Non meritavamo il ritorno di Corona

Una delle cose più tristi prodotte dal mondo del web in Italia è stato il ritorno di Fabrizio Corona. Tra un podcast e una diretta, nell’ultimo anno circa l’ex “Re dei paparazzi” è stato riabilitato agli occhi del grande pubblico, soprattutto quello più giovane. Corona non ha dovuto nemmeno ripulire la propria immagine, si è presentato con lo stesso spirito con cui lo ricordavamo: sbruffone, gossipparo, ricattatorio. Una figura che era diventata, per fortuna di tutti, irrilevante, è oggi tornata in auge e la responsabilità è di chi gli ha dato spazio e attenzione, oltre che della memoria corta dell’industria dell’intrattenimento italiana, rapper e creator su tutti. Prima di concentrarci sull’attualità, è utile, per chi se lo fosse dimenticato, ricordare chi è stato Fabrizio Corona.

Cresciuto nella Milano dei locali glamour di fine anni Novanta, l’incontro che cambia la vita a Corona è quello con il manager e imprenditore Lele Mora. Quest’ultimo, condannato per evasione fiscale, bancarotta fraudolenta e favoreggiamento della prostituzione, lo inserisce nello star system italiano dell’epoca. Nella strana intersezione tra calciatori di Serie A, vallette di Mediaset, abitanti della casa del Grande Fratello e amici dell’allora premier Silvio Berlusconi si muove il giovane Fabrizio Corona. Nel 2001 fonda “Corona’s”, la sua agenzia fotografica scandalistica. Noto per la sua spregiudicatezza, Corona diventa il paparazzo più famoso d’Italia, senza aver mai scattato una foto in vita sua. Nel frattempo diventa un personaggio pubblico, anche grazie alle sue relazioni con la modella Nina Moric e la presentatrice televisiva Belen Rodriguez. A partire dalle fotografie alle celebrità, costruisce un impero imprenditoriale fatto di brand di moda, locali e riviste. Dal 2007 iniziano i problemi giudiziari, così tanti che è, effettivamente, difficile riassumerli. La maggior parte di questi procedimenti sono per estorsione o tentata estorsione. Secondo gli inquirenti sarebbe esistito una sorta di “metodo Corona”, attraverso cui il cosiddetto “Re dei paparazzi” avrebbe ricattato le star, vittime dei suoi servizi scandalistici. Ci sono poi i processi per bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni, ricettazione. Corona viene quindi più volte condannato a scontare periodi di detenzione in carcere e agli arresti domiciliari, alimentando così il suo mito da “duro”

A ridimensionarne l’influenza non sono però solo le inchieste, ma l’avvento dei social media. Più di ogni altro ambito nell’editoria, le riviste di gossip sono entrate da un decennio in una crisi senza fine. I Vip contemporanei si riprendono da soli con il cellulare nelle proprie attività quotidiane, eliminando quella sensazione di “guardare dal buco della serratura” che garantiva il successo di questo settore. Tutto si sposta su Internet e avviene, pressoché, gratuitamente. Restando solo all’Italia, il successo di fenomeni di YouTube come Social Boom, rielaborano in chiave contemporanea quel bisogno di gossip che prima veniva un tempo soddisfatto dalle riviste. Questa crisi indebolisce anche Fabrizio Corona, la cui possibilità di produrre utili attraverso inchieste scandalistiche si riduce sensibilmente.

Qualcosa cambia circa un anno fa quando Corona, approdato anche lui sui social, lancia lo scandalo scommesse nel calcio italiano. Le sue accuse provocano la squalifica di Nicolò Fagioli per 12 mesi, di cui sette effettivi e cinque commutati in altre prescrizioni, e di Sandro Tonali, per 10 mesi. Gli altri calciatori da lui nominati, verranno riconosciuti come estranei ai fatti e lo denunceranno per diffamazione aggravata. Il “successo” di questo caso permette all’imprenditore nato a Catania di rilanciarsi, tornando ad avere una rilevanza pubblica. Corona si racconta come l’insider del mondo dei Vip, colui che è in grado di svelare i segreti più reconditi di ogni celebrità. Riesce abilmente a reinserirsi in un mondo dell’intrattenimento ormai profondamente cambiato rispetto a quello di cui lui era il Re. Oggi le star non sono più le vallette di Mediaset o gli abitanti della casa del Grande Fratello, ma i rapper, le influencer e le star di Twitch. Corona, approfittando dell’ingenuità dei nuovi arrivati sotto i riflettori, guadagna di nuovo il suo spazio sul palcoscenico. 

Sarebbe però troppo facile parlare “solo” di ingenuità. Il ritorno di Fabrizio Corona è sintomo di un fenomeno più grave: il disinteresse da parte di molti creator nel costruire contenuti di qualità e rispettosi del pubblico. Sì, è vero, i social obbligano molti a dover sovra-produrre contenuti, ma questa non può giustificare la scelta di far esprimere, senza alcun contraddittorio, senza richiedere alcuna prova delle sue affermazione, una figura come Corona. L’obbiettivo è chiaro: fare views, senza se e senza ma. È così che si arriva a scene paradossali come quella avvenuta durante un diretta del Rosso qualche settimana fa, quando Corona ha inalato dal naso una sostanza che lui sosteneva essere legale. Al di là dei dubbi che destano le policy di Twitch, questo avvenimento racconta della povertà di contenuti di cui oggi vive il web in Italia. Corona non è infatti la causa del degrado di alcuni contesti on-line, ma l’effetto. Il suo ritorno è un sintomo di un mondo, che attraverso i social e le piattaforme di streaming, è riuscito a scardinare l’industria dell’intrattenimento italiana, per poi oggi rischiare di riprodurne le stesse dinamiche tossiche.