Paky è il rapper preferito del tuo rapper preferito

Ogni tanto succede nel rap italiano che qualcuno attiri l’attenzione a tal punto da diventare fulcro di interesse principale, non tanto per gli ascoltatori quanto per gli esponenti del genere. È successo con Sfera, è successo con Achille Lauro, poi Massimo Pericolo, per dirne alcuni, tutti artisti su cui la scena in primis ha puntato gli occhi e messo le mani, per poi vederli sbocciare da soli e prendere strade a volte inaspettate.

Quando la scena fa questo, ci sono diverse motivazioni. C’è sicuramente chi non vuole perdere l’occasione, chi vuole dire un domani di averci visto lungo, di aver preso parte al processo della prossima star, ma fondamentalmente dietro chi segue per inerzia c’è chi riconosce il valore dell’artista perché artista lo è per primo. E il valore di Paky sembrano averlo riconosciuto tutti.

Vita reale, verità sporcate male / Storie tristi, storie vere / Riempiono le mie preghiere.

Paky in “Intro”

È così che inizia il disco di Paky, con un riferimento a quella vita vera su cui Tedua ha basato il suo ultimo disco, combinazione di parole tanto semplice e d’effetto che da allora è sulla bocca di tutti.

Preghiere, le chiama Paky, poesie di strada che raccontano di una Milano nuova, messa sulla mappa per la prima volta. “L’asprezza del sottomondo e il lifestyle esagerato, raccontati con le figure retoriche della poesia moderna, che riflettono solo una realtà esistente” potremmo dire, e se siete ascoltatori attenti saprete che queste sono le parole con cui Guè ha aperto “Fastlife 4”.

È proprio Guè, tra gli altri, uno di quelli che ha appoggiato Paky fin da subito, condividendo le strofe del rapper nelle stories perché sporche e scorrete come piace a lui. Parole che non metteresti in bocca a un ragazzino del ’99. È questo il sentimento di base che spinge ad appoggiare l’altro: il riconoscersi. Essendo il rap un genere di appartenenza, c’è sempre un sentimento di riconoscimento e rispetto quando ci si rende conto che qualcun altro appartiene a questa cultura così tanto, in modo così intrinseco, da portarci dentro sé stesso, la sua narrazione, il suo blocco. Rubare spazio quasi, avanzare, senza aver nulla da invidiare a chi sta intorno.

Clicca sulla cover per ascoltare il disco

E quando questo succede, si vede. Quando Sfera pubblicò “XDVR”, Marracash lo prese sotto la sua ala, si aggiudicò con Luchè la collaborazione in “XDVRMX” e il disco uscì di nuovo cinque mesi dopo rimasterizzato sotto major. Quando successe con Lauro fu sempre Marra a vederci lungo, lo fece entrare in Roccia Music senza pensarci due volte e al primo disco di Achille presero parte anche Noyz, Gemitaiz, Luchè e Coez; Massimo Pericolo ha creato il panico tra gli esponenti, da quanto Salmo lo indicò apertamente come il suo rapper preferito tutti volevano un featuring con lui. Oggi tutto ciò sembra ripetersi. Paky ha già firmato un contratto – “senza aver ascoltato un solo brano inedito”, ha affermato Jacopo Pesce – e coloro che hanno dimostrato di crederci sono in molti.

La verità è che Paky gasa. Perché non gliene frega niente di quell’asticella alzata da Marracash con “Persona”, sta giocando proprio un altro campionato, il suo, con la sua squadra. Sa mettere il rispetto sempre prima di tutto, mostrando riconoscenza verso chi c’è stato prima di lui – i numerosi tributi ai Co’Sang, l’alternarsi di parole tra inglese e italiano. Sa seguire le regole non scritte dell’hip hop, che in sostanza dicono una cosa sola: fai quel che ti pare, fottitene, basta che resti fedele alla cultura.

Prima impennano e poi muoiono.

Paky in “Quando Piove”, cit a “Into Rione” dei Co’Sang

E Paky lo fa non facendolo, neanche ci pensa, gli viene naturale, ed è qui che si trova la motivazione al nostro titolo. Paky ha una nuova narrazione propria, niente copie. Uno stile unico e personale. Non solo il modo di rappare, anche la fotta e la strafottenza, il far vedere che dietro la persona c’è una storia vera, diversa dalle altre, tutta da raccontare e raccontare bene. “Appartengo e non mi vendo per due collane”, scrive Marra. Paky appartiene e non si vende, piuttosto è pronto a raccogliere l’eredità di chi c’è stato prima di lui.