Perché impazziamo per la cancelleria? 

Con oltre sette miliardi di visualizzazioni su TikTok, duecentomila video su YouTube e dieci milioni di post su Instagram, l’hashtag stationery – cancelleria, in italiano –  è uno dei più vissuti dell’ecosistema digitale. In questo periodo, complice il mese di settembre (tra scuole che riaprono e buoni propositi più intensi che a gennaio), i contenuti in #stationery generano maggiore intrattenimento, allargando il bacino d’utenza anche a chi non bazzica usualmente tra i video di journaling, prove di nuovi evidenziatori e lettering con penne stilografiche elegantissime.

Questo interesse, a ogni modo, non è solo legato al periodo: la cancelleria suscita emozioni specifiche in ciascuno di noi da sempre, spaziando dalla nostalgia all’organizzazione, dalla creatività alla sensorialità. Ci ricorda le dediche sui diari (che ai miei tempi venivano scritte con le penne glitterate delle grandi occasioni), ci sprona a rimetterci in carreggiata grazie a post-it e agende. La cancelleria è un mondo di desideri ed emozioni che ci unisce più di quanto possiamo immaginare, a cui storia ha seguito un’accelerazione parallela alla comunicazione delle esigenze umane. 

In principio fu la superficie

Volendo prenderla proprio alla larga, potremmo includere nello scatolone dei “rudimenti di cancelleria” le pietre e i pigmenti naturali utilizzati nel Paleolitico per creare disegni. Questi strumenti permisero ai nostri antenati di lasciare un’impronta duratura, espressione di un sé e di una creatività insiti nei nostri pensieri, che continuano a manifestarsi nelle emozioni che la cancelleria suscita ancora oggi.

Velocizzando il corso della storia, per le prime invenzioni rivoluzionarie in materia di cancelleria dobbiamo spostarci verso i tempi dell’Antico Egitto con l’avvento del papiro. Leggero e resistente (i papiri più antichi ritrovati dagli archeologi risalgono al terzo millennio a.C.), era ideale per la scrittura e  rimase uno strumento prezioso non solo in Egitto ma anche nell’antica Grecia e durante l’Impero Romano. Successivamente arrivarono le tavolette cerate e la pergamena (detta anche cartapecora), ricavata dalle pelle di animali. Mentre le tavolette venivano usate per le lettere, la pergamena richiese più tempo per dimostrare il suo vantaggio rispetto al papiro, in quanto permetteva di scrivere su entrambe le facciate.

L’invenzione più rivoluzionaria in materia di cancelleria, però, fu la carta. Tradizionalmente accreditata a Cai Lun, funzionario cinese della dinastia Han nato attorno al 50-62 d.C., le prove archeologiche dimostrano che la carta fosse già in uso prima di lui. Tuttavia, fu Cai Lun a presentare al proprio imperatore, nel 105 d.C., una forma di carta realizzata con una miscela di materiali facilmente reperibili (come la corteccia di gelso, stracci e fibre), che veniva immersa in acqua, macerata e setacciata su un telaio. Una volta pressata, questa miscela creava un foglio sottile e resistente, che si diffuse rapidamente in Europa durante il Medioevo.

Pochi glitter, tante piume

Ogni tela necessita di un pennello: assieme alle superfici su cui scrivere, anche gli strumenti per farlo hanno subito evoluzioni interessanti.

Prive di glitter, clip colorate e tutte le peculiarità moderne, le prime penne riconoscibili come tali risalgono alle civiltà mesopotamiche circa 3500 a.C., e presentavano la forma di uno stilo per incidere segni su tavolette di argilla. Ancor prima, gli abitanti della Valle dell’Indo utilizzavano sigilli di steatite (una pietra morbida), per scrivere la propria storia tra il 2600 e il 1900 a.C. Seguirono diverse evoluzioni, dalle canne a punta affilata dell’antico Egitto alle stilo di metallo romane del Tredicesimo secolo a.C. e, dal calamo e alle penne in piuma d’Oca a inizio Medioevo in Europa. 

Ci siamo quasi al boom: dall’invenzione della stampa all’industrializzazione Come abbiamo accennato, la storia della cancelleria, fin dagli albori, riflette l’evoluzione della comunicazione umana. Gli strumenti di cancelleria, dalle incisioni rupestri alle pennette per disegnare sui tablet, hanno rappresentato tappe fondamentali per l’istruzione e la creatività.

Per questo motivo, l’invenzione della stampa nel XV secolo (grazie a Gutenberg!) portò a una trasformazione radicale nella storia della cancelleria: la produzione di massa dei libri rese i materiali di scrittura più accessibili al pubblico, anche se inizialmente solo alle classi più abbienti. Questo processo portò, qualche secolo dopo, alla produzione in massa di buste, carte per appunti, penne e matite, che nel Diciottesimo secolo sfociarono nell’incarnazione di uno dei capisaldi della cancelleria: la matita lapis.
Inventata nel 1795 da Nicholas-Jacques Conte, scienziato al servizio di Napoleone Bonaparte, presentava al suo interno una forma di carbonio puro che chiamiamo tutt’oggi grafite (e che prima di Conte veniva adoperata dal popolo Azteco). 

I secoli che vanno dall’invenzione della stampa all’Ottocento sono anche quelli che vedono una maggiore diffusione di materiali e strumenti per scopi matematici e, più generalmente, educativi: dai compassi alle squadre, la cancelleria inizia a prendere forme contemporanee.

Tempo di produzione di massa

Se siete arrivati fino a qui, bene, perché ora arriva il bello. Con l’avvento del XIX secolo, l’industrializzazione portò alla produzione di massa di vari prodotti e articoli, tra cui quelli di cancelleria. La crescente domanda rispondeva ai bisogni sviluppati nei secoli: dalle attività burocratiche quotidiane alla crescente scolarizzazione, sempre più persone necessitavano di carta e penna ed erano disposte a pagare per ottenerle.

È in questo periodo che la gomma da cancellare, già inventata alla fine del Diciottesimo secolo, diventa oggetto comune. Con il desiderio di correggere i propri errori emerge anche la necessità di condividere sentimenti, portando all’esplosione della commercializzazione dei bigliettini d’auguri.

Negli anni Trenta del Novecento, László Bíró, giornalista e inventore ungherese, si accorse che l’inchiostro delle tipografie si asciugava rapidamente, senza sbavare – a differenza di quello utilizzato nelle penne stilografiche. Decise quindi di creare una penna che utilizzasse un inchiostro simile, brevettando (con l’aiuto del fratello György, un chimico), l’ormai celebre penna sfera – la biro. Prodotta in massa da Marcel Bich a partire dal 1950, la biro è oggi uno degli strumenti di scrittura più diffusi al mondo, forse il primo che viene in mente anche a chi preferisce le tastiere del computer alla cancelleria.

Sbloccato il divertimento delle penne a sfera e stimolato il desiderio di accumulare e possedere oggetti, il gioco è presto diventato serio: dagli anni Cinquanta a oggi la produzione di massa di articoli di cancelleria è esplosa, puntando non solo sulla funzionalità ma anche sul design. Questo si suddivide principalmente in tre categorie: prodotti di lusso (come la penna stilografica R de Cartier con pennino in oro massiccio 750/1000, che costa €770), articoli pratici e comodi (pensiamo agli evidenziatori Stabilo, ideali per astucci e taschini), e prodotti kawaii – un termine giapponese che indica le cose “carine” e che ci piacciono (come il brand giapponese Kokuyo, attivo dal 1905, che continua a deliziarci con le sue creazioni).

Le quattro emozioni della cancelleria 

Come siamo arrivati dalle semplici biro blu agli evidenziatori di tutte le sfumature Pantone al mondo? E perché ne siamo ossessionati a tal punto da guardare a ripetizione video a tema su TikTok? La storia della cancelleria è la storia dell’evoluzione e della connessione umana, ci ha accompagnati per garantire condivisione, espressione di sé e progresso. Senza papiri, pergamene e biro, non saremmo dove siamo oggi. Pertanto, la nostra ossessione per la cancelleria può essere spiegata attraverso quattro emozioni fondamentali che essa stimola.

Nostalgia 

Le elementari e le medie sono anni particolari. Sai chi sei, non sai chi sei, provi confusione e non sempre capisci come muoverti a scuola. Tuttavia, è in questi anni che, proprio come incisioni rupestri, decoriamo zaini, quaderni, diari e persino banchi. La cancelleria diventa uno dei primi strumenti per esprimere la nostra identità, lasciando – letteralmente – un segno della nostra esistenza. Anche se nei primi anni di vita capita di usare pennarelli e pastelli, è durante le scuole elementari e medie che ci vengono offerti i “sogni proibiti” dell’asilo, come le forbici, le stilografiche e le penne cancellabili. Con il passare del tempo, la varietà supera la quantità: la cancelleria si arricchisce e ogni settembre ci regala un carico di dopamina in formato di astucci pieni di colori. Da adulti, è facile guardare indietro con un sorriso e celebrare quei tempi ogni volta che acquistiamo una nuova penna.

Senso di organizzazione 

Una delle tendenze più popolari nel mondo della cancelleria è il journaling, ovvero l’arte di scrivere su un diario per riflettere su pensieri, emozioni ed esperienze, migliorando la consapevolezza e la chiarezza mentale. Oggi, il journaling è un tripudio di colori. Basta dare un’occhiata a TikTok per essere sommersi da idee creative per i diari: adesivi, gradazioni di colore con matite-acquerello, font gotici disegnati a mano e petali di fiori incollati con colle glitterate sono solo alcune delle ispirazioni  per i journal dei nostri tempi. Acquistare cancelleria per il journaling e le agende sortisce un duplice effetto: da un lato, aiuta a sentirci organizzati, con tutto sotto controllo e pronto per essere depennato da una lista carina e scintillante. Dall’altro lato, funge da attività calmante, poiché la soddisfazione di completare una pagina di journaling in modo esteticamente appagante vale tutte le tappe al supermercato e in cartoleria post-lavoro o studio. 

Creatività, espressione di sé 

Che siate persone particolarmente creative o meno, basta l’acquisto di una penna verde per scatenare esplosioni di creatività. Se le scritte sugli zaini rappresentano uno dei primi modi per esprimere noi stessi durante l’infanzia e l’adolescenza, gli scarabocchi su agende e storie di Instagram (sulle quali torneremo a breve), riflettono la stessa necessità di espressione. 

L’ossessione per la cancelleria è diretta espressione di sé – sia da un punto di vista di estro creativo che di passione. Acquistare articoli di cancelleria, immergersi nei contenuti online dedicati, provare tutte le penne presenti in cartoleria è una forma di collezionismo che dice tanto della nostra personalità. Equivale a qualsiasi altro tipo di collezionismo e hobby, anche se le penne le lasciamo in ordine nel cassetto senza utilizzarle. 

Sensorialità 

Infine, una delle emozioni più tangibili che alimenta l’ossessione per la cancelleria è la sua dimensione sensoriale. Dalle sensazioni tattili al design degli oggetti, dai colori agli odori, la cancelleria offre piaceri profondi. Alcuni amano l’odore dei pastelli a cera, altri trovano irresistibile la resistenza degli evidenziatori sulla carta, molti provano piacere nel sentire scorrere le penne a gel sui quaderni.

Queste sensazioni sono insostituibili, come dimostrano i dispositivi tecnologici che cercano di replicarle. Pensate ai tablet, con le loro app per scrivere, disegnare e annotare pensieri, complete di effetti sonori simili a quelli della carta e penna. O ancora, alle Storie di Instagram: perché riprodurre sottolineature come gli evidenziatori su carta se non per rispondere a un bisogno umano, attivando ricordi passati?
Che si tratti di nostalgia per l’infanzia o di espressione di sé, l’evoluzione sensoriale della cancelleria nel mondo digitale dimostra quanto carta, penna e derivati siano parte fondamentale della comunicazione inter- e intra-personale. Soprattutto, quanto siano destinati a rimanere.

Possiamo quindi concludere dicendo che l’ossessione per la cancelleria vivrà finché l’essere umano si mostrerà pensante? Io dico di sì.