Playboi Carti: quando il mumble rapping diventa poesia (e hype)

Quella di Playboi Carti è una storia che sprizza “American dream” da tutti i pori, nel bene e nel male. Una storia che inizia nel 1996, ad Atlanta, in quella che è indubbiamente la capitale della generazione che ha settato i trend nel rap degli ultimi anni. Che piaccia o meno, la trap – e tutte le sue derivazioni, compresa la musica di Carti – ha cambiato la percezione e l’influenza di un genere che, da cinque o sei anni a questa parte, sta vivendo un’espansione apparentemente inarrestabile. Parte integrante di quest’ondata, Playboi Carti ha lasciato il segno con due opere, un omonimo mixtape e l’album di debutto, per poi comparire con featuring in alcuni progetti tripla A. Il suo atteso nuovo album, però, tarda ad arrivare; o, perlomeno, tardava. Le ultime settimane lo hanno infatti visto tornare prepotentemente sui social: che il 2020 sia pronto a chiudersi nel segno di “Whole Lotta Red“?

Il sogno americano di Playboi Carti inizia prima della sua rincorsa ad una carriera musicale. Il giovane rapper sognava infatti di diventare un cestista, ma la sua attitudine non era esattamente quella di un atleta professionista. Nonostante un indubbio talento, messo in mostra a più riprese durante l’high school, la passione per i backwoods e un carattere tutt’altro che facile lo portarono a scontrarsi a più riprese con il coach, fino a mollare la squadra. Mollata la squadra, mollato il sogno del basket, (quasi) mollata la scuola. Carti, all’anagrafe Jordan Terrel Carter, si diploma quasi per miracolo, e non è un’iperbole; alla sua cerimonia di diploma non c’era praticamente nessuno, perché nessuno sapeva che era effettivamente riuscito a raggiungere i punteggi minimi per diplomarsi.

La passione per la musica arriva nel 2011, quando nasce Sir Cartier, il suo primo alias musicale, e inizia a spostare il focus dallo sport al rap. Le prime pubblicazioni sono su SoundCloud, ma durano poco, e nel 2013 Sir Cartier cede il posto all’attuale Playboi Carti. Al cambio di nome segue un altro importante cambiamento, in quanto, dopo il diploma, si trasferisce a New York, proprio per perseguire sul serio una carriera nel rap. Quasi per caso, per una serie di sliding door incredibili, incontra ASAP Bari, uno dei fondatori del collettivo ASAP Mob – il tutto succede a casa dello spacciatore di Carti, casa in cui si era a tutti gli effetti trasferito. È difficile immaginare uno scenario più trap di così.

Playboi Carti, ASAP Bari e ASAP Rocky

Bari ha già sentito qualcosa di Carti online, e rimane colpito dal ragazzo, al punto da presentarlo al resto del collettivo. Saranno anni in cui – per ammissione dello stesso rapper – l’influenza di ASAP Rocky sulla sua musica e sul suo stile si riveleranno fondamentali. Playboi Carti continua a pubblicare materiale inedito su SoundCloud, collaborando con nomi quali Da$h e Maxo Kream, oltre che a gran parte delle nuove leve della sua città natale – tra cui Yung Bans e Lil Yachty. Inizia anche a calcare i primi palchi importanti, imbarcandosi in un tour con ASAP Ferg e Lil Uzi Vert. AWGE Records – l’etichetta dell’ASAP Mob – e Interscope gli fanno una proposta che non può rifiutare: è il 2016, e Playboi Carti ha finalmente un contratto discografico tra le mani.

Il 2017 è l’anno che vede Playboi Carti finire sotto le luci dei riflettori. Il suo omonimo mixtape d’esordio travolge pubblico e critica, e gli fa guadagnare un posto nella XXL Freshman Class di quell’anno. “Magnolia” e “Woke Up Like This” (con Lil Uzi Vert) si rivelano delle hit – finendo rispettivamente alla posizione 12 e 76 della Billboard Hot 100 -, risultati impressionanti per quello che è, a tutti gli effetti, un mixtape d’esordio, neanche un album ufficiale. Carti partecipa al secondo volume del “Cozy Tapes” dell’ASAP Mob, oltre a comparire in “Lust For Life”, disco di Lana Del Rey. I tempi di SoundCloud sembrano ormai un ricordo sbiadito.

Al fianco dei successi in ambito musicale, Playboi Carti è sempre più un’icona di stile, uno dei volti più riconoscibili della nuova generazione di rapper. Louis Vuitton, Yeezy, OVO: passerelle e lookbook lo vedono comparire sempre più di frequente, mentre GQ lo definisce “leader dello stile dei giovani”, e Vlone lo chiama a disegnare alcune collezioni. Nel 2018 esce “Die Lit”, il suo primo album ufficiale, che debutta al numero 3 della Billboard 200. Playboi Carti non è più una scommessa, è una delle certezze del rap game americano, nonostante, spesso, il suo mumbling sia così estremo da risultare incomprensibile. Sono le melodie, però, a stregare pubblico e critica, e l’aspetto lirico diventa impercettibile.

Pochi mesi dopo l’uscita di “Die Lit”, il rapper di Atlanta ha già annunciato il suo secondo album, “Whole Lotta Red”. Il suo pubblico è già in visibilio, mentre il rapper parte in tour e suona in ogni angolo del mondo (compresa l’Italia). Nel 2019 compare in diversi progetti di spessore, tra cui “Earfquake” di Tyler, The Creator e “Perfect Ten” di Dj Mustard, mentre nel 2020 è in “Dark Lane Demo Tapes” di Drake – è proprio con “Pain 1993” che Carti finisce per la prima volta nella top 10 della Billboard Hot 100, alla posizione numero 7. La prima metà del 2020 l’ha anche visto pubblicare “@MEH”, il suo primo singolo ufficiale dal 2018, che ha elevato all’ennesima potenza il suo (già personalissimo) concetto di mumbling. La traccia non ha fatto altro che scatenare un turbinio di reazioni nei fan, ormai esasperati dall’attesa. Di “Whole Lotta Red”, però, ancora nessuna traccia.

Playboi Carti sfila per la prima collezione di Virgil Abloh per Louis Vuitton

Tra una notizia sulla sua relazione con Iggy Azalea e un’altra sul loro neonato figlio, Playboi Carti ha continuato a tacere sul lato disco molto a lungo. A novembre 2020, però, è improvvisamente tornato di prepotenza sui suoi canali social. Tra Instagram e Twitter, si è lasciato andare in una serie di messaggi piuttosto criptici, ma che sembravano presagire un qualche tipo di annuncio imminente. È anche arrivata una lunga diretta ricca di spoiler, a dimostrare che sì, “Whole Lotta Red” esiste, e sembrerebbe essere completo. La conferma è arrivata il 23 novembre: Carti ha completato il disco e l’ha consegnato alla sua label.

Cosa possiamo aspettarci da “Whole Lotta Red”? Impossibile rispondere. Playboi Carti è stato definito in moltissimi modi, ma uno di questi non è “prevedibile”. Ogni progetto ha vita a sé, il suo stile è in perenne evoluzione, data anche la giovane età. Sono ben pochi gli artisti in grado di catalizzare così tante attenzioni a soli 24 anni, e ancora meno quelli che ad un’età simile hanno il curriculum discografico di Carti. Non sappiamo cosa aspettarci, ma sappiamo di aspettarlo davvero; perciò sorprendici Carti, e fallo davvero, che in questo 2020 ne abbiamo bisogno.