
Si sente parlare sempre più spesso di nuove statistiche avanzate applicate al calcio (che spesso sono indicate in inglese, oppure attraverso sigle apparentemente incomprensibili per chi non ne abbia dimestichezza), preziosi numeri che permettono di sviscerare sempre più informazioni riguardo singoli giocatori, partite o perfino campionati e a cui ricorrono match analysts e scout di professione. Molte di queste sono talmente dettagliate che i semplici appassionati non sanno quasi cosa farsene e dunque tendono ad ignorarle, lasciandole a chi riesce veramente a leggerle e a interpretarle nel modo giusto. Ma ce n’è una che negli ultimi anni viene utilizzata sempre più spesso anche da persone che non hanno competenze particolari in materia, e che riesce a spiegare come nessun’altra statistica cosa succede all’interno di una partita.

Stiamo ovviamente parlando degli expected goals, spesso abbreviati come xG, espressi con un numero e spesso con dei decimali dopo la virgola. Rappresentano, in parole povere, il valore del potenziale offensivo prodotto da una squadra in base ai tiri effettuati, e quindi il numero dei gol che ci aspetteremmo di vedere o meno in una partita. Questo dato riesce quindi a offrire con facilità una panoramica molto veritiera sulla pericolosità delle due squadre, e di conseguenza dell’andamento di un match. Per farsi un’idea sommaria su una certa partita è indispensabile, molto di più del tradizionale numero relativo ai tiri effettuati, dentro e fuori lo specchio. È per questo motivo che il numero degli expected goals è finito su quasi tutte le grafiche che descrivono un evento calcistico: da quelle delle app di livescore che molti fan consultano quotidianamente a quelle di alcuni videogiochi come FIFA e Football Manager.

L’origine degli xG è tutt’altro che recente e non riguarda solamente il calcio, ma anche altri sport dove ci sono molte più variabili da considerare all’interno di una partita, come l’hockey su ghiaccio. Alcuni appassionati alla materia avevano già effettuato studi e ricerche riguardanti i Mondiali del 2002, prima ancora che altri studiosi come Michael Caley e Paul Riley (col suo Shot Position Average Model) iniziassero a interessarsi sul calcolo della probabilità che un qualsiasi tiro ha di diventare un gol. Gli expected goals si basano su modelli differenti, a seconda dall’algoritmo che viene utilizzato per prendere in considerazione le conclusioni verso la porta, e ovviamente nel corso degli anni hanno portato alla nascita di dati correlati, come quelli che indicano gli expected goals concessi e non prodotti da una squadra, gli expected goals relativi ad un singolo calciatore, gli expected assists o gli expected points.
Brighton being xG icons in 2021 (thread):-
— The xG Philosophy (@xGPhilosophy) December 31, 2021
C’è un famoso account Twitter che ha contribuito ad insegnare a ragionare in base ai gol previsti, @xGPhilosophy, e che ha anche realizzato un libro dal titolo eloquente: “The Expected Goals Philosophy: A Game-Changing Way of Analysing Football”. Questo profilo è diventato particolarmente virale per aver simpaticamente scherzato sulle performance del Brighton di Graham Potter, mettendo a nudo le impietose differenze tra i tantissimi xG creati e i pochissimi gol realizzati dal club di Premier League in un periodo particolarmente sfortunato sotto porta. Quello del Brighton per molto tempo è stato uno dei casi più emblematici che hanno riguardato il funzionamento di questa statistica. Recentemente, nel corso di Qatar 2022, The xG Philosophy ha sottolineato i numeri clamorosi del Marocco, bravo a capitalizzare al meglio le poche occasioni create per giungere fino in semifinale.