Perché il cartone della pizza non cambia da 60 anni?

È il 1966 quando Tom Monaghan, proprietario di Domino’s, all’epoca una piccolissima catena di pizzerie in Michigan, decide di concentrare la propria attività esclusivamente sulla consegna a domicilio, arruolando un’azienda di imballaggi locale per progettare una scatola di cartone adatta. Nasce così un contenitore ondulato dalle pareti spesse e ariose, in grado di proteggere il prezioso carico all’interno, isolare il calore del contenuto e consentire anche una leggera fuoriuscita di vapore. Di lì a poco, si consuma una vera rivoluzione nella pratica da asporto del cibo più popolare al mondo, la pizza.

I cartoni quadrati si rivelano una soluzione molto vantaggiosa per il trasporto della pizza, sia essa tonda o al taglio: sono poco costosi per la produzione di massa, possono impilarsi l’uno sull’altro senza compromettere la pizza all’interno (almeno teoricamente, poi non sempre è così), si maneggiano agilmente e sono incredibilmente facili da piegare (ai World Pizza Games 2022 – sì, è un evento reale – il vincitore ha piegato cinque scatole di cartone in 20 secondi).

Allora, la situazione è questa: nel 1966, le scatole per pizza erano quadrati di cartone poco profondi con alette per bloccarle in posizione; oggi, le scatole sono quadrati di cartone poco profondi con alette per bloccarle in posizione. Dall’introduzione di questo rivoluzionario involucro, l’umanità è atterrata sulla luna, ha creato cellulari, friggitrici ad aria e pentole istantanee. Ma nessuno è riuscito a trovare una soluzione migliore per la vecchia e umile scatola della pizza, che sembra rifiutarsi di morire.

La standardizzazione prevale. Lo stesso design lo si incontrerà sia se la consegna ha come domicilio stravaganti luoghi per studenti universitari ubriachi, sia se la cena sarà minuziosamente cucinata nelle pizzerie napoletane più ricercate del paese. Elementi imprescindibili su ogni scatola per pizza sono il logo con il nome bello grande in alto, uno slogan personalizzabile, il numero di telefono della pizzeria e, in casi più recenti, QR code o sito web. I colori più sfruttati sono il rosso e il verde, simboli per eccellenza dell’italianità. E poi ci sono le immagini, rispetto alle quali la creatività viene parzialmente limitata vista la difficoltà di stampare su cartone ondulato. A ciò si devono le iconografie spesso ripetute e la mancanza di dettagli – pizzaioli robusti e paffuti, spesso con baffi ben in vista, vanno per la maggiore.

Eppure l’utilizzo di un rivestimento in cartone, ha presentato, e presenta tuttora, difetti non indifferenti. Il problema principale con la scatola della pizza inizia con il suo stesso contenuto. Consideriamo per un attimo cosa rende la pizza così perfetta: non tanto (o meglio, non solo) l’alchimia fra ingredienti, bensì la consistenza stessa della pizza: tenera al centro, con una crosta invece più secca e croccante quando morsa. Ecco, difficilmente queste qualità sopravvivono in una scatola di cartone. A differenza di altri cibi da asporto, che possono essere riportati in vita nel microonde dopo il loro viaggio fino a casa, la consistenza di una pizza inizia a peggiorare irreparabilmente dopo soli pochi minuti di confinamento nel cartone. Ciò accade per un motivo abbastanza semplice, che riguarda il calore sprigionato dalla pizza mentre si raffredda: quando la temperatura è ancora alta, l’acqua contenuta nella pizza evapora, il cartone intrappola quell’umidità che finisce di fatto sulla pizza stessa, rendendo, dopo appena cinque minuti, i bordi della pizza flaccidi e gommosi, mentre il pomodoro inizia a penetrare nella crosta, che diventa molliccia. Nel frattempo, la tua pizza sta rapidamente perdendo calore.

Dunque, una scatola per pizza che ha un unico compito, mantenere una pizza calda e croccante durante il viaggio dal ristorante a casa tua, non può davvero farlo. Più la pizza è elaborata, peggiori sono i risultati.

A riguardo sono state tentate diverse soluzioni, molte incentrate sui materiali, altre sulle loro forme. Dalla produzione di cartoni internamente rivestiti in PET metallizzato, il materiale plastico che si è soliti utilizzare per bottiglie e contenitori di cibi, passando per la produzione di cartoni per pizza in plastica (più precisione in polistirene alimentare) sino ai brevettati sistemi “anticondensa” che godono di prese d’aria rafforzate sul margine alto del cartone, e piccolissimi fori sulla base, per ridurre la formazione di condensa anche sotto la pizza. Apple, qualche anno fa, ha addirittura lanciato un cartone di forma rotonda, aderente alla pizza stessa, con tanto di stabilizzatore per bloccare il contenuto e dotato di fori tattici sulla superficie per lasciare fuoriuscire il vapore e non impregnare di umidità l’impasto.

La scatola brevettata da Apple

Negli ultimi anni le innovazioni vi sono state, soprattutto in chiave ecologica. È sì vero che oggi la maggior parte dei cartoni sono realizzati con carta Kraft, una pasta composta da almeno l’80% di cellulosa al solfato di conifere a fibra lunga e da un 20% di altra materia fibrosa vergine, dunque 100% vegetale e senza materiale da macero, tuttavia nessuna scatola per pizza in uso oggi è significativamente migliore per il mantenimento del suo prezioso contenuto rispetto a quella inventata da Domino tanti anni fa.

Il problema maggiore riguarda il costo. Nessuna scatola per pizza proposta è competitiva rispetto al prezzo del cartone, il cui costo attualmente si aggira sui trenta centesimi a scatola – peraltro già aumentato nell’ultimo anno, dopo la guerra in Ucraina e i rincari delle materie prime, tra cui la carta. Per anni, altri materiali sono stati suggeriti e provati, ma ognuno di essi ha rivelato dei problemi: quando vengono presi in considerazione tutti i fattori, il cartone dimostra di essere ancora il miglior materiale disponibile per confezionare la pizza.

La scatola perfetta, una che sia economica, impilabile, pieghevole e sostenibile come i suoi fratelli di cartone, non è ancora stata escogitata.