Il cinquantaquattresimo Super Bowl, l’evento sportivo americano dell’anno, si è concluso con la vittoria dei Kansas City Chiefs di Patrick Mahomes. Si potrebbe parlare di molti temi quali la terza partita in rimonta vinta da Kansas City nei Playoff, il primo titolo di coach Andy Reid, l’impatto della linea difensiva guidata da Chris Jones, gli errori e la rinascita di Patrick Mahomes o anche lo spettacolo all’intervallo offerto da Shakira e Jennifer Lopez. Invece il tema principale è Jordan Brand, un marchio di calzature da basket. Perché?
Il Super Bowl è una partita di football ma è ancora di più un evento sociale, un frutto di cultura pop caduto dall’albero che ne produce più di tutti, ovvero gli Stati Uniti d’America. Non a caso, la performance musicale all’intervallo e gli spot pubblicitari durante la partita sono più noti al grande pubblico della partita stessa. Sembra incredibile ma Jordan Brand ha dominato ogni aspetto della serata che ha infiammato Miami.
Jordan aveva fatto qualche comparsata in passato nei prati NFL, una su tutte quella in cui Randy Moss indossò degli scarpini creati da un paio di Jordan XI, idea che portò il brand a creare addirittura le Jordan “Super Freak”, la prima signature line di Jordan football, legata ovviamente a Randy Moss. Quella vita però durò poco e Jordan decise di abbandonare la NFL, con Moss tornato nuovamente nei ranghi Nike.
Jordan ha deciso di invertire la rotta a Novembre 2018, momento in cui tornò ufficialmente nel football (già da un annetto faceva le maglie di alcune squadre di college come Michigan e Oklahoma, ma niente scarpe performance). Prima ha firmato giocatori NFL di livello assoluto (sette nomi inclusi Tyrann Mathieu dei Chiefs e Jimmy Garoppolo, dei 49ers, due avversari al Super Bowl), poi ha deciso di utilizzare come scarpa la più iconica delle silhouette Jordan, una Jordan I con l’aggiunta dei tacchetti a una più responsiva suola Lunarlon. Successivamente la XI, la X e la VI si sarebbero unite all’esercito dei modelli del brand, con sporadiche apparizioni di altri modelli.
In un anno e poco più di attività Jordan si è imposta come un caposaldo del settore con colorazioni iconiche della scarpa e la presenza fissa in eventi di livello assoluto per il mondo del football, e il Super Bowl LIV non fa eccezioni. Il brande dell’ex stella dei Bulls infatti è stato l’unico grande marchio a fornire una colorazione ad hoc ai propri atleti per la partita. La Jordan X con la trama floreale rappresenta perfettamente Miami. Il marchio del grande Michael si è appropriato anche di uno degli show dell’intervallo più scenografici e discussi degli ultimi anni, grazie a J Balvin e alla loro prossima collaborazione.
L’MVP della partita è andato a Patrick Mahomes ma il raggiungimento dell’immortalità Jordan lo deve a Damien Williams, probabilmente il vero miglior giocatore offensivo del match per consistenza lungo i quarantacinque minuti di gioco grazie alle 104 yard di corsa e 1 touchdown in 17 tentativi e una ulteriore segnatura su ricezione, una delle sue quattro totali, valevoli per 29 yard. Il runningback di Kansas City è stato protagonista dei due momenti più simbolici del match: la corsa da 38 yard che ha chiuso la partita e ancor più il touchdown su ricezione che ha dato il vantaggio sui San Francisco 49ers a poco più di due minuti dalla fine, una chiamata arbitrale controversa considerando che forse il piede di Williams era uscito prima che il pallone superasse la linea dell’area di touchdown.
Che la scelta degli arbitri sia corretta o meno non fa molta differenza a Jordan, visto che il loop di replay ravvicinati non fa altro che continuare a focalizzare l’attenzione sugli scarpini di Damien Williams: le Jordan I nell’iconica colorazione “Chicago” che 35 anni fa conquistarono i parquet NBA, la scarpa più riconoscibile del mondo che ha cambiato le regole del basket in primis, del lifestyle poi, successivamente dell’alta moda, e ora anche quelle del football americano. La “Jordan I call” è già un momento iconico della storia dei Super Bowl.