Nike x Tiffany & Co. è un progetto da bocciare

Nike e Tiffany & Co. sono tornati a collaborare dopo 26 anni. L’ultima volta vide le due corporate coinvolte nella creazione di un orologi, un Tiffany Portfolio per la precisione, creato esclusivamente per i migliori sales representatives del brand dell’Oregon nell’anno 1997. Nel lasso di tempo che separa i due progetti però le parti si sono riavvicinate più volte, seppur non ufficialmente, prima con le Nike SB Dunk “Tiffany” a inizio anni 2000, poi con una loro riedizione, e infine con i programmi Nike iD e Nike Bespoke nella decade seguente. Proprio in queste ultime due occasioni, i collezionisti più appassionati avevano in varie circostanze provato a riportare sull’AF1 le vibes delle originali Tiffany, le Nike SB Dunk disegnate da Nicky Diamonds per la sua Diamond Supply Co. in occasione delle Nike SB Team Manager Series.

Da qui un susseguirsi di tributi, legati perlopiù alle sopracitate Nike SB Dunk “Tiffany”, hanno invaso i feed di tutti gli sneakerhead, culminando seppur momentaneamente, con l’avvento della prima collaborazione ufficiale tra i due brand. Un progetto che ha suscitato fin dai primi rumors molto entusiasmo, trasformatosi quasi immediatamente in un’accesa diatriba riguardante il prezzo di retail. Esso è infatti passato dai soliti €150 con i quali quasi ogni AF1 in collaborazione viene rilasciata a un prezzo di listino di €400.

Prezzo troppo alto? Guardando al passato (vedi Dior x Nike), lo stesso sarebbe giustificato dal prestigio del marchio Tiffany e dalla presenza di una placca in argento da 40g sul retro della scarpa, aggiunto poi ai margini di profitto richiesti dai due brand per l’approvazione in termini economici della collaborazione. Inoltre, la sfida principale del progetto a livello di produzione è stato quello di limitare i costi dei materiali sulla tomaia per avere la possibilità di aggiungere il dettaglio in argento. L’obiettivo è stato raggiunto usando materiali differenti tra le varie parti della scarpa, utilizzandone di più economici nelle zone a minore usura e materiali più durevoli, e più costosi, sulle aree con maggiore necessità di rigidità e supporto.

Il tutto aveva poi la necessità di rientrare nei target di prodotto premium e per farlo sono stati selezionati dei pellami sintetici che si sposano da tempo con questa visione di Nike, come si può notare dal nubuck implementato sulla maggior parte dell’upper, ad eccezione del tallone e degli occhielli caratterizzati dalla pelle tamburellata. Seppur discutibile se paragonato all’effettiva qualità del prodotto, questo price point posiziona la scarpa nell’insieme di collaborazioni luxury intraprese da Nike negli ultimi anni. In molti si chiederanno dove si andrà a collocare questa release a livello di importanza. È facilmente prevedibile che non cadrà di certo nel dimenticatoio data la risonanza mediatica a cui è stata soggetta, ma ci possiamo aspettare un suo adagiamento nel limbo di collaborazioni luxury che non hanno generato grande clamore.

Il “mito Tiffany” dimostra come esso stesso sia diventato più grande di Nike: un progetto nato dal repertorio dell’azienda, riuscito egregiamente grazie a un co-branding rifinito da una realtà credibile come quella condotta da Nicky Diamonds, è diventato quanto di più ineguagliabile da Nike stessa. In Oregon hanno voluto provare a dimostrare al proprio pubblico di non essere in balia del mito di un prodotto da loro stesso creato, ma non ci sono riusciti per diversi motivi: nel 2005 (anno in cui la SB Dunk Low di Diamond Supply Co. debuttò) l’accostamento – seppur non ufficiale – di un marchio come Nike a uno come Tiffany era in grado di generare uno scalpore e un chiacchiericcio nettamente diversi. Ad oggi, dove collaborazioni tra brand streetwear e luxury sono diventati quasi una consuetudine, progetti come quello della Air Force 1 x Tiffany & Co. si perdono di fronte a un pubblico che non si stupisce più di fronte a così poco, specialmente se poi il risultato finale della collaborazione non sembra nient’altro che una general release che non fa altro che puntare su un color blocking scontatissimo e texture per nulla degne di nota, e su scelte che non possono che essere ritenute errate, come quella di vendere il set di accessori in argento sterling composto da spazzola, fischietto, calzascarpe e deubré separatamente, perlopiù a un prezzo decisamente alto.

La Air Force 1 di Nike in collaborazione con Tiffany & Co. non è un’occasione persa, è molto di più: è la dimostrazione che un progetto di questo genere non può essere la punta di diamante del re dei brand sportswear.