
Era il 2009 quando UNIQLO annunciava una delle sue primissime designer collaboration, la quale aveva come protagonista Jil Sander, la regina del minimalismo che ormai da un decennio si era ritirata dalla maison che porta il suo nome. Se dobbiamo essere precisi, in questo arco di tempo la stilista ha avuto una serie di tira e molla con i vertici del gruppo Prada, che nel 1999 aveva rilevato la sua azienda eponima; tuttavia non è sbagliato dire che era ormai lontana dai frenetici ritmi delle fashion week e perciò la sua partnership con la catena di fast fashion giapponese segnava il suo grande rientro nel mondo della moda.
Questo ritorno non era affatto casuale, bensì simboleggiava un vero e proprio sentimento di dovere che Jil aveva nei confronti di chiunque ci tenesse all’abbigliamento. In quel periodo l’economia mondiale risentiva di una forte crisi, a tal punto che da allora andava per forza ristabilito un equilibrio nel campo del lusso. Alle persone serviva dunque un prodotto che mantenesse gli stessi standard qualitativi a cui erano abituate prima, ma a un prezzo più abbordabile. Ecco quindi che UNIQLO e Jil Sander insieme erano il duo perfetto per risolvere questa situazione. Il fashion business necessitava di un cambiamento radicale e secondo loro la direzione su cui orientarsi era soltanto una: il nuovo lusso doveva corrispondere alla semplicità. Fondamentalmente era questo il punto cardine su cui ruotava +J, la linea nata da questa collaborazione.

Questo nome, breve e quasi criptico, era influenzato dal fatto che all’epoca il conglomerato Onward Holdings Co. deteneva il brand Jil Sander e tutti i diritti di copyright connessi al nome. Per quanto possa sembrare un’ironia della sorte, quindi, il progetto della designer tedesca non poteva in alcun modo essere associato al suo nome, poiché non aveva nulla a che fare con la maison, ma riguardava lei come persona.
Al di là di questa piccola curiosità, la collezione fu un successo clamoroso, perché rispecchiava esattamente ciò di cui i clienti avevano bisogno: capi di alta qualità, eleganti, semplici, con un design senza tempo e un costo democratico.
Il sodalizio venne presto rinnovato, con il lancio di una nuova capsule per l’autunno/inverno 2010 e successivamente anche per la primavera/estate 2011, sempre mantenendo intatti i valori legati al concetto di “less is more” e alla cura nella manifattura che andava a caratterizzare articoli pensati appositamente per migliorare la vita di tutti i giorni. Questa però fu l’ultima, poiché in modo per nulla scontato la coppia aveva dichiarato di aver compiuto la propria missione e di voler “mettere in pausa” la loro collaborazione per non dilungarsi a scopo commerciale senza avere più nulla da dire. Alcuni fan rimasero delusi da questa dichiarazione e così, per accontentarli, nel 2014 e poi nel 2015 avvenne un restock dei pezzi cult realizzati tra il 2009 e il 2011.
Prestate attenzione, abbiamo utilizzato l’espressione “mettere in pausa” e non “terminare”, perché, nonostante nessuno se lo aspettasse più, Jil Sander e UNIQLO sono tornati a lavorare assieme proprio quest’anno.
Ovviamente, anche questa volta, il tempismo non è frutto del caso. Tutti noi ci stiamo rendendo conto di come il 2020 non sia esattamente uno degli anni migliori per il genere umano, messo alla durissima prova dal coronavirus. Di nuovo, quindi, al fashion system, ma più in generale alle persone, occorre un aiuto, ed ecco che il binomio UNIQLO Jil Sander torna a comparire con lo stesso scopo e la stessa sensibilità di dieci anni fa. Oggi come allora il mondo ha bisogno di qualcosa che rimanga nel tempo e la soluzione altro non può essere che una collezione fatta di capi eleganti ma moderni, di qualità ma a un prezzo onesto, raffinati ma non banali.

Certo, le circostanze hanno fatto la loro parte, ma sarebbe riduttivo dare a esse tutto il merito del riscontro positivo ottenuto da questa partnership. Su una cosa non abbiamo dubbi: Jil Sander è la partner perfetta per UNIQLO e a testimoniarlo c’è una certa visione creativa che possiamo cogliere dalle carriere di entrambi, nelle quali andremo ora ad addentrarci brevemente.
Heidemarie Jiline Sander, questo il suo nome all’anagrafe, comincia a debuttare nella moda perché spinta dal desiderio di semplificare l’estetica che imperava negli anni ’70. Aiutata dalla sua formazione in ingegneria tessile, inizia a creare i primi abiti con la macchina da cucire di sua madre per poi venderli assieme a quelli di Thierry Mugler e altri stilisti d’avanguardia nella sua boutique di Amburgo. È il 1973 quando passa allo step successivo e fonda la maison Jil Sander. Già dalle prime sfilate il suo tratto distintivo risulta essere più che evidente, tuttavia quei cosiddetti “tagli fatti col coltello” su tailleur, pantaloni sartoriali e camicie rigorosamente in una color palette neutra non vennero del tutto capiti e furono giudicati troppo raffinati e concettuali. Lei però, da vera tedesca, non si lasciò prendere dallo sconforto e proseguì con la sua visione libera da ogni trend spostandosi prima a Parigi e poi a Milano, città in cui finalmente si sentì rispecchiata. La sua perseveranza troverà finalmente ricompensa negli anni ’90, decennio in cui assieme a Helmut Lang e Donna Karan porta avanti e afferma la corrente del minimalismo, tanto da venire presto definita dalla critica “l’Armani tedesca” per il suo stile intellettuale ed essenziale. La sua idea di donna in carriera che si avvale di un aspetto forte e puro comincia dunque a fare il giro del mondo e la sua maniacale attenzione per i dettagli la rende uno dei nomi più rinomati del fashion system.

Al tempo stesso, lontano dalle più blasonate passerelle europee, comincia a crescere una realtà di nome UNIQLO, destinata in breve tempo a dettare nuove regole all’interno della vendita di abbigliamento al dettaglio. Il suo fondatore, Tadashi Yanai ha le idee ben chiare e, consapevole del cambiamento che il Giappone sta attraversando negli anni ’80, punta a definire un sistema di moda che innalza le proprie radici sui valori nipponici di semplicità, qualità e longevità. Una volta ottenuto il pieno controllo della catena produttiva è presto fatto. I suoi prodotti, progettati per valorizzare la personalità e le esigenze di ognuno di noi attraverso un design lineare, versatile e accessibile nonostante l’ottima fattura, conquistano gradualmente il mercato di tutto il mondo. Col tempo questa filosofia prenderà il nome di LifeWear e verrà accompagnata dal motto “Made For All“.
Essenzialmente, nonostante vivessero ed operassero agli antipodi, UNIQLO e Jil Sander hanno sempre professato gli stessi ideali con un piano ben preciso: migliorare il mondo attraverso la moda. E senza ombra di dubbio ce l’hanno fatta.