Con l’incedere del nuovo millennio c’è stato un lungo periodo in cui l’R&B (anzi, l’R’n’B, grafia più moderna che andava per la maggiore negli anni ‘90) sembrava un genere ormai scomparso dai radar, sostituito da altre declinazioni della stessa matrice come il neo soul. Da qualche anno, però, in tutto il mondo sta vivendo un momento di grandissima rinascita: in contaminazione con altre tendenze come la trap, nelle sue forme più pure e anche nell’ambito del futuristico progressive R&B. È diventato una vera passione collettiva per la Gen Z, come è ormai evidente da tutti i trend, e anche l’Italia non fa eccezione. Su TikTok si riportano in auge le canzoni e i look iconici di star del passato come Aaliyah, Destiny’s Child e TLC; le playlist editoriali dedicate all’R&B volano nei numeri; i concerti fanno sempre il pienone. Sono in particolare gli eventi dal vivo, in effetti, a fare da cartina tornasole del fenomeno: l’estate scorsa, ad esempio, Jorja Smith è andata molto vicina al sold out in una location gigantesca come il Carroponte di Milano, dimostrando di vantare un pubblico affezionatissimo anche qui. E ad aprile 2024 a Roma c’è stato addirittura un vero e proprio festival dedicato all’R&B italiano, R&B Takeover Fest, organizzato da un gruppo di artisti tra cui Martina May, una delle voci storiche di questa scena: ovviamente le presenze non sono state certo quelle del Coachella o di Glastonbury, ma il locale in cui ha avuto luogo, il Monk di Roma, è uno dei più capienti della capitale. Perfino l’ultimo singolo di due giganti delle classifiche come Tiziano Ferro ed Elodie, Feeling, è un chiaro omaggio a quelle sonorità.
@elinaissak This night in Milan was truly something special❤️🩹 #jorjasmith #concert #milan #milanlife #jorjasmithlive #lifeinitaly ♬ original sound – elinaissak
La cosa più interessante di questa nuova scena progressive R&B italiana, in effetti, è che ha smesso di porsi limiti o di auto-etichettarsi, dando spazio a grandi filoni di sperimentazione e a una varietà che colpisce: dopo anni a essere il fanalino di coda d’Europa anche in questo, possiamo finalmente dire che siamo competitivi anche a livello internazionale. C’è davvero di tutto: dal sound più filologico e anni ‘90 di Martina May, Kuban, Roshelle e Nico Kyni alle venature soul di AINÉ, Filippo Cattaneo Ponzoni, Davide Shorty e Maëlys, dall’oscurità malinconica e british di Coca Puma, Iako e Rareş alle sperimentazioni elettroniche di TECHNOIR e Altea, passando per quelle più orientate alla Francia e all’Africa di STE, Gojardi, Santé e anice e alla contaminazione con la tradizione italiana di Folcast, Gorbaciof, Laura Di Lenola e Federico Di Napoli. E poi ancora, c’è dell’R&B nella musica di YOF, Irbis, Tatum Rush, Delicatoni, Simone Matteuzzi, Queen of Saba… Insomma, c’è tutto un mondo da scoprire. E la parola chiave, qui, è proprio questa: “scoprire”, perché in gran parte si tratta di un movimento underground e indipendente, ancora piuttosto lontano dai circuiti mainstream, dove se c’è bisogno di un featuring di quel tipo spesso vengono chiamati/e a interpretarlo artisti/e pop già noti/e, che con quella scena c’entrano poco e niente.
Verrebbe quindi naturale chiedersi: ma se l’R&B (ivi compreso quello italiano) è in un momento creativamente così florido, perché non troviamo questa tendenza riflessa nei nuovi artisti che provengono dai contesti più “istituzionali”, come le grandi produzioni discografiche, i talent o Sanremo? Ecco, la risposta perfetta potrebbe arrivare proprio da Sanremo Giovani, che da quest’anno con la nuova direzione artistica di Carlo Conti è diventato un talent show riservato agli under 26. In pratica, la modalità eliminatoria è una sorta di duello: gli artisti vengono abbinati in coppie, si esibiscono cantando ciascuno la propria canzone e uno dei due viene eliminato subito. Vengono valutati dalla commissione artistica, formata dallo stesso Carlo Conti, dal vicedirettore della Direzione Rai Intrattenimento e Prime Time Claudio Fasulo e da una serie di conduttori radiofonici (nello specifico Ema Stokholma, Carolina Rey, Manola Moslehi e Daniele Battaglia, più il maestro Enrico Cremonesi). Niente televoto, quindi: l’insindacabile giudizio è sempre e solo il loro, e in palio ci sono quattro posti per la categoria nuove proposte del Festival di Sanremo.
Nella prima puntata a qualificarsi per le semifinali sono stati Mew, Tancredi e Mazzariello. L’aspetto curioso, però, è che tutti e tre i concorrenti “perdenti” presentavano brani con venature R&B più o meno pesanti, che hanno interpretato in maniera piuttosto convincente, peraltro. Le Synergy sono un duo dalle atmosfere anni ‘90, in gara con Fiamma, un brano forse ancora perfettibile, ma piuttosto interessante e promettente; Sidy, che ha già parecchia esperienza come corista di Mahmood, ha emozionato con Tutte le volte, una performance intensa e commovente; Angie ha cavalcato le sonorità dei primi anni ‘00 con la sua Scorpione. In tutti e tre i casi si trattava di brani molto attuali, in termini di trend. Evidentemente ignari di ciò che sta succedendo là fuori, però, i giudici si sono lasciati andare a commenti piuttosto discutibili, del calibro di “L’R&B è morto vent’anni fa” o “Fai un genere che non arriva a molti”. D’altra parte, la Gen Z non è certo la loro generazione (su tutti i membri della commissione artistica, una sola ha meno di 40 anni: si tratta di Carolina Rey, classe 1991). Oltretutto, il tipo di emittenti da cui provengono ha poco a che fare con la ricerca musicale: la stragrande maggioranza di loro sono semplicemente degli intrattenitori che si limitano a commentare brani selezionati da qualcun altro per la rotazione radiofonica.
Insomma, ci sta che non conoscano davvero le tendenze più all’avanguardia tra i ragazzi di oggi. Ci sarebbe da chiedersi, però, se sia una buona idea far valutare le canzoni di un concorso musicale under 26 e dedicato alle “nuove proposte” a un gruppo di quaranta-e-passa-enni che, evidentemente, le nuove proposte non le seguono.