Tom Sachs infonde la propria “cultura del fare” anche nell’arredamento

Non importa essere ingegneri, artigiani, studenti, artisti o pensatori. Non serve nemmeno avere un titolo di studi o una professione che determini una specifica area di competenza. Se ideare, prototipare e realizzare è qualcosa di essenziale e irrinunciabile, una passione e un motivo per vivere, allora la propria identità coincide con l’essere un maker. Tra tutti questi innovativi inventori, un posto di tutto riguardo lo ha conquistato Tom Sachs, lo scultore newyorkese che del bricolage ha fatto la sua firma, portando l’etica del “fare con le proprie mani” nei musei di tutto il mondo e ai piedi delle persone con l’aiuto di Nike. Sebbene le sue sculture e installazioni artistiche siano la principale valvola di sfogo di un’instancabile creatività e le calzature dallo Swoosh rosso gli abbiano permesso di cimentarsi con successo in qualcosa che non aveva ancora sperimentato, l’intraprendenza di Sachs sembra volere sempre di più e non accenna a fermarsi neanche per un momento, portandolo quindi a immergersi ed esprimersi in altri campi, primo fra tutti quello dell’arredamento.

Tom Sachs

In realtà, andando indietro nel tempo, il mondo del furniture design è un contesto all’interno del quale Tom Sachs si è mosso sin dall’inizio della sua carriera, soprattutto tramite le sue primissime produzioni. Esempio di questo iniziale interesse è l’opera “Knoll Loveseat and End Table” risalente al 1996. In questa occasione volle ricreare degli arredi da ufficio firmati Knoll, azienda leader del settore e punto di riferimento per storici arredi d’autore ancora oggi prodotti, mettendo già all’opera una vera e propria estetica del DIY: un divanetto e un piccolo end table sono stati realizzati interamente utilizzando degli elenchi telefonici tenuti insieme esclusivamente da del nastro adesivo, usando quindi materiali comuni e facilmente reperibili. Sachs ripropose un’installazione analoga circa un decennio dopo, quando riprodusse parte dell’arredamento del padiglione di Barcellona (1929) dell’architetto tedesco Mies van der Rohe, modellando le celebri sedute Barcelona (sempre prodotte da Knoll) con della schiuma. Ma anche la scelta di costruire un modello in scala dell’Unité d’Habitation (1952) di Le Corbusier e di incentrare sull’architetto una mostra allestita per la Biennale di Architettura del 2010 dal titolo “Le Corbusier installation”, ci suggerisce come molto del suo background sia stato influenzato da discipline quali il design e l’architettura.

Durante il suo percorso creativo, Sachs ha avuto modo di prendere le misure con progetti d’arredo che, anche se sporadicamente, poiché intervallati da salti temporali considerevoli, sono stati un solido elemento della sua formazione, al pari di tutto quello che orbita attorno al mondo aerospaziale, da lui tanto amato, e al ricorrente tema del capitalismo, insistentemente criticato attraverso numerose opere. Questo trascorso di esperienze ha reso possibile allo scultore di concentrarsi più compiutamente sulla progettazione di complementi d’arredo che, più recentemente, hanno visto una loro entrata sul mercato con l’inizio di una produzione dedicata, anche se decisamente limitata. Il pezzo più noto è sicuramente la Shop Chair, una seduta in compensato di acero e di pino caratterizzata da una serie di fori con diametri diversi e distribuiti lungo i componenti portanti della struttura. Disponibile nella versione Natural, nella colorazione del legno utilizzato, o in una serie di finiture colorate con vernice a base d’acqua (grigio, giallo, verde e rosa), la sedia rende sempre visibile la parte lavorata del materiale e gli elementi di fissaggio come le viti, riconfermando uno dei capisaldi dell’etica progettuale di Sachs: la lavorazione dell’uomo deve essere alla base dell’opera e la sua evidenza è l’autentico valore aggiunto ad essa. Sulla stessa linea estetica sono state realizzate anche altre declinazioni delle sedie appena descritte come la X-Chair, con seduta e schienale in policarbonato, e la Shop Lounge, perfetta per un salotto, insieme anche a un Coffee Table abbinato.

Crate Chair e Eileen Gray Lamp sono altri due oggetti fortemente legati all’operato di Sachs, basati sul concetto del riutilizzo. Si tratta di una sedia e una lampada create a partire da assi di legno precedentemente impiegate come barriere urbane durante i lavori di manutenzione per le strade della Grande Mela. Una volta dismesse, sono state tagliate e riassemblate, così da dare vita a nuovi arredi che mantengono i colori e le tracce di usura degli oggetti da cui derivano. Lo scultore è poi arrivato a combinare all’arredamento anche la passione che nutre verso le tecnologia e l’ingegneria spaziale. 

Infatti, nel 2012 sono state messe in vendita le NASA Chair, sedie che, prodotte negli Stati Uniti e serigrafate insieme all’agenzia governativa americana, si basavano sul modello pieghevole di casa Samsonite dal nome Model 2250. Proprio gli esemplari impiegati durante la missione spaziale, che riuscì a portare due astronauti sulla superficie di Marte, vennero firmati a mano dall’artista per poi essere rilasciati al pubblico. Decisamente più recente è invece l’idea di raffigurare il modulo lunare Apollo su delle Akari XP1. Lo scorso anno lo scultore ha infatti deciso di personalizzare con dell’inchiostro le famose lampade in carta washi del designer americano con origini giapponesi Isamu Noguchi, colui che progettò negli anni ’50 una vasta collezione di lampade dall’aura nipponica, divenute celebri in tutto il mondo per la loro essenzialità e leggerezza visiva (Sachs aveva già lavorato nel 2016 sulla Akari 1N).

La particolarità di ogni complemento d’arredo su cui Tom Sachs mette le mani risiede soprattutto nella sua duplice essenza: posizionandosi sul confine tra prodotto industriale e opera scultorea, rimane sempre un valido esponente della sua filosofia che si applica concretamente attraverso la “cultura del fare”, diventando quindi un’estensione della sua produzione artistica che ci si può aggiudicare e inserire nelle proprie abitazioni, anche se a fronte di prezzi non alla portata di tutti. Con alle spalle una lunga e soddisfacente carriera Sachs, però, pensa sempre e comunque a quello che verrà e quello che potrà creare da buon maker, sostenendo con convinzione: “the reward for work is more work”. Ciò, di conseguenza, non può che farci mantenere sull’attenti, nell’attesa di conoscere numerosi nuovi progetti oggi ancora in fase di elaborazione o da inventare da zero. Nel frattempo, vi consigliamo di dare un’occhiata alla sua ultima mostra Ritual, sviluppata sul consumismo e la storia della vita urbana, ancora in corso presso la galleria Thaddaeus Ropac e visitabile anche online.