Se vi sembra che i volti degli influencer sembrino usciti dalla stessa fotocopiatrice, è perché la bellezza è diventata una formula matematica per ingraziarsi l’algoritmo: nasi all’insù, denti immacolati, zigomi da Cruella De Vil e labbra gonfie. Dai pinnetti di Temptation Island alle colline hollywoodiane di Selling Sunset, i social e la TV ci bombardano con una sfilata di cloni con le stesse, immancabili caratteristiche—alcuni meglio realizzati di altri.
Questi volti, impossibili da ottenere con il solo aiuto di Madre Natura, sono ormai diventati la norma. Come dimostra il report 2023 dell’International Society of Aesthetic Plastic Surgery (ISAPS), che rivela un aumento globale del 19,1% nei trattamenti non invasivi rispetto all’anno precedente, il film La Donna Perfetta diretto da Frank Oz non sembra più una distopia, ma una previsione piuttosto accurata di un futuro in cui la faccia da Instagram è il nuovo standard.
Questa corsa all’iper-perfezione rischia di portarci verso l’“uncanny valley”, quella zona inquietante dove la bellezza artificiale diventa disturbante. In parole semplici, è quel brivido che proviamo quando qualcosa sembra quasi umano, ma non del tutto—un po’ come la figlia in CGI di Edward e Bella in Breaking Dawn che tutti, purtroppo, ricordiamo.
Con la crescita della cultura del selfie e delle videochiamate, il desiderio di correggere ogni piccola “imperfezione” è aumentato a dismisura. Tuttavia, quando si elimina ogni segno di autenticità, si finisce per creare volti che, paradossalmente, non hanno più nulla di personale.
Ecco il colpo di scena: l’omologazione estetica, alimentata dalla disponibilità di Botox e filler a buon mercato, ha raggiunto una saturazione tale da generare una reazione inversa. Come avverte The Guardian: “Se tutti sembrano uguali, sarà la bellezza autentica, con le sue imperfezioni, a risaltare di più.”
La ricerca della “Instagram face” perfetta ha scatenato una paradossale corsa verso l’unicità. In questo contesto, il classismo gioca un ruolo da protagonista: mentre l’1% della popolazione può cambiare il proprio aspetto a piacimento, per molti la bellezza è diventata una questione di accessibilità economica. Quando la bellezza diventa una merce, chi ha il portafoglio più pesante decide cosa è attraente e, se tutti cercano di somigliare agli stessi standard, le caratteristiche “rare” diventano appetibili. Lentiggini, diastema, occhiaie e labbra sottili, un tempo bollati come “imperfezioni”, ora riacquistano il loro fascino distintivo. Dazed and Confused lancia una teoria audace: forse, l’aspetto un po’ “brutto” e rugoso potrebbe diventare la nuova moda. “La bellezza è rarità e esclusività; se tutti hanno lo stesso aspetto, niente è più desiderabile.”
Se anche star affermate stanno iniziando a rinunciare a interventi cosmetici, o almeno ci provano, per abbracciare un look più naturale, questo potrebbe essere un segnale che la società si sta stancando degli standard attuali. Le icone degli ultimi mesi, come Charli XCX e Chappell Roan, emergono con uno stile volutamente fuori dagli schemi, che sfida le convenzioni delle pop star, mentre Doja Cat, il bastian contrario per eccellenza, continua a inorridire e affascinare la sua fan base.
Il concetto di “ugly beauty” emerge come una ribellione contro i canoni del male gaze, abbracciando una nuova prospettiva che valorizza le imperfezioni e le asimmetrie. Questa visione rifiuta l’idea che la bellezza debba essere impeccabile e celebra sopracciglia decolorate, asimmetrie, hair positivity e trucco marcato. Julia Fox dichiara in un’intervista con Dazed and Confused: “Mi piacciono i volti che mostrano poco o nulla di interventi estetici. Le donne più anziane che non coprono la pelle invecchiata o le linee del sorriso, che trovo splendide e indicative di una vita davvero vissuta.” E per quanto riguarda il concetto di “ugly”, Fox aggiunge: “Non è il brutto a tornare di moda, ma ciò che gli uomini considerano brutto”.
Tuttavia, questa celebrazione dell’imperfezione ha i suoi limiti. L’”ugly beauty” viene lodata solo se adottata da chi è già considerato convenzionalmente bello o ha uno status sociale elevato. The Guardian mette in guardia: “L’ugly beauty potrebbe semplicemente essere un altro modo di cercare la bellezza attraverso l’anti-bellezza. Anche se il movimento celebra le imperfezioni, il suo fascino resta legato a chi può permettersi di manipolare la propria immagine.” Se Pamela Anderson non fosse Pamela Anderson, il suo look senza trucco non avrebbe ricevuto lo stesso apprezzamento.
Siamo quindi intrappolati in un circolo vizioso: la ricerca di volti più “normali” offre una sfida alla bellezza corretta da filler e botox, ma potrebbe trasformarsi in una moda di nicchia con le sue esclusività. Mentre l’uncanny valley ci ricorda che la perfezione eccessiva può essere inquietante e l’ossessione per l’estetica ci sta lentamente stancando, l’”ugly beauty” potrebbe essere solo un’ulteriore espressione della nostra incessante ricerca di autenticità—una ricerca che, paradossalmente, rimane sempre un passo indietro rispetto ai canoni dominanti.