Era precisamente il 27 settembre 2016 quando FIFA 17 uscì nei negozi, disponibile all’acquisto su console e PC. In questo videogioco, oltre alle ormai solite modalità di gioco, c’era anche una nuova avventura chiamata “The Journey” che vedeva come protagonista un giovane talento di Clapham Common, sobborgo di Londra: Alex Hunter.
The Journey non è più presente sull’attuale EA Sports FC, anzi non ci fu nemmeno sugli ultimi FIFA, essendo comparso solo fino a FIFA 19 (in FIFA 20 Alex Hunter fa parte solo della parte narrativa di Volta Football), ma fu una modalità particolarmente amata per la sua diversità e profondità.
Questa modalità fu inizialmente accolta con svariati dubbi da parte del pubblico ma anche i detrattori più fermi che hanno avuto inizialmente da ridire per via del fatto che fosse disponibile solo sulle piattaforme (allora) next gen, quindi PS4 e Xbox360. Anche i più palesi oppositori hanno finito per affezionarsi alle vicende famigliari di Alex Hunter, ai problemi con il padre assente, al rapporto con la sorella, con i compagni di squadra e con i migliori amici. Il rapporto con l’anti-eroe Danny Williams, infatti, è qualcosa che ci portiamo nel cuore e che ci ha fatto riflettere: in quale dei due calciatori ci rivediamo di più? Quali sono i valori morali per noi più importanti?
Negli anni, ci sono dei prodotti multimediali sportivi, più spesso calcistici, che entrano forzatamente nella cultura popolare: ci fu “Sognando Beckham”, come ci fu il tanto amato “Goal!”. Riflettendoci con attenzione, chi è Alex Hunter se non un Santiago Muñez di cui possiamo alterare la storia e giocare le partite? “Goal!” fu un mix entusiasmante di calcio, musica spiccatamente UK e comparse di giocatori reali di altissimo profilo e “The Journey” segue lo stesso filone, solo con un sound diverso e aggiungendo le parti di scelte interattive e di gameplay.
Come a distanza di 20 anni, ogni volta che vediamo giocare il Newcastle ci ricordiamo dei gol di Santiago Muñez, allo stesso modo ogni volta che sentiamo il nome di Alex Hunter la memoria va subito a quei pomeriggi di otto anni fa in cui cercavamo di comprendere le scelte di papà Jim e nel compenso sognavamo di vincere la FA Cup.