Per la collezione dedicata alla stagione autunno/inverno 2025, il direttore creativo Adrian Appiolaza trae ispirazione dall’idea del lavoro sartoriale ma con un tocco inaspettato.
L’artigianalità e l’eccellenza della sartoria italiana che tanto stavano a cuore a Franco Moschino sono infatti il leitmotiv della sfilata andata in scena durante la Milano Fashion Week.
Un riferimento storico dell’iconografia di Moschino è il punto di partenza: l’abito “manichino” del 1992, che, tagliato aderente, rappresenta una base ideologica per la realizzazione degli abiti e al contempo incarna il valore dell’industria della moda.
Il tailoring viene quindi sezionato e le sue componenti rielaborate come elementi decorativi: una cimosa grezza diventa un un non-logo che “disfa” i bordi dissolvendosi in un drappeggio libero. Al tempo stesso la decostruzione diventa un processo di ricostruzione: i capi sono un patchwork di elementi provenienti da altri capi, i maglioni si avvolgono l’uno nell’altro diventando un unicum e la collaborazione con l’azienda tessile britannica Sanderson of London porta alla reinterpretazione di quattro delle loro stampe floreali d’archivio. Ovviamente in tutto questo non poteva mancare il workwear, con denim e pelli lavate che qui vengono tradotti nel linguaggio della maison attraverso esagerazioni e giochi di scala capaci di distorcerne l’origine. E ancora, un vestito da sera può essere realizzato in carta o sacchi della spazzatura in un puro atto di sovversione, mentre un piumino e un cuscino XXL avvolgono interamente il corpo.
Il look finale riprende infine un messaggio sociale: SOS Save Our Sphere, un commento sulla crisi ecologica che continuiamo ad affrontare e a cui dobbiamo far fronte.