È probabile che pensando al panorama musicale legato al rap degli anni Novanta i volti più rappresentativi che ci vengono in mente siano tutti maschili. Tupac, The Notorious B.I.G., Dr. Dre, Snoop Dogg… sono questi i nomi che chiunque assocerebbe alla costruzione dell’immaginario hip hop, ma in realtà in tale contesto sono presenti anche alcune donne altrettanto importanti che hanno saputo regalarci degli album straordinari e un’immagine che tuttora continua a ispirare.
Tra queste non possiamo non ricordare Lil’ Kim, la quale è stata in grado di imporsi come regina del genere, imprimendo un impatto tuttora vivido con oltre 15 milioni di album e 30 milioni di singoli venduti. Il suo ruolo è stato fondamentale sotto ogni aspetto: i suoi testi hanno messo nero su bianco i principi del femminismo del nuovo millennio sdoganando ampiamente la sessualità e affermando l’indipendenza economica delle donne quando ancora non era del tutto scontato per una ragazza di colore cresciuta a Brooklyn. È stata Queen Bee ancora prima di Beyoncé e a oltre vent’anni dal suo debutto viene accreditata come un’inesorabile fonte d’ispirazione per le più importanti cantanti odierne come Rihanna, Cardi B, Rosalía, Saweetie, Megan Thee Stallion, Teyana Taylor e Nicki Minaj. Storica la rivalità con quest’ultima, più volte definita una copia di Lil’ Kim per essersi appropriata della sua immagine da Black Barbie, ammettendo solo di recente la sua profonda influenza artistica.
La sua carriera musicale ebbe inizio quando, durante l’adolescenza, Kimberly Denise Jones incontrò Christopher Wallace, conosciuto anche come The Notorious B.I.G., il quale diventò per lei un vero e proprio mentore, dando anche inizio nel 1996 a una travagliata storia d’amore. Il momento più importante del loro incontro avviene nel 1994, quando Biggie decise di formare il gruppo Junior M.A.F.I.A. chiedendo alla diciannovenne di farne parte. Già dal primo album “Conspiracy” con il collettivo, la rapper comincia a riscuotere enormi consensi differenziandosi artisticamente e culturalmente da quello scenario così machista. Per lei arriva quindi il momento di debuttare da solista con il primo disco nel ’96. “Hard Core”, questo il titolo scelto, fu assolutamente rivoluzionario e per un pelo non entrò nella Top 10 della classifica Billboard. Con “Big Momma Thang”, “Crush on You”, “Not Tonight” e le altre canzoni il dirty rap si fece una cosa seria e la narrazione ghetto-chic diventò la sua firma.
Il successo non tarda ad arrivare, ma un’ombra oscura è pronta a irrompere nella vita di Lil’ Kim. Nel 1997 Notorious viene ucciso a Los Angeles e la cantante si trova costretta ad affrontare un periodo particolarmente difficile cadendo in depressione nonostante la sua notorietà continuasse a salire.
Prima di pubblicare il grande classico “The Notorious K.I.M.“, nel 2000 riesce a risollevarsi, cambiando manager e iniziando a instaurare uno stretto rapporto con il mondo della moda, posando per diverse campagne. Forte del suo ritorno sulla scena, partecipa al celebre remake di “Lady Marmalade” delle Labelle con Christina Aguilera, P!nk e Mya per la colonna sonora del film “Moulin Rouge”, vincendo un Grammy Award e due MTV Video Music Awards. Nel 2003 esce il terzo disco, “La Bella Mafia”, seguito poi da “The Naked Truth” e “9” e negli anni collabora con artisti leggendari come Kanye West, Jay-Z, Mary J. Blige, Missy Elliott, e Phil Collins.
In ogni suo brano rimangono vive alcune costanti: il sesso viene raccontato in modo più che esplicito, cosa che continuerà anche una volta raggiunto il successo commerciale (pensiamo ad “How Many Licks?”); assieme all’ostentazione e ai riferimenti fashion con rime che citano con un flow pazzesco maison del calibro di Chanel, Givenchy, Dolce&Gabbana, Versace, Louis Vuitton, Gucci e Dior.
My scent is that Dolce, my scarf is Versace / It’s by Donatella, my ring is the same / My skin is Nutella, it’s vintage Chanel / All over my frame, judge is my game / My nigga, he eating me, I know he need an umbrella / Adventurous fella
Lil’ Kim – Trendsetter
Il legame con la moda non si limiterà al puro citazionismo ma diventerà anche un aspetto fondamentale per l’immagine di Lil’ Kim, che si inserirà perfettamente nel clima sexy della coolness dei cosiddetti Nineties contribuendo in prima persona a plasmarlo. La sua influenza non passa infatti soltanto per l’hip hop ma è un qualcosa che si è manifestata vivamente anche nel fashion system. Grazie al suo stile e alla sua attitudine completamente libera da ogni vincolo, Lil’ Kim è stata una musa per grandi stilisti come Karl Lagerfeld, Donatella Versace, Marc Jacobs, Alexander McQueen e John Galliano, anticipando di gran lunga i tempi e le tendenze e diventando di fatto anche la prima icona gay della scena rap americana.
Non a caso è stata la prima rapper donna a essere stata invitata al Met Gala e agli eventi le attenzioni erano rivolte tutte verso di lei. Sì, perché non è stata una semplice fashion icon, ma era in grado di sconvolgere letteralmente i media dell’epoca con i suoi outfit che anche nell’era dei social riecheggiano su piattaforme quali Instagram, Tumblr e Pinterest.
Dimenticate t-shirt oversize, jeans larghi, sneakers e cappelli Kangol, quando si trattava di scegliere un outfit Lil’ Kim non aveva mezze misure: le sue mise erano estremamente audaci e femminili, con un senso esagerato del glamour che combinava il lusso della couture all’elevazione del fascino street. Ricorrenti erano le trasparenze, le paillettes, i gioielli vistosi, le pellicce dai colori vivaci, il casualwear griffato e la logo-mania, tutto rigorosamente firmato dalle più blasonate maison, ma anche le parrucche rappresentavano una parte fondamentale dei suoi look. Ciò che rende il tutto ancora più interessante e autentico è che, a differenza dell’usanza in voga tra la maggior parte degli artisti, Lil’ Kim e la sua stylist Misa Hylton hanno sempre acquistato i vari capi in modo autonomo, senza dover ricorrere alla collaborazione vincolante con altri brand.
Come non ricordare per esempio l’iconico scatto di David LaChapelle in cui Lil’ Kim posava nuda, coperta soltanto dal monogram LV sulla pelle, entrato di diritto nella storia. Capiamo dunque quanto il suo approccio alla moda sia stato pionieristico dalle stesse parole del fotografo statunitense, che in un’occasione ha raccontato di essere stato lui a presentare la cantante a Giorgio Armani, creando una connessione tra rap e fashion quando ancora questa non c’era.
Anche negli ultimi anni Lil’ Kim ha continuato ad apparire tra le sfilate delle varie fashion week, come quando nel 2018 ha solcato la passerella di VFILES o quando ha rubato la scena durante la presentazione della collezione primavera/estate 2022 di Christian Siriano con il suo abito nero interamente ricoperto da fiori rossi. Persino Supreme ha voluto omaggiare la rapper con tre pezzi nell’attuale stagione, una camicia a maniche corte, una tavola da skate con stampa all-over in diversi colori e una t-shirt con tanto di dedica, foto d’archivio e il riferimento alla citazione “Hot damn ho, here we go again” nel brano “Quiet Storm (Remix)” dei Mobb Deep.
Al di là dei suoi account seguiti da diversi milioni di follower, a dimostrare ulteriormente quanto il suo impatto nel fashion business sia stato cruciale è la petizione attualmente in corso che chiede ufficialmente al CFDA di conferirle il premio Fashion Icon. Arrivati a questo punto mancherebbe solo che Lil’ Kim creasse una sua linea di moda, ma anche questo è stato promesso e prima o poi avverrà sicuramente.