PONY nasce a Manhattan nel 1972 dall’ambiziosa idea di Roberto Muller che, forte del suo spirito imprenditoriale molto newyorkese, ha capito che le sneakers e l’abbigliamento sportivo saranno uno dei tratti fondamentali dell’estetica anni ’70 e ’80, dentro e fuori dal campo. Il boom di celebrità del jogging sta per iniziare e quello del fitness è ancora lontano, ma Muller vede quello dello sportswear come un mercato dalle grandi potenzialità in cui inserirsi, grazie alle sue precedenti esperienze nel mondo del marketing legato allo sport.
PONY si affaccia al mercato delle sneakers in un momento di fortissima competitività in cui ogni brand, grande o piccolo, gioca tutte le sue carte per guadagnarsi spazio e vendite. Sono gli anni in cui i principali brand statunitensi incontrano la maggiore flessione a livello di vendite a favore di colossi stranieri come adidas, mentre la storia di Nike sta per iniziare in una situazione simile. Muller capisce che per imporsi, PONY dovrà saper scegliere in maniera ottima i suoi testimonial e che il marketing è la chiave per il successo insieme all’innovazione tecnologica, un aspetto che diventerà fondamentale per la vita di molti brand con la “guerra dei brevetti” negli Anni ’80 e ’90.
Nei primi anni di vita del suo marchio, Muller ha legato l’immagine di PONY a quella di diversi personaggi sportivi che, come amano fare gli americani, si potrebbero definire “larger than life”. PONY è ai piedi di Franco Harris durante l’Immacolata Ricezione, una giocata con cui ha regalato nel 1972 ai suoi Pittsburgh Steelers la prima vittoria nei Playoffs NFL della loro storia. Solo negli Anni ’70 gli Steelers avrebbero vinto il Super Bowl quattro volte, affermandosi come una delle squadre NFL più vincenti di sempre. Negli Anni ’80, invece, PONY sceglie come testimonial Dan Marino, quarterback dei Miami Dolphins che ha contribuito a rendere celebre il brand anche in chiave lifestyle, venendo immortalato spesso con le sue PONY anche fuori dal campo da gioco, in piena era “Miami Vice“.
Anche nel baseball PONY ha creato attorno a sé un’aura leggendaria, soprattutto nell’area newyorkese grazie all’endorsement di Reggie Jackson, che nei suoi primi due anni ai New York Yankees vinse due volte le World Series guadagnandosi il soprannome “Mr. October” e diventando una vera celebrità nei cinque boroughs. Anche una volta lasciati gli Yankees, i cleats PONY restarono ai piedi di Jackson, anche quando nel 1984 ha segnato il suo home run numero 500.
Oggi sembra paradossale pensarlo, ma negli anni ’70 e ’80 l’NBA era un campionato marginale negli Stati Uniti, in un’era in cui il pro basketball era falcidiato dagli scandali e dall’uso di droga e addirittura le NBA Finals finivano per essere trasmesse in differita. Nonostante ciò, PONY è arrivato in quel periodo ad avere fino a duecento star NBA tra i loro endorser, con nomi di spicco come Earl Monroe, John Havlicek, Darryl Dawkins, Bob McAdoo (passato successivamente anche da Milano) e Wilt Chamberlain. L’apice a livello di celebrità nel mondo del basket arriverà però nel 1986, quando delle PONY City Wings sono ai piedi di Spud Webb che, dall’“alto” dei suoi 170 cm vince lo Slam Dunk Contest NBA servendo uno splendido assist al team marketing di PONY che conia il claim “Why get Air when you can fly?”.
Sempre a cavallo tra gli Anni ’70 e ’80, PONY ha saputo leggere in anticipo la forte crescita dell’immaginario Hip-Hop e le sue connessioni con lo street basketball, sponsorizzando il leggendario torneo del Rucker Park e finendo ai piedi di moltissimi B-Boy dell’epoca.
L’azzardo più grande, però, PONY lo compie tentando di avventurarsi nel mondo del calcio, uno sport notoriamente ostico negli USA. Il periodo è quello giusto, la neonata NASL (North American Soccer League) sta investendo cifre incredibili per promuovere il calcio negli Stati Uniti, nella speranza di poter creare abbastanza interesse da convincere la FIFA a far ospitare agli USA la Coppa del Mondo. Tra le molte star che sono sbarcate negli USA a fine carriera per popolare la NASL, c’è anche O Rey, Pelé. La star brasiliana si accasa ai New York Cosmos e, ovviamente, PONY non si fa scappare l’occasione di vestire uno dei più grandi calciatori di sempre davanti al pubblico di casa. Pelé segnerà anche il suo gol numero 1250 indossando degli scarpini PONY. Tra gli altri nomi noti, anche Giorgio Chinaglia e Paolo Rossi indosseranno durante la loro carriera scarpini PONY, messo sotto contratto dal marchio americano sull’onda dell’entusiasmo generato dalla vittoria dell’Italia nella Coppa del Mondo 1982.
Nonostante il successo del marchio e il coinvolgimento di grandi star, Roberto Muller dovette vendere le sue quote societarie a Horst Dassler. PONY entrerà quindi in un periodo d’ombra, in cui si troverà schiacciato dalla crescente celebrità degli attuali colossi dello sportswear.
Da qualche anno, sotto la guida di una nuova proprietà, PONY ha saputo però fare il suo ritorno nel mondo delle sneakers, grazie anche a importanti collaborazioni con store del calibro di Overkill e star come Joey Bada$$, senza dimenticare le sue profonde radici newyorkesi: infatti il brand ha lavorato negli scorsi anni al rilancio della linea basketball con i gemelli Dee & Ricky e con Ronnie Fieg, che hanno saputo mixare alla perfezione l’heritage del marchio con i tratti stilistici della “nuova guardia” della Grande Mela, con lo Chevron sempre in bella vista.
Oggi, grazie a Baco Distribution di Andrea Conidi, PONY è disponibile anche nel vecchio continente con Pony Europe, che promuove e distribuisce in esclusiva europea il catalogo PONY di modelli vintage running e basketball organizzando anche particolari eventi, come quello in occasione del lancio dell’album “Regardez Moi” di Frah Quintale, quando l’artista bresciano è stato ospite di Baco per customizzare le sneakers PONY, attività successivamente replicata anche durante Pitti Uomo.
Vintage ads & shoes via Pony’s Sneaker Freaker anniversary book.