Non tutte le cose nascono per uno scopo, a volte derivano da un concetto e dalla necessità di espanderlo a più persone possibile. Questo è il modo in cui nasce “No Ball Games”, un evento di Enrico Rassu e Fujifilm che mette insieme numerose realtà, tutte quante legate dallo stesso filo conduttore: essere No Ball Games, fuori dalle regole della società.
Una mostra fotografica di alcune delle Instax originali inserite nel libro “No Ball Games” di Enrico Rassu presentato durante l’evento; la proiezione di tre short movie girati dai registi Ivano Atzori, Simone Peluso e Olmo Parenti che hanno interpretato il tema con la loro personale visione; un’installazione del collettivo Throw Up che permetterà alle persone di lasciare la propria firma su una parete di compensato; e poi il dj set gestito da One Shot, il supporto di Propaganda per delle t-shirt in collaborazione. E ancora, una residenza artistica di tre giorni dedicata all’espressione di ognuno, ospitata in uno spazio allestito come un home studio gestito dalla direzione artistica di Lvnar. Qui persone e artisti avranno l’opportunità di lasciare un proprio pensiero o una propria canzone in un contesto totalmente open mic. Il tutto in un unico evento che si terrà dal 18 al 20 giugno a Milano.
È difficile, soprattutto nel contesto milanese, trovare realtà così aperte e capaci di coinvolgere. Tutti possono essere No Ball Games, e tutti possono far parte del movimento, dire la propria. Tutti i volti scattati all’interno del progetto di Enrico Rassu lo sono. Il concetto nasce da uno scatto rubato a un ragazzino londinese accanto a uno dei cartelli “No Ball Games” – divieto di giocare a palla tipico delle case popolari di Londra – e si espande poi a tutte le figure che troviamo sfogliando le pagine, conosciute o sconosciute che siano.
«Non è mai stato un cartello a impedirmi di giocare a pallone», afferma Paola Zukar, una di quelle immortalate di dovere all’interno del libro, «non sono mai state delle regole prestabilite a impedirmi di esplorare oltre i confini della musica italiana e, grazie al rap e agli artisti che ho avuto la fortuna di incontrare nel percorso siamo riusciti a tracciare nuove strade inesplorate. Fare squadra con gli outsider è sempre stata per me la scelta più giusta, la migliore», dice a Enrico quando gli chiede di dargli il suo punto di vista.
Paola di persone No Ball Games ne ha viste e cresciute. Sono infatti sicuramente molti gli artisti presenti nel progetto, da Marracash a Guè, da Nerissima Serpe ai membri dei BNKR44, da Noyz Narcos a figure internazionali come Central Cee e Jorja Smith.
Per Piccolo, ad esempio, scattato all’interno del libro a fianco dei suoi quadri, essere No Ball Games significa «abbattere un tabù, nuotare contro corrente, sfidare la sorte. Fare tutte quelle cose che fanno sorridere e incazzare il mondo». Infrangere le invisibili regole della vita, della società, qualunque sia quella in cui nasciamo e cresciamo. «Una volta, contemplando i miei ultimi soldi rimasti, sono uscito e li ho prelevati, li ho messi dentro dei quadri e ci ho fatto una mostra. La reazione delle persone fu così interessante da farmi sentire più ricco di quanto non fossi. Questo è No Ball Games», afferma. «Prendere la propria posizione di svantaggio e trarne un vantaggio; fare qualcosa di talmente stupido da costringersi a dare il massimo; così fuori dall’ordinario da costringere tutti a credere in te».
È vivere la vita in modo autentico, ma soprattutto in modo trasparente rispetto a sé stessi. È infrangere le regole della società, quelle in cui cresciamo immersi con la credenza che non ci siano altre strade da seguire; è rendersi conto che queste strade non sono predefinite, che ognuno di noi può costruirne una sua e vivere secondo le proprie di regole, secondo le proprie libertà.
«No Ball Games è vedere un foglio bianco prendere colore», dice Luca Ricci, colui che ha curato l’estetica del libro, «No Ball Games è mio padre che fa il custode e non permette ai ragazzi di giocare in cortile, eppure ha cresciuto un figlio come me», afferma invece Peter Wassili, fondatore di 24/7 FASTLIFE, per poi aggiungere che «è decidere di vivere e non di sopravvivere. Essere in movimento, dire di sì a qualcosa di nuovo per essere nel posto giusto al momento giusto, perché la vita è energia e tu attrai quella che rilasci». Perché come ci dicono i Parisi «le (cattive) regole sono fatte per essere infrante; questo principio è per noi una presenza quasi costante. I nostri progressi e i nostri successi sono scaturiti dallo sfidare i modi convenzionali di pensare ed essere. La creatività umana non conosce limiti». E questo Enrico lo sa bene.
«No Ball Games è quel cartello che ho visto una notte a Londra nel periodo più difficile della mia vita dopo la pandemia. No Ball Games è lo stesso cartello che ho visto in un billboard pubblicitario che promuoveva il mio primo libro al centro di Milano», ci dice quando gli chiediamo la sua visione su quello che da un semplice cartello è diventato nei suoi occhi un movimento: «È aver avuto il coraggio di lasciare tutto per anni e tornare diverso, non immedesimandomi più nel ruolo di fotografo che il mondo mi dava e riconosceva, ma capire che la mia missione è scoprire e unire attraverso l’arte».
La mostra – che definirla festa è forse più corretto – si terrà dal 18 al 20 giugno nello spazio espositivo La Finestreria a Milano, in via Ascanio Sforza 69, con l’inaugurazione prevista per il primo giorno dalle 18:00 alle 22:00.