Mentre molti di noi erano chiusi in casa, tra tamponi positivi e quarantene strategiche, Jeff Bezos festeggiava il capodanno a St. Barth con un crazy disco party insieme alla compagna Lauren Sánchez e un piccolo gruppo di amici.
Come lo sappiamo? Grazie a questa foto pubblicata su Instagram il primo gennaio e subito diventata virale.
A colpirci non è stato l’ottimismo con cui hanno celebrato l’arrivo del nuovo anno – perché mai Bezos dovrebbe temere questo 2022? Secondo la fondazione inglese Oxfam il fondatore di Amazon ha guadagnato oltre 81 miliardi di dollari durante la pandemia – la domanda che tutti ci siamo fatti è stata “Ma com’è conciato Jeff Bezos?”.
Camicia di seta del brand francese Casablanca, jeans bianco ultra aderente firmato Brunello Cucinelli (chiamatemi pure romantica, ma io voglio leggerci un omaggio a Gianluca Vacchi) e occhiali a forma di cuore per ricordarci che si tratta di una festa a tema.
Nulla di sbagliato nei brand luxury scomodati per questo capolavoro, è il fit striminzito a farsi spazio tra i nostri incubi: è vero che Casablanca produce camicie pazze, ma a indossarle di solito è gente tipo Jaden Smith e in taglia XL. Brunello Cucinelli è il brand dei ricconi veri e di quelli raccontati sul piccolo schermo (solo negli ultimi anni è stato nominato e indossato in “And Just Like That” e “Succession”), ma nessuno di loro si sognerebbe mai di infilarsi in un pantalone che sembra dipinto sul corpo.
Ma quand’è che Jeff Bezos ha iniziato a vestirsi come il cattivo mega tamarro di un episodio di “Fast & Furious”? Dato che Alexa non risponde, proviamo a capirci qualcosa ricomponendo l’evoluzione del suo stile.
Da quando nel 1994 ha fondato Amazon, Jeff Bezos ha impiegato il resto degli anni Novanta a far fruttare l’investimento iniziale di 250.000 dollari dei suoi genitori.
Nel 1999 viene nominato Person of the Year dal Time, la prestigiosa rivista lo celebra con una copertina che oggi – più di 20 anni dopo – troverebbe posto nel museo dei ritratti inquietanti.
Il suo faccione ovale sbuca da una scatola di cartone tra coriandoli di polistirolo, due libri e un mouse. Ha un’espressione sorridente, ma grazie all’ottimo lavoro di luci l’immagine assume un’aria sinistra e disturbante. Nel 1999 il trentacinquenne Jeff Bezos vale 10 miliardi e guida una normalissima Honda. Al giornalista della CBS che chiede chiarimenti in merito lui risponde “È un’automobile perfettamente funzionante”.
Non è che Jeff Bezos abbia cattivo gusto, semplicemente non ha tempo per svilupparne uno buono.
In origine Amazon vendeva solo libri e infatti Bezos vestiva come un perfetto libraio: le foto del periodo lo ritraggono con camicie azzurre dal fit abbondante e pantaloni khaki in perfetto stile da papà delle sitcom pomeridiane. A seconda delle occasioni aggiungeva un blazer nero o un maglione sformato.
A pensarci bene lo stile normcore di Jeff Bezos ha ispirato una moltitudine di tipe con blazer over e pantaloni beige che oggi compaiono nel mio feed Instagram.
Nel pieno degli anni 2000 il suo look varia leggermente: la santa trinità formata da blazer/camicia azzurra/pantalone khaki non viene sostituita, ma il fit scende di qualche taglia, come se i vestiti iniziassero ad essere più consapevoli del corpo che vestono. Più vogliosi di stare vicino all’uomo – ma che dico – alla leggenda.
Poi arriva il 2008, nelle sale cinematografiche esce il primo film di “Iron Man”. Il mondo incontra per la prima volta Tony Stark, l’arrogante magnate che indossa completi aderenti, cravattoni e una serie di occhiali da sole colorati indimenticabili. Ora, il nostro Jeff non può certo vantare il carisma o la mascella di Robert Downey Jr., ma non resiste alla voglia di identificarsi con un personaggio che gli risuona così familiare: un genio visionario capace di mettere a disagio chiunque lo incontri. Oltre al cambiamento fisico (si rasa i capelli e si allena costantemente), ruba qualche elemento dall’armadio del personaggio Marvel: nei suoi look iniziano a comparire occhiali aviator, giacche di pelle e polo ultra aderenti che avvolgono i suoi crescenti bicipiti.
D’altra parte anche gli Avengers più nerd hanno subito una netta trasformazione fisica, hanno iniziato a guardare Thor e Captain America con invidia e – tra la distruzione della città di New York e una viaggio intergalattico – hanno deciso di trasformare il loro corpo naturale.
Non è Bruce Banner ad aver bisogno di una schiena grande come un armadio Pax dell’Ikea, ma il suo alter ego incazzoso Hulk, eppure nel capitolo “Endgame” del 2019 i due convivono nella stessa persona. E che persona! Un Hulk addomesticato – con tanto di rasatura perfetta alla Bobo Vieri – che sfoggia una T-shirt grigia con scollo a V e un cardigan di cachemire aderente.
Il sogno di ogni sapiosessuale. Perdonatemi. Gli uomini della mia generazione hanno trovato credibile il personaggio interpretato da Megan Fox in “Transformers” (un’avvenente teenager con una passione sfrenata per i motori, ma davvero?) quindi lasciatemi fantasticare su questo marito ideale che ha la faccia di Mark Ruffalo, il cervello del brillante Dr. Banner, il corpo di Francesco Chiofalo e lo stile di Claudio Marchisio.
Anche nelle prime scene di “Doctor Strange in the Multiverse of Madness” la regia si concentra subito su un lettone dove il dottorino dorme senza maglietta. Tra il parrucchino impomatato, il petto liscio e le lenzuola jacquard ho pensato che la multiverse madness tanto sponsorizzata nel titolo fosse la possibilità di un crossover con l’iconica soap Beautiful.
Jeff Bezos non è l’unico mogul a prendere parte a questo gioco di specchi tra la realtà e i film Marvel, basta cercare i prima e i dopo del co-fondatore di Pinterest Paul Sciarra, di Mark Zuckerberg o del nostro Salvatore Aranzulla. Questi geniali imprenditori hanno il tempo e le risorse per raggiungere il loro ideale di bellezza, proprio come le Kardashian.
Ma torniamo al nostro (ex) CEO, entrepreneur, born in 1964 come canta Bo Burnham nel suo speciale Netflix “Inside”.
Intorno agli anni dieci anche il look da serata di gala si aggiusta e non è un caso: mirando al lancio di Amazon Fashion nel 2012, Jeff Bezos inizia a muovere i primi passi nell’esclusivo mondo della moda. Si accaparra il ruolo di co-chair onoraria al Met Gala del 2012 a cui partecipa sfoggiando un completo firmato Tom Ford.
Nel 2013, ossessionato dall’idea di risultare credibile agli occhi degli investitori e dei brand, dichiara a Vogue di scegliere gli abiti per la moglie. Un po’ come Kanye West faceva con Kim Kardashian, ma con risultati decisamente diversi.
Ma esiste ancora un luogo che la moda ha solo immaginato: lo spazio. I vari Courrèges, Paco Rabanne, Hussein Chalayan hanno solo fantasticato sullo spazio, ma non sono mai stati sparati nel cielo. Bezos sì.
Dovete festeggiare il primo lancio nello spazio della vostra compagnia aerospaziale, ma non sapete cosa indossare? Non chiedete consiglio ai designer, copiate il look del 2015 di Jeff Bezos: T-shirt aziendale, jeans scuri, occhiali aviator e cappello da cowboy. Yee-ha!
Il famigerato cappello torna anche nel 2021 quando, di ritorno dal suo primo volo nello spazio insieme al fratello Mark e ad altri due fortunati compagni di viaggio, lo abbina alla tuta blu da astronauta.
Impossibile non vederci altro: seduto sul suo razzo, Bezos è un moderno cowboy pronto a conquistare il cielo.
Il cattivo perfetto.
Difatti al paragone con Tony Stark, ipotizzato per la prima volta nel 2018 da Vanessa Friedman, fashion editor del NY Times, alcuni utenti rispondono avvicinandolo più a Lex Luthor. Sorvolando sulla somiglianza fisica con il super villain di Superman, è innegabile che lo stile personale di Bezos e la sua comunicazione aggressiva ci portino a posizionarlo nel gruppo dei cattivi.
Quando lo vedi inaugurare la sommità di una pala eolica spaccando una bottiglia di champagne o quando ti accorgi che ha appena lanciato un razzo a forma di pene come fece il Dottor Male nel secondo film di Austin Powers, insomma, non puoi certo tifare per lui.
Amiamo il servizio veloce ed efficace di Amazon, ma non riusciamo a non odiare Jeff Bezos, ma perché? Mentre gli altri guru del tech rigettano il completo formale e adottano delle uniformi alternative (la felpa grigia di Mark Zuckerberg, i completi di velluto di Elon Musk, l’iconico lupetto nero di Steve Jobs), l’ex CEO di Amazon accetta di interpretare la parte del cattivo anche rifiutandosi di sottostare a questa legge non scritta dello stile no logo.
Mentre tutti gli altri optano per un lusso invisibile (le felpe di Mr. Facebook non sono certo di GAP, anche loro portano la firma di Brunello Cucinelli), Jeff Bezos pretende di essere guardato. Pacchi che viaggiano da un punto all’altro del globo, voli turistici nello spazio, laboratori che in suo nome studiano la ricetta per la vita eterna… Il suo impero del male è sempre più sconfinato, ma in questo gioco di prospettive la sua persona rimane sempre a fuoco. Jeff Bezos non vuole confondersi in mezzo agli altri, non finge di essere rimasto l’uomo della copertina del Time, non parteggia per l’anonimato. Questo ci racconta il suo stile di oggi: come una moderna Nike di Samotracia, è il vento ad appiccicargli i vestiti contro il corpo, come se Jeff Bezos fosse l’unico uomo al mondo in continuo movimento.