Non asciugano, non puliscono, non assorbono e sono troppo ostili anche solo per soffiarsi il naso, oltre ad essere troppo piccoli, rigidi e fatti di una carta di scarsa qualità: sono i meschini tovagliolini che troviamo sui banconi o sui tavolini dei bar. Ma se non puliscono, a che cosa servono?
I tovagliolini da bar sono fatti di carta velina, un materiale che, oltre ad avere il potere di non permettere una facile penetrazione delle sostanze grasse, è maggiormente resistente anche all’umido. Per garantire ciò, però, la velina subisce una lavorazione chimica, un trattamento detto “goffratura” che conferisce alla carta un rilievo discontinuo, limitando notevolmente la possibilità che le parti umide e zuccherine si attacchino facilmente. Nei fatti, si tratta di una resina di plastica che viene dal petrolio e che inquina parecchio.
Ad aumentare l’impatto ambientale dei tovaglioli c’è poi il fatto che si tratta di un prodotto usa e getta. E inoltre, nel tentativo – perfettamente inutile – di pulirci meglio mani e bocca o di asciugare qualche goccia sul tavolo, siamo abituati a usarne una quantità sproporzionata, quando in realtà la loro funzione non è quella che pensiamo.
Quest’ultimi infatti sono stati inizialmente progettati non tanto per pulirsi la bocca, quanto per impedire di sporcarci quando maneggiamo brioche, tramezzini, gelati e altri prodotti da bar. Dunque no, non servono per pulirci dalle creme o dalle marmellate di un dolce, bensì solamente per poter prendere quel determinato dolce.
Un problema estetico, economico e funzionale di una tradizione tutta italiana, in quanto all’estero, solitamente, troviamo invece salviette assorbenti che fuoriescono da contenitori orizzontali.