguardo per leggere i sottotitoli. Qualunque sia la preferenza del singolo, è giusto sottolineare che nel nostro paese il doppiaggio non è un’operazione di “pigrizia”, ma una tradizione con un passato centenario che intreccia storia, politica e motivi pratici.
Dato che il regime non vedeva di buon occhio i film stranieri, negli anni ’30 le pellicole cominciarono a essere proiettate con didascalie – anche se la maggior parte della popolazione era ancora analfabeta – o direttamente con dialoghi italiani sovrapposti all’audio originale. Successivamente fu invece il Piano Marshall a “imporre” il doppiaggio delle pellicole, stanziando più di 800 milioni di dollari per l’acquisto di film americani e la loro traduzione sonora.
Ed è così che a Roma e in Italia in generale, si diffuse, molto più che in altri paesi, l’arte del doppiaggio, che ancora oggi primeggia per qualità e importanza a livello mondiale.