Apparentemente l’NBA In-Season Tournament che si è appena disputato e il nuovo format della Champions League che dovrebbe debuttare dalla stagione 2024/2025 non hanno niente in comune, anche perché si parla due due discipline sportive differenti, in due parti del mondo che non solo sono distanti, ma concepiscono lo sport in maniera diametralmente opposta. In realtà, in entrambi i casi, si tratta di accorgimenti pensati per modificare le attuali competizioni, tra le più note e seguite al mondo. La NBA e la Champions League, per come abbiamo imparato a conoscerle negli ultimi decenni, non esisteranno più e cercheranno di aggiornarsi per avere maggiore appeal nei confronti di un pubblico giovane, sempre più bombardato di contenuti su multiple piattaforme e slegato dalla tradizione.
L’In-Season Tournament introdotto dal commissioner Adam Silver è nato per stravolgere la monotonia della regular season e aumentare l’attenzione dei fan in un periodo della stagione da sempre poco allettante, quello autunnale, supportato anche da una totale rivoluzione estetica che ha incluso nuovi design dei parquet di gioco e nuove maglie realizzate da Nike per tutte le franchigie coinvolte. Nonostante alcuni giocatori stesso abbiano detto di non aver ancora chiaro le meccaniche di svolgimento del torneo, si è rivelato un discreto successo, e verrà riproposto in futuro con dei probabili piccoli correttivi. La rivoluzione che verrà applicata in Champions League riguarda invece l’abolizione della fase a gruppi e l’aumento di incontri e squadre protagoniste, tutte racchiuse in un unico grande girone. Più o meno le stesse accortezze che precedentemente sono state apportate dall’Euroleague, ovvero il corrispettivo cestistico europeo.
NBA DEBUTS IN-SEASON TOURNAMENT COURTS FOR ALL 30 TEAMS pic.twitter.com/OHmOA8LYGL
— NBA (@NBA) October 30, 2023
Un’evoluzione legittima, se pensiamo alle ragioni che hanno causato questo enorme cambiamento annunciato già nel 2022: la minaccia della creazione di una Superlega alternativa in cui sarebbero approdate le squadre più blasonate d’Europa (una prospettiva che è improvvisamente ricomparsa dopo la storica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha tolto ogni monopolio organizzativo a UEFA e FIFA e ridato speranza agli organizzatori di questa competizione “chiusa” che, nel caso dovesse veramente disputarsi, sarà visibile gratis per tutti grazie all’app UNIFY, già annunciata), la volontà di aumentare il livello qualitativo dei match e di coinvolgere sempre più realtà, in scia con le operazioni di allargamento che stanno riguardando tutti i grandi tornei internazionali come i campionati Europei di calcio (passati da 16 a 24 partecipanti nel 2016), la Coppa del Mondo, in cui l’espansione sarà ben più netta (le attuali 32 Nazionali diventeranno 48 nel 2026), e il Mondiale per Club (con un grande upgrade, da 7 squadre ammesse nel 2023 a 32 nel 2025).
Abbiamo ottenuto il Diritto di Competere. Il monopolio UEFA è finito. Il calcio è LIBERO. I club sono ora liberi dalla minaccia di sanzioni e liberi di determinare il proprio futuro”, il nostro CEO Bernd Reichart commenta la decisione della CGUE. 1/4
— A22 Sports (@A22Sports) December 21, 2023
L’ingrandimento dei tornei in termini numerici, che tra l’altro riguarda tanti altri sport, non è l’unica mossa che esprime la volontà di rivoluzionare lo sports entertainment per mettersi al passo coi tempi che corrono e con nuove esigenze dettate dalla domanda. Talvolta dietro alla modifica di un regolamento di un torneo ci può essere infatti la necessità opposta: diminuirne la durata o la partecipazione per renderlo quindi più snello e alla portata di potenziali fruitori alternativi come le giovani generazioni. È successo ad esempio nel tennis, dove nel 2019 è cambiata – non senza polemiche – la formula quasi centenaria della Coppa Davis, prevedendo una riduzione dei match e dei set necessari per conquistare il passaggio del turno (adesso si gioca al meglio dei 3 set e non dei 5, e basta vincere due incontri) e l’abolizione della norma che porta a disputare le sfide in casa e in trasferta, preferendo location “neutre”. Lo stesso discorso è toccato al baseball con l’introduzione del pitch clock, ovvero un timer che limita il tempo che il lanciatore ha per eseguire un lancio. Introdotto in MLB solo nel 2023 dopo un periodo di testing nelle leghe minori, questa variazione ha permesso di rendere più fruibili le partite di uno sport storicamente lungo e statico, quindi poco televisivo. Nella sua prima stagione di utilizzo, le partite si sono ridotte di una media di 30 minuti, uniformando anche la durata tra un match e l’altro, per una migliore gestione dei tempi televisivi. Mai infatti i tempi di gioco sono stati così uniformi dal 1942 e, sempre per la prima volta in diversi anni, il pubblico under 35 è aumentato.
Sebbene non sempre sia facile toccare i regolamenti di certi tornei con decenni (se non secoli) di storia alle spalle, ciò avviene comunque, iniziando a sperimentare da alcuni tornei minori come le Next Gen ATP Finals tennistiche. Nel calcio ad esempio, dove è passata un po’ sotto traccia la modifica del numero delle sostituzioni a disposizione (da 3 a 5, inizialmente giustificata dall’emergenza COVID-19), adesso si sta discutendo sull’introduzione del cartellino arancione, ovvero delle espulsioni temporanee; mentre in MLS dal 2024 debutteranno alcuni accorgimenti pensati anche in questo caso per ridurre le perdite di tempo, già testati nel corso dell’ultima stagione di MLS NEXT Pro. Un domani potrebbe essere la NBA ad inventarsi qualcosa per i tradizionali All-Star Games, il cui programma secondo molti ormai non attira più il pubblico (né tantomeno i giocatori coinvolti) come una volta. Il suo corrispettivo nella NFL americana, il Pro Bowl, negli ultimi anni ha infatti cambiato tantissimi formati, associando alla partita una serie di “giochi” tra cui trasformandosi a tutti gli effetti in una serie di giochi che includono percorsi e un match di dodgeball (aka palla prigioniera).
Insomma, le leghe americane hanno dimostrato che qualsiasi tipo di innovazione è considerabile per poter combattere il crollo di ascolti e l’Europa, dopo anni di reticenza, sta incominciando a seguire il medesimo percorso.
Come è stato per l’In-Season Tournament, dichiaratamente ispirato dalle coppe europee, il fattore novità può sicuramente contribuire a far “digerire” l’adozione di un cambiamento invasivo come un mini torneo inserito nel già fitto calendario stagionale, ancor di più quando si tratta di modificare qualcosa che non è mai stato oggetto di stravolgimenti. Si spiega così il successo discipline ed eventi del tutto inediti: dal boom di uno sport come il padel e il pickleball, a quello di un torneo di calcio a 7 nato dal nulla, o meglio dall’intuito di Gerard Piqué: l’ex calciatore del Barcellona ha ottenuto un successo clamoroso con la sua Kings League, coinvolgendo ex stelle del calcio come Iker Casillas e Sergio Agüero e sfruttando al meglio nuovi canali di comunicazione come Twitch dove sintonizzarsi per guardare le partite.
L’evoluzione dell’intrattenimento sportivo passa infatti anche dalle nuove piattaforme su cui trasmettere gli eventi. Lontanissimi i tempi in cui bisognava attendere Novantesimo Minuto per guardare i gol della propria squadra del cuore, sulla scena si sono introdotti tantissimi nuovi broadcaster interessati alla diffusione di contenuti e dirette live: ormai fa parte della consuetudine di tanti appassionati seguire interviste e programmi d’intrattenimento come la Bobo TV su un canale Twitch o guardare una partita in streaming su social network come Facebook o YouTube. Presto sarà possibile farlo anche su piattaforme che fino a pochi mesi fa si occupavano solamente di intrattenimento on-demand come Netflix. Il recente annuncio del colosso americano, che a marzo trasmetterà un’esibizione live tra Rafael Nadal e Carlos Alcaraz, ha inaugurato quella che potrebbe essere la nuova frontiera per la società statunitense, come già successo con piattaforme simili quali Amazon Prime Video e Apple TV.