
A differenza di ciò che succede con molte altre carriere, non esiste un percorso ben definito per diventare un artista, soprattutto un artista di successo. Quello di d4vd, però, merita una menzione speciale, perché probabilmente non ha precedenti nella storia. Nella sua vita precedente – se di vita precedente si può parlare, considerando che ha diciott’anni compiuti da poco – era infatti una star emergente di Fortnite, lanciato verso la speranza di costruirsi una carriera da gamer professionista: seguitissimo sui social, dove postava montaggi video tratti dal gioco, confessa che «l’unico motivo per cui ho iniziato a fare musica è che non volevo avere problemi di copyright, visto che ne avevo avuti in passato». Tutto inizia un annetto fa, quando l’algoritmo di YouTube cambia e comincia a buttare giù i contenuti che contengono musica di cui il creator non detiene i diritti. «Ero veramente frustrato, perché non potevo postare video senza musica, non avrebbero avuto lo stesso effetto» racconta quando lo incontriamo, in occasione delle due tappe italiane del suo primo tour mondiale. «Ne avevo parlato con mia mamma e lei mi aveva detto un po’ così, a caso: “Beh, fatti qualche canzone tua!”. Il giorno dopo ho scaricato un’app per iPhone che si chiama Band Lab, e il giorno dopo ancora avevo scritto e registrato il mio primo pezzo, Runaway, che ancora oggi è uno dei miei preferiti».
Chiuso nella cabina armadio di sua sorella minore, nella casa di famiglia a Houston, nel giro di qualche settimana d4vd crea e pubblica una canzone dopo l’altra, accumulando una quindicina di tracce. «All’inizio era come comporre una colonna sonora per le scene del gioco, ma non erano niente di speciale» ricorda. «È stato solo quando è arrivata Romantic Homicide che ho capito che forse erano qualcosa in più che dei semplici sottofondi. A quel punto, era il luglio 2022, ho deciso di mettere un po’ in pausa il gaming per concentrarmi sulla musica». Ad oggi, Romantic Homicide ha accumulato oltre 150 milioni di streaming ed è una delle 20 canzoni più ascoltate al mondo. Eppure all’epoca il focus di David Burke, nome reale del giovane artista, era registrare gameplay, non musica. Sua mamma, che lo ha ispirato per prima a scrivere canzoni sue, la odia: pensa sia troppo violenta («Ti ho ucciso e non ho rimpianti», dice nei versi finali).

L’EP di debutto di d4vd, Petals to Thorns, è davvero notevole nella sua complessità: c’è dentro un po’ di tutto, dall’R&B lo-fi e malinconico del primo Frank Ocean al grunge scazzato degli anni ’90. Nella vita di tutti i giorni d4vd dice di ascoltare soprattutto rock e jazz, «dai Paramore a Chet Baker», ma di non avere mai avuto particolari velleità musicali. «Scrivo poesie fin dalla quinta elementare: i testi mi vengono facili, ma per le melodie è tutta un’altra cosa. Quando avevo cinque anni ho preso qualche lezione di piano, e a dodici mi hanno costretto a unirmi al coro della chiesa, ma sono durato davvero poco, perché tutti gli altri sembravano essere dei fenomeni del canto, e io invece… Beh, molto meno» scherza. «Quando però ho scoperto rapper come XXXTentacion, ho capito che forse non c’era bisogno di avere una voce spettacolare per cantare: l’essenziale è trasmettere qualcosa di unico a chi ascolta». Le nove tracce che compongono l’EP sono costruite come un percorso che va dal colpo di fulmine al cuore infranto. È una sensazione che ha sperimentato in prima persona, spiega: «Non penso di essermi mai ancora innamorato, ho avuto solo qualche infatuazione, ma conosco bene la sensazione di immaginarti tutto il tuo futuro con una persona che non sa neanche chi sei e che esisti!» ride. In molti dei visual che accompagnano i brani impersona sia il protagonista che l’antagonista della storia (è un personaggio vero e proprio, di nome It4mi e ispirato ai manga), «perché quello che racconto è successo soprattutto dentro me stesso. Il più grande nemico di ognuno di noi, il più grande limite, è la persona riflessa nel nostro specchio».
d4vd conosce molto bene la solitudine ed è ben contento di esserne finalmente fuori: «Della mia vita attuale adoro essere in tour, ma soprattutto adoro essere fuori casa, visto che ho studiato privatamente per cinque anni» ammette. Un po’ come è stato per un’altra giovane artista di questi tempi, Billie Eilish. Normalmente in America chi studia a casa ha la possibilità di frequentare le lezioni in classe almeno una volta a settimana, in modo da socializzare con altri coetanei, ma per volontà dei suoi genitori, che non amavano l’ambiente della scuola pubblica, lui ha frequentato unicamente in DAD, dalla terza media fino al diploma delle superiori. «Mi sentivo desocializzato. Non passavo molto tempo a studiare a dire la verità, sognavo di sfondare nei videogame e quindi mi concentravo soprattutto su quello, ma il punto è che non avevo amici. Quando i miei genitori mi hanno ritirato, mi mancavano tantissimo i miei amici e avrei tanto voluto tornare ad essere uno studente come tutti gli altri, ma non avevo voce in capitolo». Proprio per questo oggi ama molto collaborare con altri musicisti quando ne ha l’occasione, anche se punta a inserire un solo featuring in ognuno dei suoi progetti futuri. «Chissà se andrà davvero così, però» riflette. «Il mio processo creativo cambia ogni giorno. In questo periodo, ad esempio, sto cercando di scrivere una canzone in ogni nazione che visito, e il risultato è che sono pieno di canzoni!». Finora il suo primo e unico feat è stato con Laufey, cantante underground islandese, che con i suoi 24 anni è poco più vecchia di lui. «L’ho ascoltata per la prima volta mentre facevo i compiti e il suo EP Everything You Know About Love era uscito in rotazione automatica su YouTube: mi aveva subito folgorato. Le avevo mandato un DM su Instagram per farle i complimenti, ma la cosa buffa è che mi ha risposto solo due mesi dopo, quando ha sentito la mia Here With Me: “Oh mio dio, volevo scriverti che spacchi ma vedo che l’hai fatto prima tu!”. A quel punto ci siamo messi d’accordo per incontrarci in studio a Los Angeles, ed è stata pura magia: in sei ore avevamo terminato la nostra canzone». E che canzone: This Is How It Feels è un gioiellino dalle atmosfere delicatissime, una struggente ninna nanna di quelle che ti fanno addormentare a suon di lacrime e kleenex consumati.
A distanza di una manciata di mesi dal successo di pubblico e di critica, d4vd non si è pentito di avere intrapreso il suo percorso artistico, anzi, è più deciso che mai a portarlo avanti. Nonostante tutto, però, non è ancora disposto a rinunciare al suo sogno di diventare un gamer professionista. «Anzi, ti dirò: in questo periodo mi sto allenando parecchio per partecipare a diversi tornei esports» rivela. «Non ho il tempo di allenarmi, però, perché ci vogliono tipo dodici ore al giorno per raggiungere livelli competitivi. Ma non riesco a lasciar perdere: quando il mese prossimo tornerò a Houston per quattro giorni di pausa dal tour, ho intenzione di passarli quasi tutti a giocare». Dopo tanto girovagare, in effetti, godersi la privacy e la solitudine della propria cameretta, ci sta. Un lato per evadere dall’isolamento, per tornare a socializzare, e uno per tornare in quello spazio che tanta sicurezza gli ha dato crescendo.