I graffiti sembrano godere di ottima salute. Un tempo bollati come “vandalismo” dalla maggioranza delle istituzioni culturali, da anni sono finalmente riconosciuti come vere forme d’arte, sembrano aver valicato i confini della nicchia di appassionati e cultori della cultura hip hop e, sempre più frequentemente, entrano nei luoghi canonici dell’arte considerata “alta”: mostre, gallerie, fondazioni, musei – ma persino sfilate di moda.
Un linguaggio visivo nato per restare fuori, ai margini, oggi parla anche dentro, in spazi che un tempo gli erano totalmente preclusi. Una domanda sorge spontanea: perché proprio ora?
Secondo Leonardo Totino, founder da oltre dieci anni del movimento @graffiti_milano, l’interesse in sottofondo verso i graffiti c’è sempre stato, ma il Covid ha contribuito in maniera significativa a dar nuova forza al movimento.
«In un momento in cui molte libertà sono venute meno per cause maggiori, le persone hanno iniziato ad apprezzare e rispettare di più ciò che i graffiti rappresentano», ha affermato.
Museion, BolzanoFutura FormaMuseion, Bolzano
Ciò che sembra essere mutato è innanzitutto un discorso di percezione. Quando al giorno d’oggi si parla di graffiti, «le persone sono maggiormente coinvolte sull’argomento, curiose, interessate a informarsi o a dire la loro invece di ignorare l’argomento».
Fra gli effetti più concreti di tutto ciò si assiste a una «maggiore sensibilizzazione rispetto al fenomeno e a un avvicinamento più ampio da parte del grande pubblico: questo comporta, fra le altre cose, che sempre più persone possano sentire il desiderio di provare a fare graffiti o di rappresentarli», ci dice sempre Leonardo. Centra anche un ricambio generazionale: se è vero che è ancora oggi possibile vedere all’opera alcuni dei pionieri, questi ultimi sono sempre meno.
Da un lato, il fatto che i graffiti entrino in certi luoghi può essere letto come una legittimazione culturale di qualcosa che per troppo tempo è stato escluso dal dibattito ufficiale. Una sorta di riscatto: la strada che si prende il suo spazio, il writer che a tutti gli effetti viene legittimato come artista. Dall’altro, non mancano le critiche: c’è chi teme che in questo processo si perda lo spirito originario, la spontaneità ma soprattutto l’irriverenza con cui questa forma d’arte è nata.
In altre parole, ci si chiede se questa tendenza rappresenti l’occasione di una diffusione più attiva del fenomeno o se ne comporti invece la snaturalizzazione. Leonardo Totino considera i due mondi, quello dei graffiti e quello dell’arte, una cosa sola, valutando i recenti casi di diffusione dei graffiti al di fuori dei propri ambienti tradizionali, un fenomeno del tutto positivo. La natura del movimento, nato come controcultura fruibile da tutti e legata alla strada e a luoghi come treni, ponti, metropolitane e muri, non cambierà anche se i graffiti entreranno in spazi istituzionali.
«È proprio questa realtà a renderli autentici, perché i graffiti riescono a esistere sia in contesti ufficiali che in quelli più underground». Anzi, proprio il confronto – che a volte è anche scontro – all’interno di questa cultura è ciò che ne permette l’evoluzione, attraverso uno scambio costante di idee, tesi e pratiche.
Il dialogo tra strada e istituzione, se ben costruito, può portare a risultati interessanti. In alcuni Paesi, come Francia, Germania, Stati Uniti, questo percorso è più avanzato e l’integrazione dei graffiti nei circuiti culturali è iniziata da tempo.
Anche in Italia però alcuni spazi stanno cercando di trovare forme di coesistenza autentiche, senza sterilizzare il messaggio originale. «A Milano, ad esempio, il Comune ha messo a disposizione circa un centinaio di muri legali da dipingere in varie zone della città». La Fabbrica del Vapore ha ospitato per diversi mesi una mostra che metteva a confronto graffiti e futurismo; a Bolzano è invece ancora attiva al Museion una mostra che esplora il rapporto tra graffiti e arte contemporanea. E ogni iniziativa pubblica sul tema sembra attrarre un sempre più alto numero di persone, appassionati e non solo.
L’obiettivo rimane lo stesso: «aprire quante più porte possibile per le nuove generazioni, in modo che sempre più persone con il nostro background e linguaggio possano trovarsi in posizioni importanti, creative o meno». L’arte urbana, per natura, non è fatta per stare ferma. L’evolversi fa intrinsecamente parte di essa e degli spazi che decide di occupare e render propri. Rimanendo fedele a sé stessa, cosa che la cultura dei graffiti non ha mai smesso di fare.