Dall’heyday di Helmut Lang, alla pandemia, il minimalismo torna e ritorna all’infinito. Sarà una retrocessione verso i valori primari? Un ritrovato apprezzamento dell’essenziale? Forse un insieme di questi motivi. L’unico effetto sicuro prodotto dalla pandemia che ha segnato tutto l’anno scorso e parte di quello corrente, è proprio una riscoperta passione per il minimalismo, una tendenza al normcore e una addiction verso tutto ciò che è comodo.
Le domande e congetture sulla vita post lockdown erano state ampiamente esplorate lo scorso anno e tra queste i cambiamenti sociali, interpersonali, politici ed economici che la pandemia avrebbe portato. Tutti pensavano che dopo mesi di reclusione l’unico desiderio sarebbe stato quello di esagerare, nei vestiti e nello stile di vita, prevedendo un ritorno quasi certo del maximalism.
Il risultato è stato invece un ritorno al minimalismo, una filosofia che ridefinisce il concetto di necessario ed essenziale anche nella moda. Linee semplici, attenzione alla qualità, tagli sartoriali, comodità e durabilità sono state le caratteristiche più ricercate dai consumatori. Ma la moda aveva previsto tutto. Già per le collezioni SS 2021 — disegnate ben prima della pandemia — la maggior parte degli stilisti ha creato vestiti pensati per durare nel tempo, dei veri e propri investimenti. Il Covid-19 non ha fatto altro che amplificare notevolmente il fenomeno e aggiungere un desiderio irrefrenabile di comodità e semplicità.
La stessa ossessione per i design e la disperata richiesta di ritorno in scena di Phoebe Philo — da sempre ambasciatrice di un’estetica sobria ed essenziale — dicono molto sulle fantasie minimaliste del grande pubblico. Complice anche il ritorno dell’estetica 90s, di cui Jil Sander, Donna Karan, Helmut Lang e Calvin Klein hanno scritto la bibbia stilistica, il minimalismo di oggi è non più tanto concettuale e geometrico, quanto casual-comfort.
Il cosiddetto leisurewear — l’abbigliamento comodo per il tempo libero tra cui rientrano tute, maglioni oversize e pigiami di seta — è diventato protagonista, insieme a tutti gli accessori e i capi del nostro quotidiano che ci fanno stare bene. Da Prada a Celine, è stato privilegiato il corpo e la sua comfort zone, coccolato dentro a tessuti di qualità e mai costretto. Brand come Lemaire, Jil Sander e The Row sono rimasti fedeli a loro stessi, non abbandonando mai la via del minimalismo, e hanno infatti visto un aumento di interesse da parte di un pubblico sempre più largo che riconosce in loro il trend del momento.
Dalla crisi del 2008 che aveva visto la nascita del normcore — dall’unione di normal e hardcore, a indicare l’adozione di uno stile ordinario all’ennesima potenza — a quella causata dalla pandemia. Secondo BoF, il declino dei mercati del primo decennio del 2000 aveva portato a una moda più discreta, sobria e understated come riflesso dei tempi correnti. Lo zeitgeist di oggi non è forse troppo lontano da queste memorie e bisognerà aspettare ancora un po’ per tornare agli eccentrismi modaioli che ci aspettavamo di desiderare post-lockdown.
L’eleganza senza tempo vista nelle recenti collezioni, segnate da un’estetica pulita e sartoriale, non ha niente di urlato ma solo sussurrato.
Proprio pochi giorni prima del debutto della pandemia in Europa si era iniziato a parlare di un possibile ritorno in scena di Phoebe Philo alle redini di un nuovo brand che sarebbe senza dubbio portavoce di questa estetica minimalista, per poi spegnersi in silenzio. Questo pensiero, insieme al desiderio di sobrietà e comodità, ha continuato ad aleggiare nell’aria e ha dato vita al mega trend indiscusso di quest’anno: una nuova ondata di minimalismo.