Marïna conosce il potere di ciò che ha tra le mani

Ormai lo sapete, il nuovo disco di Marïna è uscito e ha portato con sé una nuova wave destinata a evolversi continuamente, perché questo è quello che lei vuole.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Marïna e ci siamo trovati davanti una ragazza consapevole di ciò che ha tra le mani. Ha trovato il suo sogno ed è forte, perché con lei ci sono persone che ci credono davvero.

Tutto è iniziato dal ritornello di “Caramelle”. Quando è nata però l’idea di un vero e proprio album?

“In realtà, l’idea di creare un progetto insieme a Luke è nata subito dopo “Caramelle”, però ufficialmente dopo qualche mese. Dopo tre, quattro mesi abbiamo iniziato a dire è andato bene, proviamo a fare qualcosa, che sia un album o un mixtape – non eravamo ancora abbastanza sicuri su cosa fare. Poi abbiamo capito che era un album quello da fare, quindi abbiamo fatto due o tre singoli di prova, ci siamo presi un anno sabbatico, tra virgolette, ma in realtà di ricerca. Abbiamo girato, Luke è andato in tutte le parti del mondo, tipo Las Vegas, New York, per lavoro, e io l’ho seguito, siamo stati in diversi studi con diversi artisti. Così ho potuto assimilare un po’ di roba e da lì abbiamo scritto l’album, prodotto e via.”

Quindi c’è stato un bel lavoro dietro, quasi due anni.

“Sì, abbiamo aspettato perché non eravamo – io soprattutto, più di Luke – sicuri sui testi, su come scrivevo, volevo prendermi un po’ più di esperienza e poi andare avanti.”

Questa nuova strada sembra essere arrivata per caso. Quali erano i tuoi sogni quando eri bambina e quali sono invece quelli che hai adesso?

“Da bambina erano un po’ utopici, volevo aggiustare televisioni a domicilio, fare il medico, quelle cose lì (ride, ndr). Poi, crescendo, ho iniziato a studiare tecniche di laboratorio biomedico alla Sapienza e dopo due anni ho iniziato a fare “Caramelle”, le prime cose, e ho pensato okay, metto da parte questa cosa. Quindi ho congelato il mio percorso universitario e ho iniziato a fare l’album.

Non aveva mai sfruttato voci femminili al microfono e allora mi ha detto ma perché non proviamo?

Marïna su Sick Luke

In realtà è nato per caso, però dentro di me c’è sempre stata una passione, ascoltavo tantissima musica, assolutamente non trap o rap, magari un minimo. Sentivo Gemello, il TruceKlan, per vibe, perché arrivavano, se non li conoscevi era un po’ strano. Però per il resto mi è sempre piaciuto, infatti mi faceva piacere stare in studio con Luke, non era una cosa tipo oddio che noia, era interessante. Quindi da là ho detto vabbè proviamo – cioè in realtà me l’ha chiesto Luke.”

Quindi è stato lui a spingerti in tutto ciò?

“Sì, perché non aveva mai sfruttato voci femminili al microfono e allora mi ha detto ma perché non proviamo a vedere com’è la tua voce, anche per delle sporche, per delle doppie, così, e abbiamo provato.”

Saper lavorare e farlo bene è una cosa che si impara nel tempo, ma il tuo disco sembra già essere costruito perfettamente. Abbiamo pensato che il contatto con Luke e con la Dark abbia avuto una grande influenza su di te e sul tuo percorso. 

“In realtà più con Luke che con la Dark, perché con la Dark abbiamo un buon rapporto, però non è che viviamo quotidianamente insieme o ci frequentiamo, soprattutto da quando loro si sono trasferiti a Milano, che è stato poco dopo “Caramelle”.”

Qual è la cosa che hai imparato, a questo punto da Luke, per saper lavorare bene e portare a casa un successo?

“Il fatto di spronarmi, io sono abbastanza statica, soprattutto psicologicamente sto sempre lì, ferma, penso, ansie, cose. Invece lui mi ha sempre spinto, ma perché non provi a cantare? Perché non provi a farla più alta? Perché non provi a scriverla più semplice?  E da lì cercavo sempre di tornare da dov’ero e spostarmi, anche musicalmente, provando a fare cose diverse da quelle che avevo già fatto. Anche perché sentivo il bisogno di cambiare, perché ogni volta che ascolto una traccia che faccio, anche già dopo un’ora, non riesco più a sentirla (ride, ndr). Quindi dopo che sento una cosa dico sempre, devo rifarla, devo migliorarmi. Pure per questo, due anni per fare questo disco, perché in realtà sono un sacco lamentona.”

Domandarti quali sono le tue influenze ci sembra banale. Piuttosto viene da chiederci, una persona che realizza un progetto così diverso, cos’ha nella sua playlist? 

“Devo essere onesta, io in generale, in questo periodo, non sto ascoltando tanto. Ascolto poche cose di quei pochi artisti che mi piacciono veramente tanto, tipo mentre pulisco (ride, ndr). Nelle ore di libertà mi ascolto cose strane, perché sennò sono in studio e ascolto quello che fa Luke, poi ci sono i cassoni che emanano tutta la musica in tutta la stanza.

Però in generale ascolto Travis Scott, Tommy Genesis, cose che comunque magari in Italia non sono ascoltate tantissimo, già Travis Scott di più, soprattutto dopo l’uscita del suo documentario, però Tommy Genesis già di meno. Angèle, Rosalía, perché è esplosa quest’anno, ma già l’ascoltavo da quando faceva flamenco un po’ più spinto. Però non è che ascolto in generale cose predisposte, cerco di variare.”

Comunque pensiamo che un artista venga quantomeno indirizzato a seconda di cosa ascolta e sceglie di ascoltare.

“Sì, assolutamente. Perché senti una cosa e dici questa mi piace e quindi cerchi di spingerti verso quella cosa, poi magari non lo fai neanche consapevolmente.”

Gli ascoltatori in Italia – non voglio dire che sono sessisti – però è difficile, c’è sempre un pizzico di pregiudizio.

Marïna

E invece nel tuo progetto, tra le rime, la musicalità, la sincerità, qual è la componente a cui hai voluto dare più importanza e sulla quale hai voluto lavorare di più? 

“Sul parlare di me stessa, perché in realtà è abbastanza difficile. Alla fine scrivere d’amore, o cose del genere per le ballad, mi viene abbastanza semplice vivendo un rapporto sentimentale tranquillo. Però parlare di me stessa era più complicato, perché comunque dovevo pensare a quali sono gli aspetti di me che una persona può vedere non conoscendomi. E da lì ho cercato di marcare sui testi quei dettagli, quelle cose, e di lavorarci un po’ su. Però sì, la cosa più complessa è stata quella. Anche perché comunque l’ascoltatore medio, soprattutto venendo dagli ascoltatori di Luke, sono ragazzi che ascoltano un altro genere e che si aspettano un altro tipo di ragazza che canta un altro tipo di cose, quindi ho cercato di spostare un po’ tutto, sia melodie che aspetto, che tutto il resto. Ho un po’ paura che non siano pronti, perché di base il mondo musicale, soprattutto gli ascoltatori in Italia – non voglio dire che sono sessisti – però è difficile, c’è sempre un pizzico di pregiudizio.”

Le artiste femminili in Italia ti piacciono?

“Sì tantissimo. Quelle poche che conosco le conosco bene e penso che ognuna abbia il suo percorso e lo stia facendo nel modo giusto.”

Leggendo la motivazione che sta dietro al titolo del disco, ci è venuto da pensare che tu abbia dovuto impegnare molto la tua persona per questo progetto.

“Sì, perché caratterialmente non ci sto molto.”

Solitamente i compiti a casa non sono una cosa che facciamo volentieri. Come mai la scelta di questo titolo?

“Bravissima (ride, ndr). Ho scelto questo titolo perché in realtà all’inizio non riuscivo a capire quanto volessi fare questo album. Ero un po’ titubante, pensavo ma forse non sono in grado, forse quello che scrivo non interessa alle persone che voglio coinvolgere, poi ho pensato cavolo, io faccio i miei compiti a casa e come va va, me li correggono, poi se lo fanno bene, a me è piaciuto farlo quindi non devo preoccuparmi dell’aspetto successivo alla pubblicazione dell’album, ma alla creazione. Quindi ho pensato solo a fare i miei compiti a casa e a portarli in classe.”

Avere la fame di stare sotto i riflettori forse un po’ ti distrae, ti porta ad allontanarti dal tuo obiettivo.

Marïna

Nonostante tu fossi già conosciuta, eri pronta ad avere i riflettori puntati su di te?

“Non sarò mai pronta forse, però da una parte penso sia meglio, perché avere la fame di stare sotto i riflettori forse un po’ ti distrae, ti porta ad allontanarti dal tuo obiettivo. Io invece cerco di vederla come una parte del mio lavoro che bisogna fare e che comunque ha anche aspetti positivi, possono aiutarti, e quindi cerco di prendermi bene.”

In un pezzo dici “ora guardo il mio film da una vista diversa”. C’è stato un fatto scatenante che ti ha fatto cambiare il modo di vedere le cose?

“Sì, un periodo particolare della mia vita, personale, di cui forse è meglio non ricordare niente. No in realtà non è così tragico, però dopo vari avvenimenti in casa, in famiglia, mi sono resa conto che forse ero troppo in un egotrip da adolescente e lì ho deciso di vedere le cose in maniera più distaccata, oggettiva, e mi trovo effettivamente molto meglio.”

Da quanto ho capito c’è stato un grande lavoro di ricerca dietro a “Compiti A Casa”. Quali sono le persone che sono state fondamentali per il progetto? Che ruolo hanno avuto?

“Io, Luke e in più si è aggiunto Valerio Bulla, che ci ha dato una mano per arrangiare alcuni pezzi. Lui lavorava già con I Cani, un gruppo romano – sono molto bravi, molto noti – e ha conosciuto Luke per caso per delle grafiche e poi ci siamo trovati in studio, lui ha sentito le mie cose, gli sono piaciute e mi ha detto se vi va vi dò una mano.

Ad oggi già penso a quando andrò in studio per fare cose nuove e non vedo l’ora.

Marïna

Qual è il più grande insegnamento che ti porterai a casa con questo disco?

“Tantissimi. Quello più importante secondo me è quello di cercare di fare sempre una roba diversa, nuova. Io ho fatto questo album, ma ad oggi già penso a quando andrò in studio per fare cose nuove e non vedo l’ora, perché sento proprio il bisogno di ascoltare cose nuove, scrivere cose nuove. Forse anche più serie, tra virgolette, più impegnate.”

Com’è una vostra giornata tipo in studio?

“Mah, infinita (ride,ndr). Ci svegliamo, ci prepariamo, andiamo in studio e Luke inizia a lavorare a delle cose, magari se ha già dei progetti da sistemare, io mi metto lì, scrivo o comunque cerco di chiudere altri aspetti del mio lavoro, quindi magari la cover, piuttosto che i video ecc. Poi quando si libera, mi butto e mi metto lì, lui mi fa il beat, io scrivo e poi capiamo come fare.”

Quindi succede tutto nelle stesso momento, sia il beat che la scrittura.

“Sì, per ora è capitato solo una volta che mi ha inviato un beat e io ci ho scritto perché ero a casa, però di solito non succede.”

Probabilmente ti avranno riempito i dm con questa domanda. Avrai intenzione di portare il tuo album in live?

“Sicuramente, non vedo l’ora. Ho un po’ d’ansia ovviamente perché sarà il mio primo live ufficiale, con l’album a casa. Però sì, non vedo l’ora, sto aspettando soltanto che arrivi il momento. Intanto mi preparo.”