“Pray for Paris”: Westside Gunn ha messo insieme rap, arte e Virgil Abloh

Prendete una buona dose di liriche crude, mescolatela ad una pioggia di barre e a un immaginario aggressivo ma curato nel minimo dettaglio. Aggiungete il contributo estetico di una delle figure che più ha plasmato lo streetwear (e non solo) negli ultimi anni. Guarnite il tutto con abbondanti collaborazioni da parte di nomi iconici del rap, contemporanei e passati. Una ricetta del genere, tipica dei libri di cucina più elitari dell’hip hop mondiale, è quella che ha dato vita a “Pray for Paris”. L’ultimo progetto di Westside Gunn si candida infatti a essere uno dei lavori più interessanti dell’anno, e in generale l’opera in grado di consegnare l’eclettico estro creativo del suo autore all’olimpo di questo genere.

Westside Gunn
Westside Gunn

Il rapper classe ’82 e la sua etichetta indipendente, Griselda Records, sono il perfetto esempio di family business. Partiti da Buffalo, dalla periferia, lontanissimi da qualunque tipo di riflettore, Westside Gunn, il fratello Conway The Machine e il cugino Benny The Butcher sono arrivati letteralmente in cima, grazie solo alla forza delle proprie barre. La firma con Shady Records di Eminem, quella con Roc Nation di Jay-Z, la gita in Wyoming nel ranch di un certo Kanye West: l’elenco delle conquiste del trio è impressionante e devono tutto a costanza, coerenza e dedizione. Hanno trasformato la propria matrice stilistica – lirica, tecnica, sonora – in un culto; non hanno ragionato in termini numerici, si sono prefissati l’obiettivo di creare qualcosa che li rappresentasse, e che potesse vincere la prova del tempo. Mission accomplished.

Pray for Paris merchandising
Jay-Z indossa uno dei pezzi del merchandising di “Pray for Paris”

“Pray for Paris” è l’ultimo capitolo di un lungo percorso di crescita, per Westside Gunn. Visionario, imprevedibile, creativo a 360 gradi – dalla musica all’arte, passando per il merchandising, la sua firma è riconoscibile su tutto ciò che lo riguardi -, appassionato tanto dell’arte aulica quanto del puro intrattenimento nel wrestling, Westside Gunn è un rapper in cui l’alto e il basso non solo convivono, nella sua persona come nella sua arte, ma si ibridano, si elevano vicendevolmente. La ricercatezza della sua arte, della sua musica, del suo rap, sta proprio in un gioco di opposti che a volte non si manifesta neanche nella musica.

La cover di “Pray for Paris”, ad esempio, firmata da Virgil Abloh; un classico di Caravaggio, su cui il Flygod ha voluto piazzare delle collane. Le sue collane. O il titolo del disco, nato – come l’intero progetto – mentre era a Parigi per la fashion week, ospite dello stesso Abloh, visto che Griselda ha contribuito alla soundtrack della sfilata di Off-White. Perché “Pray for Paris”, allora? Come raccontato in diverse interviste, perché dopo il suo passaggio, alla città non restava altro che pregare di riprendersi dal suo impatto. Uragano Westside Gunn.

Pray for Paris cover
La cover di “Pray for Paris”

Insieme all’immaginario, tanto iconoclasta quanto iconico, è arrivata però la musica. È arrivato il rap, impeccabile anche quello. Sono arrivate tredici tracce di una brutalità poetica. Lo stile è inconfondibile, a partire dalla voce, per lasciare poi spazio a un fiume di riferimenti, tra i più disparati; Genius, in questi casi, è un alleato salvavita. Arrivano le collaborazioni, quelle di spessore: gli immancabili Conway e Benny, ma anche Wale, Freddie Gibbs, Roc Marciano, Dj Premier, per arrivare agli inaspettati Joey Bada$$ e Tyler, The Creator – che appare anche nelle vesti di producer, non solo come rapper. Perché Westside Gunn è proprio quel tipo da cui ti aspetti l’inaspettato, quello che cala l’autore di “IGOR” in atmosfere in cui nessuno si sarebbe aspettato di ascoltarlo. Poi nasce “327”, e tutti d’accordo. Mr. Worthy – questo il suo cognome all’anagrafe, quasi un segno del destino – ci ha visto lungo di nuovo.

Pray for Paris art
Una delle opere d’arte disponibili insieme a “Pray for Paris”

Insieme al disco arriva il merch, disegnato da Virgil Abloh, che riapre gli archivi di PYREX solo per Westside Gunn, che da sempre si è dichiarato fan del brand. Arriva anche l’arte, pezzi in edizione limitata, rivisitazioni di classici, testimonianze di una visione globale che permette all’autore di sfuggire dall’etichetta – per lui limitante – di rapper. E arriva l’outro del disco, in cui riesce a combinare riferimenti allo spaccio di cocaina e il featuring Carter Williams, un ballerino di tip tap, lo stesso presente nella sfilata di Off-White di cui abbiamo già parlato. Had a nigga tap dancin’ on the blow (Tap dancin’ on the blow, ah): questa l’ultima barra del disco, che si chiude col suono di un assolo di tip tap.

Genio e sregolatezza, come si dice spesso in termini calcistici. Genio e follia, come si dice in ambiti psichiatrici. Genio e basta. Questo è Westside Gunn.