Polaroid, il loro primo e unico progetto discografico pubblicato come collettivo nella primavera del 2017, rappresenta di gran lunga uno dei dischi più influenti del passato decennio. Probabilmente in una maniera tale che nemmeno i due artisti romani avrebbero potuto rendersi conto nel momento dell’uscita.
10 canzoni che raccontano altrettante storie di quartiere, piccole istantanee di vita arricchite da una capacità visionaria di mettere l’autotune peculiare della trap su delle basi di chitarre acustiche, sui suoni del sax e del violoncello, creando così un effetto sonoro scanzonato, che perfettamente si sposa con le parole dei testi. Uno sguardo a 360 gradi di quella che è la vita, che sia felicità, nostalgia o dramma, dove l’identità prevale sui dogma dei generi e l’attitudine sulla forma.
Benché il progetto si sia concluso dopo il tour di Polaroid, in cui come poche altre volte si vide una connessione fra artisti e pubblico così palpabile, la pagina Spotify del duo, distinta dai corrispondenti profili degli artisti come solisti, conta ancora oggi oltre 700mila ascolti mensili. Sui muri delle città di tutt’Italia si trovano decine di citazioni tratte dal progetto. Fra gli affezionati, il vinile del disco è considerato un oggetto di culto, difficile da trovare in vendita.
Soprattutto, nessuno ha mai più raccontato la quotidianità di migliaia di under 30 tanto bene quanto il duo romano, in maniera così semplice e diretta, parlandoti come ti parlerebbe un amico qualsiasi. Non fu la solita adesione generazionale di massa per un certo pop italiano, che abbiamo visto ripetersi in copia negli anni a venire, bensì una formula rara, trasversale e nuova, tutta loro, che procede per immagini e che portò migliaia di ascoltatori ad immedesimarsi.
Pezzi scritti e prodotti in una mansarda di Trastevere e poi pubblicati su YouTube di getto, spinti dall’urgenza di raccontare. Bellissimi scatti di una polaroid che ha ispirato tanti, ma che nella pura e autentica forma originale non abbiamo più visto replicarsi.