Recentemente si sta parlando tantissimo di CryptoArt, cioè opere d’arte digitali distribuite tramite tecnologia NFT su circuiti di blockchain come Ethereum. Diversi brand sono già entrati nel mondo degli NFT, un esempio è la Coca-Cola “Friendship Box”, venduta a $575,883.61 e contenente, tra i vari oggetti, un custom-designed Coca-Cola Bubble Jacket da indossare nella piattaforma di realtà virtuale Decentraland 3D. Anche il mondo dell’alta moda è quasi pronto per entrare in questa realtà, e Vogue Business ha confermato attraverso più fonti del settore che un certo numero di case di moda di lusso sono vicine al rilascio di NFT.
Contemporaneamente, moltissime celebrità e artisti stanno impazzendo per la compravendita di queste opere, come Post Malone che solo pochi giorni fa ha speso $734,401.60 in due Bored Apes entrando così a far parte del famoso Bored Ape Yacht Club.
Però il mondo degli NFT non è solo rose e fiori. Anzi, creare un NFT è un processo superficialmente semplice, ma la cui celata complessità nasconde una terribile verità: generarli utilizza moltissima energia elettrica, di conseguenza contribuendo notevolmente al riscaldamento globale.
Gli NFT, Non-Fungible Tokens, sono dei token unici e non intercambiabili conservati su un circuito di Blockchain, principalmente Ethereum. Quando associati a certi tipi di file, come video o foto, questi token fungono da certificato di autenticità e proprietà, stabilendo chi possiede legalmente certe opere. Il problema dell’elettricità entra in gioco quando bisogna coniare gli NFT, creandoli e aggiungendoli alla blockchain, e quando avviene qualsiasi tipo di transazione. L’algoritmo utilizzato da Ethereum e Bitcoin per gestire questi eventi è chiamato “Proof of Work”, ed è stato creato così da essere il più sicuro possibile. Ma la sua protezione è anche ciò che lo rende così inefficiente energeticamente, visto il funzionamento tramite una rete di computer costantemente al massimo utilizzo che cercano incessantemente di risolvere un algoritmo per creare un nuovo blocco sulla blockchain, facendo più di 170 quintilioni (18 zeri) di tentativi al secondo.
Un report pubblicato da ricercatori indipendenti ha scoperto che una singola interazione di Ethereum (come acquistare un’opera con un solo click) utilizza 35kWh: è equivalente più o meno al consumo elettrico medio in quattro giorni di un cittadino europeo, ed emette circa 20Kg di CO2. Guardare un’ora di Netflix ne consuma 36g; e generalmente un’interazione con gli NFT – che può comprendere il coniare gli NFT, ma anche venderli e comprarli – non è così semplice. Analizzando circa 80.000 transazioni sul marketplace di NFT SuperRare, è stato rivelato che per ogni singola transazione vengono utilizzati in media 82kWh, 48Kg di CO2, con il picco nel caso di coniatura dell’NFT, utilizzando 142Kwh, 83Kg di CO2.
In questi ultimi anni la coscienza collettiva sul problema imminente del riscaldamento globale è aumentata moltissimo grazie a movimenti globali come il Fridays for Future organizzato da Greta Thunberg. Moltissimi brand si stanno impegnando pubblicamente per ridurre le loro emissioni di CO2 nell’ambiente, ma tutti hanno anche creato o annunciato almeno un NFT. È da mettere in conto anche la quasi inesistente trasparenza delle piattaforme di trading di CryptoArt sul loro consumo energetico, ma questa può essere una scusante per un singolo artista – e anche debole considerati i diversi studi e articoli pubblicati a riguardo -, non per i grandi marchi.
Allo stesso tempo però è indubbio che il mercato degli NFT può essere un’incredibile opportunità per artisti digitali impossibilitati ad entrare all’interno del mercato artistico tradizionale, o anche un modo per musicisti o brand di creare contenuti limitati per i loro fan più sfegatati. Esistono sistemi per ridurre le emissioni di CO2 nell’ambiente usando sempre gli NFT, per esempio: scegliere blockchain diverse da Ethereum (Cardano, Ripple) che utilizzano algoritmi più efficienti del Proof of Work, oppure coniare l’NFT soltanto al momento della vendita dell’opera, non consumando energia nel caso questa rimanga invenduta. Questi metodi però non vengono messi in atto quasi mai dai brand e dagli artisti che li creano, se non per iniziative artistiche come i premi al The Renaissance Awards. Qual è quindi il futuro degli NFT?
Il problema delle emissioni create attraverso le transazioni potrebbe essere risolto in poco tempo grazie all’introduzione di Ethereum 2.0, un aggiornamento che cambierebbe l’algoritmo di funzionamento del circuito da Proof of Work a Proof of Stake, molto più efficiente. Ma esso doveva uscire nell’ultimo trimestre del 2021 ed è stato rimandato al 2022, facendo ancora sussistere il problema per un tempo eccessivamente esteso considerata la sua gravità.
Le grandi aziende si renderanno conto del problema ecologico cercando di stare più attente alle criptovalute, o si cercherà di insabbiare questi consumi con la scusa del Brand Engagement?