L’importanza dell’estetica di “Matrix” nella moda

The Matrix” è un film che risulta assolutamente impossibile da spiegare, lo puoi solo vedere. Nessuno poteva immaginare una cosa del genere finché non debuttò nelle sale cinematografiche il 31 marzo 1999. In questo momento non vogliamo soffermarci sulla sua trama, anche perché, come già detto, sarebbe difficilissimo e rischieremmo di ingarbugliarci in un discorso talmente intricato da compromettere il nostro focus principale. Vi possiamo soltanto dire però che alcune, anzi, molte persone, nel momento in cui lo videro, ebbero un’improvvisa crisi di coscienza e si chiesero se una volta usciti dal cinema stessero realmente vivendo il mondo che credevano essere reale fino a poco prima oppure se la loro quotidianità fosse una totale finzione. Sì, “The Matrix” è tutto questo e anche di più.

Quando i fratelli Wachowski (attualmente conosciuti come Lana e Lilly in seguito alla loro transizione) idearono il film, presero come ispirazione una moltitudine di riferimenti culturali, estetici e filosofici come ad esempio videogiochi, fumetti, romanzi e teorie sulla conoscenza, tra cui “Ghost in the Shell”, il “mito della caverna” di Platone, l’ipotesi del genio maligno di Cartesio e l’esperimento mentale dei cervelli in una vasca di Hilary Putnam. Il risultato fu un capolavoro fantascientifico, in bilico tra cyberpunk e distopia pura, sebbene sia superficiale categorizzarlo così.

L’enorme impatto culturale del film andò ben oltre i 4 premi Oscar vinti e gli innumerevoli meriti cinematografici, poiché uno dei suoi punti di forza più importanti fu quello della rilevanza estetica che, partendo dall’immaginario del cyberspazio e dei canoni sci-fi, arrivò a ritrarre così fedelmente i concetti di simulazione della realtà, futuro e post-apocalisse da diventare una vera e propria corrente stilistica conosciuta come “Matrixcore“. Uno degli esempi più lampanti è quello della dualità del vestiario tra il mondo di Matrix e quello di Zion: il primo è caratterizzato da outfit più futuristici ed elaborati basati sulla predominanza del nero e sull’uso di materiali tecnici attraverso styling rigorosi; il secondo presenta invece tenute essenziali, grezze, con tonalità neutre provenienti da uniformi militari riciclate, poiché ritenute più autentiche e organiche, nonché capaci di simboleggiare una realtà combattuta.

L’abbigliamento era un mezzo con cui esprimere l’attitudine dei personaggi: pensiamo innanzitutto a Neo e al suo cambiamento nel momento in cui scopre la verità, che lo porta a trasformarsi in una sorta di supereroe che indossa combat boot e un cappotto di lana lungo ispirato ai samurai giapponesi, ai guerrieri cinesi del XVIII secolo e alle religioni più occidentali; ma anche a Switch, che viene ritratta con una tuta di pelle bianca per illuminare il suo ruolo di guardia dell’equipaggio; e soprattutto Trinity, quella che forse possiamo definire la figura esteticamente più complessa e multiforme, visto il suo utilizzo di outfit sexy e funzionali allo stesso tempo che volevano ritrarre una donna femminile ma anche potente.

Il merito di questo lavoro si deve principalmente a Kym Barrett, costumista che lavorò anche ad alcuni cult come “Romeo + Juliet”, “Us”, “Aquaman” e “The Amazing Spider-Man”, la quale, leggendo la sceneggiatura del film, ebbe la sensazione che Matrix fosse un mondo d’ombre in cui le persone sarebbero scomparse e riapparse, dunque optò innanzitutto per look ad alto contrasto e riflettenti capaci di donare un aspetto lucido e ingannevole. Un altro elemento fondamentale era quello di rappresentare un universo ambientato in un futuro non esattamente specificato che, proprio come il clima di fine anni Novanta, e la paranoia per il nuovo millennio avesse un’atmosfera all’apparenza cupa, sterile e distruttiva, ma anche piena di possibilità. Tuttavia, Kym Barrett dovette lavorare con un budget limitato e di conseguenza si inventò delle interessanti soluzioni per poter risparmiare sui materiali senza compromettere il loro aspetto: il PVC sostituì la vera pelle garantendo oltretutto una maggior flessibilità agli attori nelle acrobazie e il trench di Neo era in realtà composto da un economico tessuto sintetico lavorato per sembrare lana, la cui natura fluida ha dato alle scene di combattimento un effetto ondulato e pulito.

Erano gli anni ’90 e tutto era cupo, oscuro, repressivo e monocromatico, quindi penso che senza cercare intenzionalmente di usare la moda come pietra di paragone, ero ancora inconsciamente connessa ad essa.

Kym Barrett

Parlando di Matrix, però, è impossibile non citare i numerosi occhiali da sole che compaiono indosso a Neo, Trinity, Morpheus, all’agente Smith e ai gemelli Rayment, tutti personaggi, questi, che guarda caso sono tra i pochi a conoscere la verità. Il fatto di mettere delle lenti tra gli occhi delle persone e il mondo circostante rappresentava infatti una sorta di filtro tra la coscienza umana e la dimensione fittizia, volto a nascondere gli occhi di coloro che sapevano la vera natura di quest’ultima. Se finora vi siete angosciati alla ricerca degli stessi occhiali e non li avete trovati, un motivo c’è: i modelli furono creati infatti in sole due o tre unità per attore dal designer specializzato Richard Walker di Blind Optics, che lavorò sul metallo in modo artigianale poiché all’epoca non esistevano tecniche avanzate o scanner in 3D. Il loro design futuristico e inedito li rende sicuramente l’articolo di moda più iconico del franchise grazie alle loro forme strette stilizzate e alle lenti scurissime.

Per merito di tutti questi fattori, alcune silhouette ispirate fecero la loro comparsa su gran parte delle passerelle delle fashion week tra il 2018 e il 2020. A dare il via al trend ci pensò però un episodio di “Al passo con i Kardashian” in cui Kim Kardashian raccontava come Kanye West le mandò una mail con scritto “non puoi più indossare occhiali grandi, solo modelli piccoli e stretti” assieme a una miriade di reference anni Novanta. In generale, i cosiddetti Nineties furono l’influenza principale delle tendenze in quel periodo e di conseguenza anche celebrities del calibro di Gigi Hadid, Kaia Gerber, Kendall Jenner, Bella Hadid e Rihanna si fecero avvistare con delle mise dal sapore rétro, il più delle volte guardando proprio a “The Matrix”.

In un emblematico dialogo con Neo, Morpheus affermava: “Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse“… e anche nella moda, aggiungeremmo noi! Esatto, perché Matrix è ancora attuale (e forse lo sarà sempre). Il motivo per cui i più blasonati stilisti hanno sin da subito preso ispirazione dall’estetica del lungometraggio risiede infatti nel fatto che anche i tempi in cui stiamo vivendo riflettono una realtà sempre più digitalizzata, instabile e apocalittica. Insomma, non c’è dubbio sull’evidenza che “The Matrix” sia il film che più ha influenzato l’industria della moda.

Colui che è stato più colpito di tutti è probabilmente Demna Gvasalia che, abbinando il Matrixcore allo stile post-soviet, ha segnato gli street style della Tbilisi Fashion Week e di tutte le altre kermesse di moda, prima con Vetements e poi con Balenciaga nell’autunno/inverno 2017 attraverso trench oversize e occhiali stretti che sono poi tornati nella campagna Summer 2019. A dire il vero, il primo in assoluto a essersi ispirato a Matrix è stato John Galliano nella collezione Fall 1999 haute couture di Dior, mischiando il futurismo a reference storiche ed etniche alla Persia. Poco dopo è stato il turno di Vera Wang, attingendo soprattutto agli outfit di Morpheus, interpretati però al femminile, e lo stesso procedimento è stato adottato da Bottega Veneta, che in un sorprendente gender swap ha immaginato un Neo donna con giacca in pelle cropped, gonna trapuntata e vestiti squadrati in pelle.

Seguiranno moltissime altre griffe, tra cui in primis CELINE durante il periodo di Hedi Slimane, il quale applicò il suo personalissimo concetto di sartoria alla figura dell’agente Smith, ma anche KENZO, 1017 ALYX 9SM, Louis Vuitton, Juun.J, Hermès, Off-White, e tra il 2017 e il 2018 pure Alexander McQueen, Heron Preston, Alexander Wang e Balmain. Non resterà indenne nemmeno il panorama streetwear, i cui esempi si trovano nella camicia con pattern numerico della collezione Spring 2019 di Palace e in Hood By Air, che in occasione del suo grande rilancio presentò la capsule collection d’archivio H13A by MUSEUM con espliciti riferimenti grafici. Infine, va menzionata anche la similitudine messa in scena da Kanye West con le sue YEEZY SEASON 1 e 2, caratterizzate da tonalità terrose, dettagli destrutturati, reference militari e una generale aria post apocalyptic che guardava evidentemente al mondo di Zion e alla Nabucodonosor.

Dopo aver proseguito la storia con “Matrix Reloaded” e “Matrix Revolution” del 2003 senza però ottenere lo stesso successo, l’universo creato da Wachowski tornerà inaspettatamente con “Matrix Resurrection”, quarto capitolo della saga. Ancor prima di aver potuto vedere il film, possiamo renderci conto di come alcuni elementi estetici (forse anche un po’ da fan service) siano rimasti fedeli alla saga originale mentre altri rappresentino delle autentiche novità, come ad esempio l’aspetto di Keanu Reeves, un po’ più vicino a John Wick che a Neo. Detto questo, non ci stupiremo se le prossime collezioni proposte dal mondo della moda riscoprissero ancora una volta l’impatto estetico e culturale di “Matrix”.