L’ossessione per i minuti d’applausi

A Venezia si sta svolgendo la celebre Mostra del cinema, ma sembra che quella per il Leone d’oro non sia l’unica gara in corso: la più in voga è quella per la standing ovation più lunga.

Negli ultimi anni, infatti, l’inizio dei vari Festival coincide con l’uscita di innumerovoli articoli che riportano assiduamente i minuti di applausi ricevuti dopo la proiezione, diventando un metro di giudizio per le pellicole presentate. Ma queste statistiche contano davvero? Ni, più no che sì. Principalmente perché i fattori che influenzano queste famigerate “performance” del pubblico sono talmente tanti da rendere le statistiche poco attendibili, men che meno sinonimo di qualità.

Una standing ovation da dieci minuti non equivale sempre a un film eccellente dal punto di vista qualitativo, così come una manciata di minuti di applausi non corrispondono a una pellicola non particolarmente avvincente. Il primo problema riguarda i parametri con cui queste standing ovation vengono cronometrate. C’è chi aspetta si accendano le luci in sala e chi invece inizia alla partenza dei titoli di coda, e così ogni testata riporta un minutaggio differente.

In più, le proiezioni in questione non sono quelle riservate alla stampa, ma anteprime con attori, crew, famigliari e altri invitati speciali: insomma, sono tutti lì per celebrare il momento più che per giudicare.
Se poi si aggiunge il fatto che a volte è il regista stesso a incitare la folla, o che i vari cameraman dei Festival si concentrano sui volti più noti per suscitare l’estasi del pubblico, ecco che i valori non risultano degni di troppa attenzione.

Infatti, più sono i nomi di successo nel cast più i presenti saranno propensi ad applaudire, e spesso tutti questi festeggiamenti si trasformano semplicemente in una trovata di marketing. Ovviamente le standing ovation possono essere in qualche modo indicative della qualità del film, ma nella maggior parte dei casi si tratta solamente di un “rito obbligato”. Un momento di festa diventato talmente comune e imparziale da essere privo di rilevanza, se non per provare a immaginare l’impatto della pellicola nei cinema e da utilizzare come titolo per i giornali.